CAPITOLO 78: DEI CADUTI, SALVATI DALL'AMORE

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Tancredi, lievemente instabile, prese la mano della moglie.

Per sostenersi, ma soprattutto per sentirla vicina.

"Non hai mai bevuto da giovane, tesoro, ti pare il caso di cominciare ora?" disse Aida ridendo.

"Era una serata speciale."

Aida guardò suo marito, illuminato dai lampioni arancio.

Era ancora un bell'uomo, e i segni del tempo lo avevano solo reso più affascinante.

Ed stasera si era dimostrato una gran persona, un buon marito e un padre eccellente.

Era fiera di averlo sposato, e di essergli stata accanto nonostante tutto.

Nonostante il suo rifiuto, i malumori, gli sbalzi d'umore.

Era stato un padre assente, quando Bebe ne aveva più bisogno.

E lei si era persa, pagando un prezzo troppo alto.

E lui di colpo si era ritrovato una figlia senza un braccio, senza un futuro, senza innocenza.

Si era ritrovato senza niente.

Le era stato vicino, per dovere, per senso di colpa, per incertezza.

Ma soprattutto perché quella figlia l'amava profondamente, anche se non aveva saputo trovare il modo dimostrarlo.

Aveva imparato pian piano e con grossi sacrifici a comunicare con lei.

E, col tempo, sua figlia si era fatta donna e suo marito un papà.

Anche Tancredi aveva pensieri simili.

Era stata una serata speciale.

Aveva ritrovato una figlia adulta e conosciuto quel gruppo eterogeneo di persone che lei chiamava amici, e che le erano stati vicini fino a farla crescere.

Ripensava ancora a quel personaggio bizzarro che l'aveva convinto a bere.

Ma anche a quel ragazzotto alto... come si chiamava... Davide.

Era l'immagine speculare di Alessandro, per il poco che aveva potuto conoscerli.

Gli aveva raccontato della cento miglia.

Un racconto asciutto, privo di sovrastrutture e toni autocelebrativi.

Trasmetteva, attraverso la semplicità, semplicemente passione e buon cuore.

Era felice che Bebe avesse cominciato con lui, prima che un passo falso, o forse un destino finalmente grato, gli facesse incontrare Alessandro.

Erano due lupi di branchi diversi, che conoscevano regole e territori, a con un senso dell'onore talmente forte, da rispettarsi e sostenersi a vicenda.

Erano simili, seppur con caratteri e personalità diametralmente opposti.

Non a caso, avevano un rapporto speciale con quella piccolina... com'era... Enrica... no Federica.

Non gli era piaciuta, sul momento.

I capelli biondo platino, il rossetto acceso, bella come una piccola bambolina.

Gli era sembrata la classica ragazzetta frivola, intenta solo a seguire le mode e a divertirsi, capace di conquistarsi tutto con la sua bellezza, incurante del mondo che la circonda.

Invece era l'opposto.

Era una persona con la testa sulle spalle, che il poco che aveva se l'era dovuto conquistare con le unghie con i denti, pezzetto dopo pezzetto.

Nonostante la sua bellezza, non aveva mai cercato guadagni facili e storie superficiali, ma solo rapporti seri, costrutti solidi per qualcosa di migliore, per colmare quello che le era mancato, per mettere dei punti di riferimento dove non li aveva.

Per se, e per quella piccola peste che la adorava.

I capelli e il rossetto non erano una moda: erano uno scudo contro chi voleva schiacciarla, e una pennellata di colore che aveva scelto di tenere sempre addosso, in un mondo a volte troppo, troppo grigio.

Per questo Alessandro aveva questo rapporto di fiducia profonda con lei, e Bebe non era gelosa.

Era un po' sorella, un po' mamma, un po' maestra; sapendo comunicare con lui dove ad altri era impossibile, e vedere da sempre in lui il buono che altri non sapevano cogliere.

Ma erano tutti così.

Tutti con una caduta alle spalle, un errore rimediato, un briciola di se da difendere e preservare.

Tutti sapevano tendere una mano in aiuto, o dire una parola di conforto, o trascinare a forza gli altri verso qualcosa di più bello a riva quando non ne avevano la forza.

Erano tutti persone di cuore, sincere, semplici, per quanto complesso fosse ciò che sapevano esprimere.

Erano dei caduti, salvati dall'amore.

E forse non si erano scelti, tra loro, ma si erano semplicemente riconosciuti.

Era felice ci fossero loro con Bebe.

Per lui non era stato così.

Per lui e Aida era stato facile.

Riconoscersi, amarsi.

Scambiarsi una battuta complice per rispondere alle prese in giro sui loro nomi.

Lui, rampollo ricco pieno di possibilità, stupirla fino a conquistarla; lei, figlia di professori, fargli capire che non l'avrebbe mia potuta semplicemente comprare.

Erano stati il primo e unico amore, senza cadute o ripensamenti.

E quando l'azienda di famiglia si era fortemente ridimensionata per via della crisi, erano già abbastanza forti per andare avanti, per continuare un percorso insieme.

Poi era arrivata Bebe, il più bel regalo del mondo.

Tancredi, a letto, guardò sua moglie che si spalmava la crema.

Era ancora una donna ben curata, e affascinante, oltre che una persona di spessore.

"Gli anni passano e tu diventi sempre più bella, tesoro."

Tancredi guardò Aida, appassionato come non faceva da mesi, e Aida rimasi quasi turbata.

Si era rassegnata al distacco del marito, pensava fosse l'età.

Anche se a volte, lei avrebbe desiderato qualcosa di più.

Era un buon amante, lo era sempre stato.

Ma era soprattutto un buon marito, e questo poteva bastarle.

Aida si mise a letto, stringendolo.

E Tancredi la baciò, inaspettato.

Lei rispose al bacio.

Ripensò a tanti anni fa, a quando, tra le montagne, avevano concepito Bebe.

Poi non pensò più a nulla e si lasciò andare.

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