CAPITOLO 109: COSI', E BASTA

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Il dottore sfilò gli occhiali, li posò sulla scrivania e si massaggiò piano la base del naso, chiudendo gli occhi.

Bebe stringeva impaziente i braccioli della sedia.

"Dai, Doc, non farmi stare in pena! C'è qualcosa che non va? Problemi se mi faccio un tatuaggio?"

Temeva la risposta, l'annuncio di nuove complicazioni, analisi, giorni e notti in ospedale, cure, flebo, operazioni.

"Al contrario Bebe. Tutti gli esami sono perfetti. E anzi, ti vedo davvero bene, più piena del solito."

"Lo sai dottore che non è bello dire ad una donna che è obesa?" disse ridendo.

"Che sciocca che sei. Intendo dire che di solito ti vedevo, per quanto in forma, un po'... come dire... aguzza, se mi passi il termine. Spigolosa, ecco.

Invece ora sembri più armonica, come emanassi una luce nuova, per restando ancora lievemente al di sotto del peso forma.

È successo qualcosa?"

Bebe si tranquillizzò.

Si godette la bella notizia, senza pensare al resto.

Non gli chiese le possibilità di avere figli, per farsi dare un'altra volta un numero statistico vuoto e privo di senso.

"Beh... in effetti..."

"In effetti?" disse, osservandola curioso.

"Vieni, ti mostro una cosa..."

Il dottore la seguì, tanto era l'ultimo incontro della giornata.

"Ecco, la mia cosa."

Alex, in sala d'aspetto, alzò lo sguardo dallo smartphone.

"Ehi, dottore!"

Si alzò e gli strinse la mano.

"Noi... sì, insomma... stiamo insieme..." disse Bebe.

Il dottore ne fu felice.

Quei due ragazzi si erano salvati a vicenda.

"Caro Alex, allora qualcuna di giusta la combini ogni tanto!" disse il dottore battendogli paterno sulla spalla.

"Non lo so... speriamo..."

"Ah... ti ricordi quando mi hai detto che avrei fatto meglio a lasciati morire? Allora, ho fatto bene?"

"Sì dottore, ha fatto bene. Ha fatto bene." Disse, grato.

"Mangi con noi, Doc?"

"Non posso Bebe, ho un incontro con la psicologa e i ragazzi. Ma se vi va potete partecipare.

Potresti parlare con loro, raccontare la tua esperienza."

"Perché no!" disse Bebe, che era ancora amareggiata per quanto accaduto in carcere.

Il dottore la presentò, poi Bebe parlò, felice, generosa, gentile.

"Hai finito di vomitarci addosso la tua felicità del cazzo? Vorrei solo morire in fretta, risparmiami almeno le cazzate!" disse uno dei ragazzi, che aveva appena perso una gamba.

Il gelo avvolse la stanza.

"Benvenuto nel club!" intervenne Zanna, ironico, spezzando il silenzio.

Si voltarono tutti.

E lui raccontò la sua, di felicità.

Le botte, le risse, i tradimenti, la morte.

E la felicità, la gioia, Bebe.

Lo ascoltavano tutti, rapiti, mentre si muoveva in fondo alla sala e li conquistava con la sua trasparenza.

Bebe e il dottore, appoggiati al tavolo di fronte alle sedie, guardavano la scena così improvvisata da essere quasi surreale.

Bebe guardò il dottore e alzò le sopracciglia sorridendo, come a dire: "Alex è così... è per questo che lo amo!"

Bebe [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora