Hell's Kitchen, New York, USA
2 Dicembre, 2010-Patetico- decretò Lenora, con un ghigno soddisfatto a sollevarle le labbra viola -Per essere un Palshtin, sei veramente molto debole. Ora capisco che prima sei stato solamente fortunato. Non mi avresti mai pugnalata se non fossi stata distratta da mio fratello.-
Nikolai era a terra, con il fiato corto ed il corpo ardente di dolore. Aveva il viso tumefatto, pieno di lividi e gonfio come un pallone. Le labbra erano bagnate del suo stesso sangue, il quale colava lentamente sulle guance fino a disperdersi sul pavimento di quella terrazza. Quella donna...quel mostro...l'aveva ridotto ad uno straccio, rompendogli persino il braccio destro. Non l'avrebbe mai ammesso (di sicuro non a voce alta) ma lei era stata troppo. Troppo forte, troppo veloce, troppo imprevedibile per poter capire da quale direzione arrivasse l'attacco. E poi la sua magia...Dio, quella era stata terribile. Il suo corpo reagiva con violenti spasmi al solo pensiero di quello che aveva subìto a causa di quegli incantesimi oscuri. Era stato come se le fiamme dell'Inferno stesso l'avessero spellato vivo a forza di frustate per poi stritolarlo nella loro morsa incandescente.
Ed era accaduto solo da qualche minuto.
Quanto era durato il loro scontro (se così si poteva definire)? Cinque, forse quindici minuti in tutto.
Le era bastato veramente poco per metterlo fuori combattimento come fosse un pivellino alle prime armi.
-Forse dovrei mettere fine alla tua agonia, così potresti ricongiungerti con il tuo amato- continuò la necromante degnando, a malapena, di un'occhiata il corpo di suo fratello -Ma sarebbe un gesto troppo magnanimo da parte mia quindi no, ti lascerò morire piano piano, con il rimpianto di non aver potuto salvare questo ammasso di carne gelida che era mio fratello. Addio, bolscevico.-
E in una nube di fumo viola, la donna scomparve dalla terrazza.
A quel punto, Nik provò a girare la testa. Gli faceva male tutto, tanto da non riuscire nemmeno ad ignorare il dolore come aveva imparato a fare nel corso degli anni. Con un colpo di reni rotolò sulla pancia, ansimando per lo sforzo e gemendo per il dolore.
-Har...lan...- chiamò con tono basso. Sputò sangue e, puntellando le gambe, iniziò a spingersi. Voleva raggiungere il corpo della sola persona che avesse mai amato con tutto il suo cuore. Gli ci vollero diversi tentativi, viste le sue attuali condizioni fisiche, ma il giovane Mikhaylov non era solito arrendersi. Aveva già perso un nipote ed un padre; non voleva perdere anche il suo fidanzato.
Quando riuscì ad avvicinarsi al vampiro tentò nuovamente di svegliarlo, chiamandolo con tutta la voce che gli era rimasta. Sapeva che sarebbe stato inutile, che il suo primo amore era morto sotto i suoi occhi e lui era rimasto a guardare come un ebete.
-Har...lan...- chiamò ancora, poggiando la testa sul suo petto. Era sfinito; non aveva più un briciolo di forza e, per la prima volta da quando era nato, dovette arrendersi. Abbandonò ogni resistenza e chiuse gli occhi mentre calde lacrime scendevano a bagnargli le guance.***
Tori si riprese prima di Frank e quando realizzò di essere bloccata a terra da corde e pesi, iniziò a divincolarsi.
-Grigory!- urlò a squarciagola -Razza di verme che non sei altro! Dove ti sei nascosto?! Liberami subito!-
-Fa' silenzio- le intimò lui, in risposta, senza essere troppo duro. -Vuoi che gli zombie della tua amica ci trovino?- Il giovane Gran Maestro uscì dagli spogliatoi e si avvicinò ai due compagni che era stato costretto a legare. Era visibilmente stanco e, a stento, riusciva a tenere le braccia incrociate sul petto.
-Liberami immediatamente!- strillò lei, come un'acquila ferita alla quale stavano portando via le uova con i suoi cuccioli.
-No- rispose, secco, il ragazzo dai riccioli d'oro -Sei arrabbiata con la persona sbagliata e ci sono già dei non-morti di cui occuparsi; non posso pensare anche a te.-
-Sei un verme!- lo insultò lei, lo sguardo truce e gli occhi iniettati di sangue. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, tanta era la rabbia che le gridava nel petto -Sei un verme codardo che ha paura di battersi con una sirena.-
-Smettila- istruì lui -Questa psicologia da due soldi, con me, non funziona. Capisco quello che provi e, come ho già detto, mi dispiace.-
-Stronzate- sibilò Tori -Non ti dispiace affatto.-
-Puoi non credermi ma è così- ribatté Greg -Comprendo il tuo dolore.-
-Davvero? Comprendi il mio dolore?- domandò lei, scettica.
-Sì.- Grigory fece qualche passo verso di lei e -Anche io avevo una fidanzata. Non l'avevo scelta io; mi era stata imposta dalla mia famiglia per via di una tradizione che lega la famiglia Mikhaylov ai Vasilyev. Prima di Alhazared, ho scoperto che mi aveva tradito e che aspettava un bambino da un altro. Quindi sì, comprendo benissimo il tuo attuale stato d'animo e ti ripeto che mi dispiace.-
-Allora, perché?!- sbottò la sirena -Perchè ti sei preso il mio Charlie?! Perché vuoi che io soffra in questo modo?!-
-Ti sbagli- rispose lui con un sorriso mesto -Non ho mai voluto farti soffrire. E, all'inizio, non volevo nemmeno Charlie. Quando l'ho conosciuto, ci siamo presi a pugni, ma poi...poi le cose sono cambiate. Lui è speciale e quando gli sono vicino, mi sento davvero amato ed apprezzato per la prima volta.-
Tori capiva perfettamente cosa volesse dire il ragazzo russo. Anche lei, vicino al giovane avvocato, si era sentita sempre amata e soprattutto protetta. E guardando il Cercatore dell'Est Europa, capì perché Charlie si fosse preso una sbandata per lui. Era bello, inutile negarlo, aveva i capelli ricci (seppur corti) e lei ricordava molto bene quanto piacessero al suo ex fidanzato. E gli occhi...azzurri e scintillanti. Esprimevano forza ma anche gentilezza e risolutezza. C'era qualcosa, nello sguardo di Grigory, che Tori associò a Damian ed impiegò davvero poco per capire che si trattava di ferrea determinazione. Era quella che serviva a Charlie per non farsi trascinare a fondo dai momenti bui. Ora capiva perché quei due si erano scelti, così come capiva di non potersi mettere in mezzo...anzi, era decisamente arrivato il momento di farsi da parte. Stava per dire questo, al ragazzo, quando qualcuno la precedette.
-Peccato che tutto ciò stia per finire.-
A parlare era stata una voce roca e gutturale...una voce che apparteneva alla creatura che speravano di non rivedere più tanto presto: Rhadamantys.
Il grosso demone dall'armatura nera si ergeva in tutti i suoi due metri di altezza, ad un centinaio di passi da loro.
Grigory fece appena in tempo a voltarsi che la punta di una lancia nera spuntò dal terreno e lo trafisse con una tale irruenza da scagliarlo lontano, contro la parete.
-No!- gridò Tori, come se le avessero appena ucciso il suo miglior amico.
La sua voce fece destare il nano stregone che, dopo un attimo di smarrimento, usò la magia per liberarsi delle corde che lo ancoravano a terra. Si mise in piedi e fu solo grazie alla sua prontezza di riflessi che riuscì a deviare l'attacco magico del demone innalzando una cinta muraria intorno a loro.
-Non pensare di essere al sicuro, nano!- ruggì Rhadamantys, continuando a scagliare lance oscure contro il muro magico.
Frank non si preoccupò di rispondere. Piuttosto liberò Tori, la quale si massaggiò i polsi segnati dalle corde. -Cos'è successo? Dov'è il Gran Maestro?- le domandò.