2. Il Bolide di Jo

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Per tutto il tragitto dalla stazione di servizio all'appartamento di Jo cambiai idea sulla mia sconsiderata decisione almeno cento volte.

Mi domandai che cosa mi era saltato in mente di salire in macchina - aveva insistito affinché andassi con lui con la scusa che non ero in condizioni di guidare- con uno sconosciuto e viaggiare verso una casa altrettanto piena di sconosciuti.

Mia madre mi ripete sempre che sono un po' pazza, in senso buono, ma questo mio gesto superava ogni follia che avessi mai fatto in tutta la mia vita. Compreso quando a sedici anni ho mangiato la spazzatura per poter vincere una scommessa. 

E se quei tre ragazzi fossero stati dei serial killer professionisti? Sarei finita a pezzi nel loro armadio, dimenticata da tutti perché non avevo avuto la saggia decisione di restarmene in quella tavola calda. Senza un tetto ma pur sempre viva. 

"Bello il tuo bolide, ha per caso assistito all'assassinio di Lincoln?", colmai quel silenzio imbarazzante - l'ho già detto che odio i silenzi?- guardandomi intorno.

Quando sono nervosa tendo a dire cose senza senso e a usare parole strane come 'bolide', ma c'è da dire a mia discolpa che l'auto - chiamarla così era quasi un oltraggio a tutto il genere - aveva sicuramente visto tempi migliori.

Faceva uno strano rumore, simile ad un gatto strozzato che sta morendo lentamente, ogni qual volta cambiava marcia e quando provai ad accendere l'autoradio, del fumo nero e puzzolente ci investì. 

Di vetture prossime alla fine, che continuavano ad esalare i loro lenti respiri, condotte allo stremo dai loro proprietari, ne avevo viste tante ma credo che il 'bolide' di Jo le superava tutte.

Quella di mio zio Josh, per esempio, non ne voleva proprio sapere di muoversi durante i giorni di pioggia. Fortuna che dove sono cresciuta io la siccità la fa da padrona. 

La parte che trovai più esilarante di quel viaggio traballante - riuscivo quasi a sentire l'asfalto sotto i piedi - fu l'espressione di Jo, assorta e pensierosa, come se ci fosse anche solo bisogno di capire le mie parole.

Non era ovvio anche a lui che la sua macchina era un rottame? A quanto pareva no, perché dovetti aggiungere: "La paga da pompiere è talmente bassa che non puoi permetterti una macchina decente?". 

Giuro che di solito non sono un tipo così criticone. Sono una ragazza di campagna, cresciuta tra le mucche, la puzza di escrementi e le zanzare assassine. Ma so tirare il peggio di me quando sono agitata, o quando sto per andare a vivere con tre ragazzi che non ho mai visto.

Con la mia seconda affermazione lui comprese, glielo lessi negli occhi, e lo interpretai anche dalla sua risposta. Invece di offendersi, come avrebbe fatto qualsiasi maschio di fronte ad una donna che offende la sua vettura, sorrise. "No, mi pagano abbastanza bene... è solo che a Jolly ci sono affezionato". 

"Jolly?", chiesi, dopo aver ascoltato attentamente ma comunque sentendomi di aver perso un pezzo della conversazione. Oppure c'era qualcosa che non sapevo.

"Jolly è la mia macchina", si affrettò a spiegare Jo, con una tale naturalezza che, a quanto pare, per lui era normale chiamare per nome una macchina. L'ho sempre detto io, che gli uomini sono fissati con i loro giocattoli. 

Avrei potuto fingere che non fosse una cosa strana per me, ma proprio non so fingere. Devo per forza dire la mia, anche se a volte sarebbe più opportuno tacere.

"Hai dato un nome alla tua macchina?", scandii bene ogni parola, per accentuarla ed enfatizzare il fatto che per me non fosse una cosa così comune. Io sono pazza, lo dice anche mia madre, ma non ho mai fatto una cosa del genere.  È capitato che chiamassi i miei peluche con nomi da prostitute, ma non ho mai dato un nome stupido a un'automibile. C'è una bella differenza, no?

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora