Capitolo 11

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Mosca, Russia
1 Dicembre, 2010

Faceva dannatamente freddo.
La temperatura doveva aggirarsi intorno ai trenta gradi sotto lo zero e nonostante la divisa da combattimento invernale e la divisa termica, Charlie batteva i denti. Non in maniera così vistosa o esagerata, ma li batteva.
Si stava contenendo solo perché erano nel cimitero del Tempio Rosso, dove venivano sepolti i Cercatori russi.
Un sacerdote ortodosso recitava una preghiera ma Charlie non capiva mezza parola. Non si era mai preso la briga di imparare il russo, ma poteva immaginare cosa stesse dicendo.
Grigory, al suo fianco, fissava la bara di suo padre con un'espressione di dolore misto a rabbia. Le mani affondavano nella tasca del lungo cappotto e nemmeno una lacrima rigava il suo volto rigido.
Charlie gli lanciò una rapida occhiata, sentendosi male per lui. Sapeva cosa stava provando, c'era passato anche lui quando era morto suo padre.

***

Hell's Kitchen, New York, USA
26 Aprile, 1996

Non fa freddo.
Non fa caldo.
E se anche facesse una delle due cose, Charlie non se ne rende conto.
Ha quindici anni e si sente a pezzi.
Ha passato tre settimane ad allenarsi intensamente, con Damian, così da non pensare a suo padre che è in missione all'estero. Ogni giorno si è chiesto se, al suo ritorno, suo padre sarebbe stato fiero dei suoi progressi.
Ed ora che è tornato, può chiederglielo ma non otterrà alcuna risposta. Perché lo hanno riportato dentro una bara, coperta da un drappo dorato, come impone la tradizione dell'Ordine per i Cercatori caduti in missione.
Quando il sacerdote del Tempio di New York termina la funzione, la bara viene calata nella fossa.
Charlie è il primo a gettare una manciata di terra sul coperchio. Poi cade in ginocchio e, con gli occhi lucidi, chiede: -Sei fiero di me, papà?-
Nel sentire quelle parole, sua madre Helen, si porta una mano alla bocca per soffocare il pianto. Si lascia stringere da suo fratello mentre il giovane Dalton resta a fissare la bara.
-Sei fiero di me, papà?- domanda con voce più alta. Intorno a lui, solo silenzio. Un silenzio che gli fa perdere le staffe. -Dimmelo!- urla con le lacrime agli occhi -Sei fiero di me?! Dimmelo, papà, dimmelo!-
Nessuno parla.
Nessuno si muove.
Tutti i presenti capisco come si sta sentendo quel ragazzo.
Tra tutti, solo uno si fa avanti.
Damian.
È l'ancora alla quale Charlie si è sempre aggrappato, nei momenti difficili.
Il giovane King si inginocchia al suo fianco e getta della terra sulla bara. -Addio, signor Dalton- dice come se stesse parlando con una persona ancora in vita -E non si preoccupi; mi occuperò io di questo ragazzo- aggiunge, passando un braccio sulle spalle di Charlie. -Come?- chiede poi, fingendo di aver ricevuto una risposta -Oh, certo... riferirò.- Poi guarda il suo miglior amico e -Tuo padre è fiero di te. Lo è sempre stato e sempre lo sarà...anche da lì- gli dice indicando il cielo.
Charlie crolla definitivamente, abbracciando il suo più caro compagno e dando sfogo alle sue lacrime.

***

Mosca, Russia
1 Dicembre, 2010.

Nella sua vecchia camera da letto, Grigory sedeva in terra, la schiena contro la porta chiusa a chiave. Non voleva vedere nessuno; persino a Charlie aveva chiesto di lasciarlo un po' da solo.
Ed il giovane Dalton aveva acconsentito senza ribattere.
Alzò gli occhi al soffitto, singhiozzando piano. Era incredibile come si potesse stare male per una persona che, in vita, non aveva fatto altro che darti solo disprezzo e odio. Sospirò, deglutì mandando giù il groppo che aveva in gola e dalla tasca della divisa tirò fuori la lettera che Veruska gli aveva consegnato al loro arrivo.
La donna gli aveva detto che, suo padre si era raccomandato che lui la leggesse solo dopo il funerale.
L'aprì con mani tremanti, si asciugò gli occhi e lesse tra sé e sé:

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