48. Anche i wedding planners hanno i loro Oscar

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Mi sentii immediatamente meglio dopo aver rinunciato al mio abito. Un po' mi dispiaceva ma mi ero tolta un grosso peso dal cuore.

Ero praticamente rinata, più vispa e allegra. Un'altra Alice Campbell. E questo no. Sfuggì a tutti i miei amici.

Perfino Holly si rese conto del cambiamento, forse proprio perché andavo a lavoro con un grosso sorriso in volta e, il più delle volte, canticchiavo.

Mi fissava di nascosto, o meglio credeva che io non la potessi vedere. La sua espressione, sull'attenti sembrava quella di una guida turistica nella savana abituata ad avere a che fare con i leoni tutti i giorni.

"Ti vedo allegra, sono contenta", commentò dopo ore di silenzio, prendendo finalmente il coraggio.

Apro una parentesi. Non sono un capo cattivo o pressante, di sicuro non sono in grado di mettere soggezione - anche a causa dei miei lineamenti dolci - però sono molto precisa nel mio lavoro.

Quello che io chiamo atteggiamento professionale però a volte viene scambiata per fissazione. E forse, nel corso dei mesi lavorativi, devo aver perso le staffe qualche volta. O più probabilmente o dato di matto, perché altrimenti non sarei in grado di spiegarmi la titubanza di Holly.

"Diciamo che ho deciso di vedere le cose da un'altra prospettiva", se ci fosse stata Grace lì con noi mi avrebbe senz'altro presa in giro affermando che avevo avuto una crisi mistica.

Holly invece affermò, più fra sé che rivolta a qualcuno in particolare: "Cosa vorrà dire lo sai solo tu".  Ignorai palesemente le sue parole perché ero troppo felice per farmi condizionare da chiunque, perfino dalla mia assistenza.

Scrollai le spalle indifferente e tornai al mio lavoro, più positiva del solito. Accolsi durante tutta la giornata tre coppie che volevano farsi assistere da me per il loro giorno importanti, e lo feci sempre con un sorriso a trenta due denti. 

Essere felici, o apparire felici, era un buon biglietto da visita per la mia piccola impresa e la prova fu proprio tutte quelle persone che uscirono dal mio ufficio soddisfatti e con un contratto in mano. 

Per questo, alla terza coppia che uscì dopo avermi dato un prosperoso acconto, mi rivolsi alla ragazza, indicando con un dito il mio enorme sorriso: "Visto? Questo funziona con i clienti".

Lei mi fissò per qualche istante, non proprio convinta fino in fondo, e aggiunse, con una punta di sarcasmo che la distingueva sempre: "Certo, perché sembri una piccola psicopatica... Sono spaventati, perciò firmano".

La incenerii con il mio sguardo affilato - più o meno - e mi apprestai a preparare la mia vendetta nei suoi confronti. Devo essere sincera, mi piace essere il capo di me stessa ma mi piace ancora di più essere il capo di qualcuno. 

Quella sensazione che ti da il potere di dire a qualcuno cosa fare o cosa no, non ha prezzo. E mi godetti a pieno quel potere. 

Presi tre faldoni pieni di informazioni sulle tipologie di colori e fiori, me li caricai sulle braccia - erano davvero pesanti - e mi alzai con un'espressione sadica sul volto. 

Holly era troppo impegnata a fissare lo schermo del computer per rendersi conto che mi stavo avvicinando inesorabilmente a lei con la mia arma stretta a me. Saltò sulla sedia quindi quando lasciai letteralmente cadere le cartelle sulla sua scrivania, causando un tonfo sordo. 

In ufficio non c'era mai molto rumore, a parte le nostre voci, perciò il suono echeggiò in tutta la stanza e riuscii ad assaporare a pieno quel momento. Soprattutto quando si voltò, bianca in volto per lo spavento appena ricevuto e mi fisso come a volermi uccidere. 

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora