CAPITOLO 107: NAME THE PLACE, I'LL BE THERE!

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Quando si sentì mancare il fiato, soffocata dai singhiozzi violenti, Bebe si sforzò di smettere e calmarsi.

Stringeva il volante con le nocche bianche per la presa, mentre il cielo picchiettava violento sul tettuccio il passare dei secondi, dei minuti.

Era inutile illudersi.

Non sarebbe venuto.

Era un addio.

Non era una favola.

Nessun c'era una volta, nessuna principessa, nessun lieto fine.

Solo una notte buia e tempestosa.

Strizzò gli occhi forte per fermare le lacrime, si passò una mano sul viso e accese il motore.

Un lampo violento squarciò il cielo, quando lo vide, illuminato dall'improvviso flash.

Zuppo di pioggia, appoggiato con le mani sul cofano, che le gridava contro parole che non capiva.

Con la maglietta appiccicata addosso, e il viso trasfigurato di dolore, le parlava.

Era stupendo, e lei parlava a lui, parole che la pioggia martellante cancellava.

Spense il motore, e scese.

E lui le andò davanti a gridarle un ti amo talmente forte da sovrastare i tuoni e la pioggia, a sentirsi rispondere lo stesso.

E si abbracciarono, e caddero in ginocchio stretti e piangenti, zuppi d'acqua e d'amore.

E piansero tremando, e si strinsero, e si dissero l'amore.

Poi lui le disse "Sali.", e lei salì.

E salì anche lui.

E partirono, lasciandosi dietro tutto.

Le luci accese, la porta senza nessun giro di chiave, la radio.

Lei non gli chiese per dove, anche se lo sapeva.

Zanna guidava, nella strada bagnata e viscida, col riscaldamento al massimo per non congelare.

Bebe gli teneva la mano, e piangeva piano con la testa appoggiata alla sua spalla.

"Togliti la maglia, prenderai freddo."

Bebe la tolse, e lui la guardò.

Quel seno che amava, che avrebbe voluto toccare.

Invece le accarezzò la nuca, piano, gentile.

Lei si appoggiò di uovo a lui, e accese la radio, cercando tra gli mp3 la voce, la chitarra dolce e i violini di De Andrè.

"...Poi scuse accuse e scuse senza ritorno.

E ora viaggi vivi ridi o sei perduta..."

E la macchina iniziò a salire, verso casa, verso dove tutto era incominciato, verso dove si erano ritrovati prima di perdersi.

In quella sera dove non lo conosceva, e lo aveva visto passare da lontano insieme a Donatella.

E la pioggia era sempre meno, e le nuvole lasciavano il posto alle stelle.

"...Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore.

Ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore..."

E Zanna le accarezzava la nuca, ed era lì, bagnato fradicio, con lei.

"Cosa importa se sono caduto se sono lontano.

Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole.

Perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole..."

Fecero le scale di corsa.

Entrarono nell'appartamento e gettarono i vestiti a terra, asciugandosi con degli asciugamani.

Avevano solo le chiavi.

Avevano portato giù il cambio e le lenzuola, perché ci sarebbero dovuti tornare presto e non lo avevano fatto.

C'era solo un sacco a pelo pulito, e si gettarono dentro il suo tepore tremanti, scossi dai brividi e dalla vicinanza.

Si strinsero, come a non volersi far scappare.

E parlarono e si dissero tutto quello che si erano taciuti nei mesi passati.

C'erano solo loro, illuminati dalla luna che filtrava dalle finestre.

Non c'erano la rabbia, le incomprensioni, Andrea e Valentina Vittoria, il video, tutto.

Si erano lasciati tutto alle spalle.

C'erano loro.

E il futuro davanti a loro.

Progetti, viaggi, cose da fare.

Piccole e concrete.

Ma da fare insieme, tutte insieme.

Si addormentarono, esausti, sfiniti, stremati dalla tensione, dal loro perdersi e ritrovarsi.

Li svegliò il sole, e i loro corpi si dissero il resto, quello che si erano ancora taciuti la notte.

Fu un'estasi lenta, dolce, che li fece piangere di gioia pura e assoluta.

Non fu fuochi d'artificio e mare in tempesta.

Fu un orgasmo di bucaneve che spuntano d'inverno, di fiori di pesco in fiore lungo i viali, di primule colorate lungo i fossi.

Fu fusione di corpi e anime, e calore e luce.

Fu maturità e crescita e strada percorsa insieme.

Poi si alzarono, baciandosi ancora, con la pila di vestiti bagnati ancora a terra e nulla da mettere.

Si misero addosso i pantaloni da trekking senza biancheria e delle magliette della taglia sbagliata recuperate in un cassetto.

Non avevano niente da mangiare e andarono da Paolino, l'unico aperto, a mangiare due brioche e un cappuccino, e poi un toast e poi un altro, con l'appetito della gioia ritrovata.

Poi salirono, all'Arneri e oltre, per fare l'amore nel bosco, come gli mancasse, come un bisogno che non poteva aspettare la comodità di un letto, come avessero da dirsi ancora, tante, tante, tante cose, con la voglia di sussurrarsele e gridarsele dentro e addosso.

Non avevano smesso di amarsi un solo secondo, e non avrebbero smesso mai.

Bebe [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora