Capitolo 9

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Mosca, Russia

23 Ottobre, 2010

Arkady rientrò che era, praticamente, l'alba. Chiuse la porta senza fare troppo rumore e, quando si voltò, incontrò la figura di sua moglie, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.

Tatiana era ferma a metà della scalinata, la lunga vestaglia pesante e bianca le fasciava il corpo, coprendola dal freddo esterno. -Dove sei stato?- esordì con tono stanco ma determinato.

-Non sono affari tuoi- le rispose, l'uomo, togliendosi il giubbotto e gettandolo sul divano.

-Sono tua moglie- sottolineò lei, dando alla sua voce una sfumatura di distacco e freddezza -Certo che sono affari miei se esci nel cuore della notte e rientri all'alba. Mi tradisci, forse?-

Arkady fece un sorriso amaro e chinò appena la testa. -Tradirti?- ripeté come se non avesse capito bene. Fece una risata amara e -Sai, è buffo che sia proprio tu a parlare di tradimento- replicò, alzando gli occhi su di lei.

-Non capisco a cosa ti riferisci- dichiarò, Tatiana, sulla difensiva. Non mentiva; non capiva davvero di cosa stesse parlando suo marito -Io non ti ho mai tradito- puntualizzò.

-Che faccia tosta...- mormorò lui con un sorriso amaro a sollevargli le labbra screpolate dal freddo.

-Sono sincera, Arkady; non ho idea di che cosa tu stia parlando- replicò la donna, restando al suo posto, sulle scale.

-Ah, no?- domandò lui, avanzando furioso -Non capisci? Bene, allora te lo spiego subito: sto parlando di nostro figlio, Tatiana!- sbottò.

Lei fu sul punto di dire qualcosa, ma lui non le diede il tempo di farlo, continuando a parlare -So tutto. So quello che hai fatto per restare incinta. Hai barattato i tuoi poteri di Cercatrice con quel verme di Xhabras. E mi da il voltastomaco...mi ripugna in un modo che non puoi nemmeno immaginare!-

Tatiana si ritrasse, quasi si fosse scottata con quelle parole. Gli occhi le divennero lucidi ed era ad un passo dallo scoppiare in lacrime. -Volevo solo darti un erede.-

-Un erede?- ripeté, Arkady -Un erede che non arriverà nemmeno alla maggiore età. Ti sembra bello? Hai una vaga idea di quello che hai fatto? Hai giocato con la vita, dannazione! Mi hai ingannato, facendomi credere che fossi io, il vero padre di Evgeny! Come hai potuto? Come?!- urlò rosso in viso, ribaltando il tavolino di cristallo che stava di fronte al divano.

-L'ho fatto per te!- gridò, di rimando, lei per non cedere alla paura che aveva -L'ho fatto perché sapevo quanto ci tenessi ad avere un figlio. Mi sono sentita morire, quando il dottore mi disse che ero sterile! Non te l'ho mai detto, ma è così. Avremmo potuto provarci all'infinito, ma non saremmo mai riusciti ad avere un figlio come tutte le altre coppie!-

-Avresti dovuto dirmelo, maledizione! Ti avrei ascoltato e ti sarei stato vicino senza farti pesare questa cosa! E poi avremmo potuto sempre adottarlo, un bambino.-

-Non sarebbe stato, veramente, nostro però!- ribatté, lei, urlando.

-Perché, questo lo è?! Rispondi; lo è?! Ascoltami bene, i figli non sono, per forza, di chi li fa, Tatiana; sono, soprattutto, di chi li cresce. E, a quest'ora, potremmo essere tutti a letto a dormire sogni tranquilli. Invece, no! Nostro figlio sta male...sta morendo...e noi stiamo facendo una cosa che odio tantissimo, anziché essere al suo fianco!-

Tatiana scivolò a sedere sui gradini, esausta. Chinò il viso, mettendovi le mani davanti, ed iniziò a singhiozzare. Dapprima, sommessamente, poi sempre più forte, fino a farlo diventare un pianto carico di rabbia e dolore.

Arkady la raggiunse, sulla scala, e si fermò un istante al suo fianco. -Non riesco a provare pena per te, Tatiana. Sappi che la colpa è tua e, non appena nostro figlio ci lascerà, io chiederò il divorzio e me ne andrò in America.- Poi, senza attendere una risposta, continuò a salire, deciso a stare con suo figlio nei suoi ultimi istanti di vita.

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