-Perché ha richiesto la tua presenza?-
Quando Damian esordì con quella domanda, stava preparando la valigia per il viaggio, nella sua camera da letto.Lo zio aveva già fatto (non portava mai molte cose quando viaggiava) e lo aspettava poggiato allo stipite della porta della camera. -Chi? La ragazza?- Era una domanda retorica, quella, alla quale Damian non si degnò nemmeno di rispondere. -Beh, cosa vuoi che ti dica, nipote...forse mi trova tremendamente irresistibile.-
Il barista lo fulminò con un'occhiataccia. -Potrebbe essere tua figlia, lo sai?-
-Fortuna che non lo è- replicò Cassius -E comunque, al giorno d'oggi, ci sono molte persone che stanno insieme nonostante le grandi differenze d'età. Non vedo perché io e Nina dovremmo fare un'eccezione.-
-Perché non sai nulla di quella ragazza, tanto per cominciare- gli fece notare Damian, chiudendo la valigia.
-So il suo nome- ribatté l'uomo, tranquillo.
-Ma non è quello vero- insistette il ragazzo dagli occhi verdi -Lo hai inventato tu sul momento. In verità, non sai nulla...non sappiamo nulla. E poi...sbaglio o hai una relazione con la dottoressa Vargas?-
Cassius si staccò dallo stipite della porta e sorrise furbescamente. -Mio caro ed adorato nipote, sai che in alcuni posti esiste la poligamia, vero?-
-Tu hai visto troppe volte "Anna and the King", zio- replicò il barista, seccato. Sospirò lasciando, per un momento, la valigia -Ti prego, non fare stupidaggini con quella ragazza. Te l'ho detto...non sai nulla di lei.-
Nonostante fosse ben consapevole che suo nipote era dalla parte della ragione, Cassius, non perse quel suo sorriso bello, furbo ed anche un po' strafottente. -Beh, allora è una vera fortuna che Josh ci mandi tra i monti. Lì, non ci disturberà nessuno ed avremo tanto, tanto tempo per conoscerci meglio... Non ti pare?- E, senza attendere una risposta dal nipote, girò sui tacchi a scese al piano di sotto.
Damian sospirò, quasi spazientito, poi prese la valigia e lo seguì mentre con la mano libera usava il cellulare per chiamare il suo datore di lavoro.
***
Il maltempo di quel pomeriggio creava turbolenze che mettevano non poca ansia nel giovane barista.
Quella di Damian non era vera e propria paura. Aveva volato altre volte, ma quando c'era mal tempo la cosa non gli piaceva affatto. Se il cielo fosse rimasto sereno, probabilmente si sarebbe addormento come un bambino.
Al suo fianco, Arkady stava mandando un messaggio a qualcuno e sembrava alquanto preoccupato.
-Ehi, va tutto bene?- gli chiese, interessato.
Il ragazzo russo annuì senza staccare gli occhi dal cellulare.
-Tuo cugino come sta?- fu, allora, la seconda domanda del giovane King.
-Sembra che se la caverà- rispose, quasi atono, l'altro. Improvvisamente smise di scrivere ed alzò lo sguardo sul ragazzo americano. -Chi te lo ha detto?- gli domandò.
-Charlie- rispose Damian -Mi ha raccontato tutto, mentre venivamo in biblioteca. Mi dispiace.-
L'espressione di Arkady era dura e sembrava sul punto di dire qualcosa di poco piacevole. Ma non era il caso, visto che viaggiavano in mezzo a dei "normali". -Non devi dispiacerti...- disse, allora -...te l'ho detto: sembra che si riprenderà, dopotutto.-
-Mi fa piacere- commentò Damian -Davvero.-
Rimasero a guardarsi per qualche istante, occhi negli occhi, verde scintillante contro l'azzurro di un cielo di primavera. Per un breve momento, tutto ciò che li circondava, sembrò svanire nel nulla, volare via, fuori da quell' aereo. Anche i suoni giungevano ovattati, quasi fossero lontani, anzi...lontanissimi. Si sentirono come otto anni prima, quando si erano incontrati, su quella spiaggia hawaiana ed erano stati attratti, fisicamente, l'uno dall'altro. Erano stati insieme per poco, giusto quei mesi estivi, nei quali, però, si erano amati intensamente e senza risparmiarsi.