35. E' proprio vero che a volte ritornano

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In tutta la mia vita, ogni volta che le cose iniziavano ad andarmi bene, è sempre successo qualcosa di diametralmente opposto,  che mi ha riportato giù, nella melma della sfiga. 

Alle superiori c'è stato un periodo in cui ero la ragazza più carina e corteggiata di tutta la scuola, avevo un ragazzo - che consideravo il mio principe azzurro - un sacco di amiche che mi giravano intorno e volevano i miei consigli di moda e voti abbastanza alti da non suscitare alcun problema a casa. 

Quando però iniziai a pensare la fortuna finalmente girava dalla mia parte, mi ruppi una gamba cadendo dalle gratinate della palestra, fui costretta a rimanere all'ospedale il giorno del mio compleanno e i miei genitori, preoccupati per la mia salute, mi vietarono di andare al ballo di fine anno.

Così il mio ragazzo ci andò con un'altra. Una cerca Beverly, che all'epoca era praticamente la mia acerrima nemica. Ed io passai tutta la serata a deprimermi davanti alle foto dei miei amici postate su facebook. 

Poi sono cresciuta, sono partita per gli Stati Uniti e sono andata al college. Ho conosciuto un ragazzo, bello, intelligente e carismatico. Tra di noi le cose andavano più che bene. Siamo andati perfino a convivere e dopo cinque anni lui mi ha perfino chiesto di sposarmi. 

Vi ricorda qualcosa vero? Bene, così mi evito di raccontare il finale catastrofico di quest'altra storiella. Il punto è, che la fortuna dalle mie parti se passa lo fa solo per qualche attimo fuggente, poi si volta e se ne va ancheggiando e sculettando come una qualunque. 

E nonostante ormai avrei dovuto capire il meccanismo, non riuscii proprio a prevedere cosa sarebbe successo. Perché da quando ero andata a vivere dai ragazzi, la mia vita aveva sì preso una strada diversa da quella che mi ero immaginata, ma per me era stata una svolta positiva. 

Ero felice, come non lo ero mai stata veramente e senza troppe complicazioni dovute a un relazione amorosa. E per questo sarei dovuta rimanere sull'attenti, pronta ad affrontare il disastro che, sapevo benissimo, avrebbe bussato alla mia porta. 

Allora perché rimasi sorpresa quando una mattina andai ad aprire proprio al portone di casa e mi ritrovai davanti la faccia strafottente e perfetta di Daniel? Riuscì ad intravedere dal suo sguardo una punta di disapprovazione, un po' come mi guardava mio padre quando da bambina rubavo tutte le caramelle e mi nascondevo per mangiarle. 

Ma il mio primo pensiero fu che non avevo più scampo. Che la favola era finita. Che purtroppo sarei stata costretta ad affrontarlo, a meno che prendessi in considerazione l'idea di sbattergli la porta in faccia e rinchiudermi per il resto della vita nell'appartamento. Perché ero sicura che non si sarebbe arreso, a costo di restare davanti alla porta tutto il giorno. 

"Ciao, Alice" furono le sue prime parole. Devo essere sincera, in quelle settimane avevo immaginato più volte il nostro incontro. Nei minimi dettagli aveva previsto ogni genere di dialogo, tra me e lui. Ma non mi ero aspettata un semplice saluto. 

E presa alla sprovvista, risposi con l'unica cosa che in quel momento mi venne in mente: "Come hai fatto a trovarmi?" Sono sicura che si mi fossi guardata allo specchio in quel momento avrei visto una versione di me sconvolta, con la bocca aperta e gli occhi da pesce lesso, perché era proprio così che mi sentivo.

Come se un urgano mi avesse portato via la casa e tutti i miei averi. Come se mi ritrovassi all'improvviso su una zattera di legno nel bel mezzo dell'oceano. Come se mi avessero appena dato un ceffone in faccia. Insomma avete capito. 

Per tutto quel tempo mi ero praticamente nascosta, trincerandomi di fronte al fatto che avrebbe mai potuto incontrarmi essendo Chicago una grande città. Di certo non mi aspettavo che bussasse proprio alla mia porta. Magari potevo rischiare d'incontrarlo al supermercato, o per strada, ma non davanti casa mia. 

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora