CAPITOLO 40: AMORI NON CORRISPOSTI

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Tic.

Tac.

Tic.

Tac.

La lancetta dell'orologio a parete pareva immobile.

Era lì da tre ore.

Fermo.

Si sforzava di stare calmo.

Voleva tornare da Bebe.

Chissà come stava.

Sentiva Oliver gridare, insultando chi lo stava interrogando.

Che coglione.

Gli aveva rotto un labbro, fatto un occhio nero e un livido su uno zigomo.

Il sangue era uscito tutto dal naso, che per qualche strano caso non era rotto.

Ma aveva tanta droga addosso e in macchina da meritarsi una bella condanna.

Gli stavano dietro da mesi, mentre spacciava da Pordenone ad Aviano.

A Piancavallo gli era andata male, aveva ancora tutta la merce in carico.

Era questione di tempo, Zanna aveva solo accelerato le cose.

E aveva fatto del male a quella che secondo una legge stronza era una disabile, oltre ad aver insultato i carabinieri e le loro famiglie.

Zanna si torceva nervoso le mani sporche.

Dolore.

Erano gonfie e tagliate, ma non rotte.

Calmo, doveva stare calmo.

Chiuse gli occhi.

Si concentrò su Bebe.

Sul suo sorriso che aveva cancellato a pugni.

Sul suo profumo.

Sulla mano che gli teneva come sua ragazza.

Sulla promessa che non aveva mantenuto.

Si torse le mani, ancora.

Dolore.

"Puoi andare. Presentati domani. I tuoi amici ti aspettano qui fuori."

L'espressione del carabiniere era fredda.

Uscì di corsa.

Federica corse ad abbracciarlo.

"Come stai?"

"Bene. Portatemi da Bebe."

"Tieni!"

Davide gli porse le chiavi della macchina.

Sono sceso con la tua.

Torno con Federica, non si fida a lasciarmi in macchina con te.

"Fa bene."

Zanna corse verso il parcheggio.

Davide lo fermò, e lo spinse contro l'auto.

"Calmati Zanna. Se vuoi rivedere Bebe, devi arrivare da lei vivo. Non è un film o un libro, dove se sbagli puoi fare annulla. La strada è gelata e ci sono glia animali. Non fare cazzate!"

Davide era serio.

Zanna lo fissò.

Si intesero con gli sguardi.

Davide allentò la presa.

Zanna partì, sgommando.

Correva, con l'acceleratore al massimo.

Ma era vigile.

Scala, accelera, vai.

Strada lucida, ghiaccio, rallenta, accelera.

Curva, buche, frena.

Rettilineo, affonda.

Parcheggiò in malo modo sotto casa.

Erano le quattro.

La sentì piangere dietro la porta.

Bussò.

Più forte.

"Vai via!"

"Aprimi Bebe!"

"Vai via!"

"Aprimi, cazzo!"

"Vai via!", disse con voce rotta.

"Ti prego!" disse mentre le lacrime gli scendevano sul viso.

"Non voglio più vederti! Vai via!" grido Bebe.

Un vicino scese sulle scale.

"Volete che chiami i carabinieri? La gente dorme qui! Piantatela!"

Zanna rientrò in casa, in lacrime.

Prese un foglio e una penna.

Scrisse, con mani doloranti, imbrattando il foglio di lacrime e sangue.

Poi uscì, e lo infilò sotto la porta di Bebe.

E si sedette a terra, con la schiena contro la sua porta, a piangere in silenzio, ascoltando le lacrime rotte della sua ex ragazza.

Bebe [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora