Passeggiata

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La serata stava andando bene. Aleksandar l'aveva portata in un ristorante molto carino, sempre nella zona di Darling Harbour. Si erano seduti e avevano ordinato. Non c'era voluto molto per ritrovarsi davanti delle enormi porzioni di carne, patate e verdure. Il ragazzo era molto simpatico e spontaneo e parlava un misto di italiano e inglese. A settembre si sarebbe trasferito in Italia per giocare nella squadra di Perugia e Alessia era sicura che, non solo avrebbe padroneggiato la lingua nel giro di qualche mese, ma avrebbe dato del filo da torcere a qualunque squadra avversaria.

Alessia scoprì che il giovane era iscritto all'Università di Belgrado e studiava giurisprudenza, dando gli esami d'estate, quando si trovava nella città per i ritiri della Nazionale o per le meritate vacanze.

Quando Alessia arrivò a metà del suo piatto si arrese. Non poteva proprio mangiare nient'altro o sarebbe esplosa. Adocchiò il piatto vuoto di fronte a lei e chiese ad Aleksandar se voleva mangiare anche la sua metà.

<<Posso? Non ti da fastidio? Non vorrei sembrarti un pozzo senza fondo>>

Alessia rise.

<<Tranquillo, sei grande e grosso, devi nutrirti. E poi io proprio non ce la faccio. Prevedo lunghe sedute di allenamento a settembre per smaltire tutto>>

<<Secondo me non ne hai bisogno>> le rispose lui invertendo i loro piatti.

Lei arrossì e lo ringraziò per il complimento.

Lo guardò meglio: era alto più di due metri, ma quei capelli ricci castani e l'espressione sempre allegra lo facevano sembrare un ragazzino. Doveva avere solo qualche anno più di lei, eppure aveva già giocato in mezza Europa.

<<Ti va una passeggiata?>> le chiese Aleksandar dopo aver pagato il conto.

Era inverno in Australia, ma il clima a Sydney era abbastanza mite tutto l'anno e Alessia aveva proprio voglia di girare un po' a piedi la città, così accettò.

Percorsero la lunga passeggiata che correva lungo quel tratto di baia, circondati da una moltitudine di gente proveniente da ogni parte del mondo: Sydney era una città multietnica già di suo e le Olimpiadi avevano solo aumentato il numero di turisti presenti in quel periodo. Chiacchierarono di mille cose: il ragazzo le chiese dell'Italia e lei si fece raccontare delle varie squadre in cui aveva giocato e delle città in cui aveva vissuto fino ad allora.

Alessia non si rese conto di quanto aveva fatto tardi: le mille luci di Sydney invogliavano a girare senza meta per tutta la notte. Ma ormai era ora di rientrare, anche perché il giorno dopo ci sarebbe stata la partita contro la Germania.

Tornarono al Villaggio in taxi e poi percorsero i viali che li avrebbero condotti ai loro appartamenti.

Aleksandar l'accompagnò fino alla porta e qui lei lo ringraziò della serata, assicurandogli che non aveva più nulla da farsi perdonare. Lui le sorrise.

<<Devo farti una domanda un po' strana>> le disse prima di andarsene.

Alessia attese che continuasse.

Il giovane si passò la mano tra i riccioli.

<<Vorrei sapere se sei impegnata>>

<<Quando?>> chiese lei senza capire.

<<No, intendo... Hai un ragazzo o un fidanzato?>>

<<Aleksandar...>>

<<Chiamami Alek>>

Alessia sospirò. Non avevano molta confidenza, ma era già la terza volta quella sera che lui le chiedeva di chiamarlo col diminutivo. Alla fine acconsentì.

<<Alek>> iniziò. << E' una storia complicata>>

<<Lo prendo per un sì>> dedusse lui.

Alessia abbassò lo sguardo.

<<Ehi, non ti preoccupare! Possiamo essere amici?>>

Lei lo fissò sorridendo e annuì. Poi gli diede la buona notte ed entrò.

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