Capitolo 1

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Hell's Kitchen, New York, USA

14 Ottobre, 2010

-Damian.-

La voce del signor Buxter, proprietario del pub "The Copper Cat", fece alzare la testa al ragazzo che stava finendo di asciugare i bicchieri.
-Io vado; chiudi tu, per favore- disse l'uomo, avviandosi alla porta.
-D'accordo, capo- rispose Damian -Buona serata.-
L'altro salutò con un cenno della mano ed uscì dal locale.
Rimasto solo, Damian, andò alla porta e girò il cartello, impostandolo sulla scritta "Chiuso". Fece anche girare la chiave nella toppa e tornò al suo posto, dietro al bancone. Asciugando i bicchieri, si ritrovò ad osservare il suo stesso riflesso sul vetro del bancone. Vide i suoi capelli neri, un po' scarmigliati, gli occhi verde smeraldo ereditati da sua madre appena cerchiati di grigio a causa di qualche notte insonne, e quella barba scura e ben curata che gli copriva il viso, donandogli un aspetto più sexy e, forse, un tantino rude. Tutto sommato era un bel ragazzo e sapeva di piacere. Alto un metro e ottantatré e con un fisico ben scolpito da anni di duro allenamento, Dam (come lo chiamavano le persone a lui più care) si era reso conto di esercitare (seppur non volontariamente) una certa attrazione su entrambi i sessi.
Perlopiù erano le ragazze, che entravano in quel pub per bere qualcosa, a provarci spudoratamente con lui.
Damian (più per una questione di professionalità che di carattere) sorrideva sempre e adottava un atteggiamento gentile, sebbene non desiderasse altro che quelle oche giulive lo lasciassero in pace.
Sbuffò stancamente posando l'ultimo bicchiere e ripiegò per bene lo strofinaccio. Poi prese la sua giacca di pelle nera e l'ombrello, uscendo dal retro del pub.
Era quasi metà ottobre e pioveva già da diversi giorni, con sporadiche pause nelle quali, però, il sole non si mostrava quasi mai.
Dam non sopportava la pioggia, ma la tollerava fintanto che non ci si mettesse anche il vento.
Uscì dal vicolo ed imboccò la strada principale, diretto al suo loft. Non vedeva l'ora di togliersi le scarpe, fare una doccia e stendersi nel suo letto, davanti alla TV.
Le strade di Hell's Kitchen erano completamente deserte e Damian accelerò il passo. Non che avesse paura, chiaro (erano ben poche le cose capaci di spaventarlo sul serio); era più per il senso di inquietudine che provava nel ritrovarsi a camminare da solo per una strada vuota.
Mancava davvero poco, al suo loft, quando udì un urlo di donna. Si voltò di scatto e si guardò attorno, cercando di capire da dove potesse provenire.
-Aiuto!- gridò, questa volta, la voce femminile.
E Damian riuscì ad individuare la provenienza del suono: un vicolo dall'altra parte della strada.
Notando che non passava nessuno, attraversò e si addentrò nel vicolo. Puzzava di immondizia, muffa ed escrementi che davano veramente la nausea.
Il giovane barista ignorò quel tanfo e corse più rapidamente possibile, l'ombrello ormai chiuso e legato.
Arrivò in un piccolo spiazzo, dove una ragazza veniva tenuta contro il muro dall'ultima cosa che, Damian, avrebbe voluto vedere.
Un demone.
E non uno qualsiasi.
Quello era un Arconte.
Gli occhi della vittima si spostarono su Damian, imploranti e lucidi. -La prego...mi...mi...aiuti...- disse, piangendo.
Anche l'Arconte voltò il capo verso il nuovo arrivato, gli occhi rossi e brillanti come lava incandescente, ed emise un ringhio minaccioso che avrebbe fatto drizzare i peli a chiunque. Poi, sperando che quell'uomo sarebbe scappato a gambe levate, tornò ad occuparsi della ragazza.
Damian, però, non era un codardo e non era nuovo a situazioni come quella. Solo che lo infastidiva (e non poco) il fatto di dover interrompere la sua linea positiva di "vita lontano dai guai". Ma come poteva stare lontano dai guai, se poi erano loro che si presentavano a bussare alla porta della sua esistenza "normale"?
Ad ogni modo, non era quello il momento giusto per porsi certe domande... Meglio occuparsi della ragazza da salvare.
-Ehi, tu!- esordì con voce sicura e ferma -Dico...credi di farmi paura con quel ringhio?- domandò.
Il demone si voltò e, se fosse stato in grado di cambiare espressione, probabilmente sarebbe rimasto sorpreso nel vedere l'umano ancora lì. -"Yv aktar, vlashin"*- ringhiò.
Damian inarcò un sopracciglio. -"Faccia di merda"?- ripeté, traducendo il linguaggio demoniaco -Serio? Amico, non so se di recente ti sei guardato in qualche specchio infernale, ma se qui c'è qualcuno che ha una faccia di merda, quello sei proprio tu! Ed ora...- disse mentre l'ombrello assumeva l'aspetto di una spada d'argento -...lascia andare quella ragazza ed affronta qualcuno che sappia combattere.-

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