Hell's Kitchen, New York, USA
20 Ottobre, 2010
Erano passati tre giorni dalla partenza della squadra e, Charlie, non aveva alcun caso tra le mani. Solo il giorno prima, era riuscito a far scagionare il loro cliente, presentando testimoni validi che avevano raccontato la verità su quanto era accaduto. Aveva passato giorni interi a girare per le strade di Hell's Kitchen al fine di trovarli e convincerli a presentarsi in tribunale per evitare che, una persona innocente, venisse condannata ingiustamente. Ed era stato un bene, impegnarsi così tanto, soprattutto perché aveva evitato di pensare ad una certa persona.
Quella mattina, essendo domenica, Charlie decise di recarsi in chiesa. Pur facendo parte di un ordine segreto che non venerava alcuna divinità, il giovane Dalton era cresciuto con un educazione cattolica e, fin da piccolo, era sempre andato a messa (di domenica, per l'appunto), insieme a sua madre e suo padre. Aprì gli occhi con il suono della sua "sveglia domenicale" la quale, a differenza di quella settimanale, suonava alle nove in punto. Iniziò con una doccia tiepida, poi una buona colazione a base di latte e cereali, gustata in accappatoio, comodamente seduto sul divano e la TV accesa sul notiziario. Qualcuno avrebbe potuto dirgli che guardare il notiziario (dove novanta volte su cento, sentivi parlare solo di omicidi, suicidi ed incidenti vari) non era proprio il modo migliore per iniziare l'unico giorno di riposo di cui si disponeva. E, se fosse accaduto, lui avrebbe risposto che, al fine del suo lavoro, sentiva di doversi tenere sempre informato su ciò che accadeva in città. Al termine della colazione, posò la tazza nel lavandino e si recò in camera per vestirsi. Indossò uno dei suoi completi da lavoro, quello blu notte al quale abbinava sempre una camicia color carta da zucchero. Fece tutto con particolare precisione, quasi fosse un rito importante. Dal cassetto delle cravatte, ne prese una del medesimo colore della camicia, costellata da piccoli pois bianchi. Eseguì un perfetto nodo Windsor e, dopo aver messo anche le scarpe, diede una sistemata a quei capelli sempre un po' troppo ribelli. Infine, prese il cappotto e la sciarpa, ed uscì di casa con tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
Aveva passeggiato tranquillamente, mescolandosi alla folla, con un cielo cupo sulla testa ed un vento abbastanza freddo a sferzargli il viso. Si era fermato davanti alla porta della chiesa di St. Matthew e, per un breve istante aveva esitato. L'ultima volta che aveva messo piede in quel posto, era stato per il funerale di Diana. Era una ragazza molto bella alla quale, lui e Jimmy, avevano dato da lavorare come segretaria nel loro ufficio. Poi, una settimana prima delle feste natalizie, aveva avuto un brutto incidente frontale con un camion della nettezza urbana. Ecco, da allora, non era più entrato in quella chiesa, ed ora non era certo di non volerlo fare.
-Esiti sulla soglia della casa del Signore, Charlie?- domandò una voce alle sue spalle.
Il ragazzo dai capelli castani si voltò, mollando la presa, sulla maniglia della porta. -Padre Bernard- salutò, abbozzando un sorriso.
L'uomo con la tonaca aveva quasi sessant'anni e sfiorava appena il metro e settanta. La testa era quasi pelata, fatta eccezione per pochi capelli radi, ai lati. Il naso era aquilino e gli occhi neri come carbone, incastonati in un volto dall'espressione gentile. Aveva le labbra sottili, screpolate dal freddo pungente di quei giorni. Salì i gradini, lentamente, raggiungendo il ragazzo che conosceva fin da quando era piccolo. Non era fra quelli che aveva battezzato, ma lo ricordava bene quando si sedeva in prima fila con i suoi genitori. E lo ricordava anche durante il funerale della sua amica.
-Ciao, ragazzo- salutò, di rimando, dandogli una lieve pacca sulla spalla -Prendiamo un caffè?-
Il giovane avvocato non riuscì a dire di no, sebbene avesse già fatto colazione. Sentiva il bisogno di parlare e, davanti ad un caffè (e con un prete vincolato dal segreto della confessione) sentiva che sarebbe stato più facile. Così varcò la soglia della chiesa, non senza una certa sensazione poco gradevole a fargli da compagna.