63. Non c'è limite allo stupore

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Il giudice non aveva apprezzato molto il comportamento dei nonni di Emma, perciò aveva stabilito che, fino alla fine della causa, la bambina sarebbe dovuta stare con il padre.

Per non sconvolgere troppo la sua vita, però, aveva comunque permesso ai nonni di poterla vedere tutte le volte che volevano e di poter stare con lei tutti i weekend.

Ero contenta per Gregor, che finalmente poteva passare del tempo con la figlia, ma non potevo non essere in pensiero per quella povera bambina.

Mi chiedevo se il giudice sarebbe stato convinto anche al termine delle sue indagini. E se così non fosse stato, Emma sarebbe stata costretta di nuovo a trasferirsi per tornare dai nonni. 

Troppi cambiamenti per una giovane ragazzina che, comunque, sembrava affrontare tutto in modo molto maturo. 

Devo essere sincera, io non credo che sarei stata in grado di restare così calma. 

Ero nella stanza di Vince, ad aiutarlo con il suo outifit, quando Emma entrò a casa.

"No, Vince, quei pantaloni proprio non vanno bene..." mi opposi alla scelta completamente fuori stile del ragazzo che, evidentemente, non aveva il senso il gusto.

In evidente agitazione per l'imminente appuntamento, si era provato tutto il suo armadio. Era improvvisamente diventato peggio di una ragazza. 

Nella sua stanza sembrava essere scoppiata una bomba caricata con abbigliamento da nerd. Una maglietta era perfino finito sul lampadario, non so come.

Sconfitto il ragazzo mi guardo, con la stessa espressione di un condannato a morte: "Lasciamo stare, non ci vado".

Si stava arrendendo, anzi, si era già arreso. Ed io non potevo permetterlo.

Mi alzai dal suo letto, che ormai sembrava il cimitero degli abiti demodé, mi avvicinai a lui con una strana sicurezza nella voce.

"Non se ne parla proprio, non dai buca ad una donna", evitai di fissare di nuovo l'orologio, sapendo già che era in ritardo. 

L'ho già detto che sembrava una donna? Ecco, aveva ereditato anche la propensione ad arrivare agli appuntamento con un leggero ritardo.

Per infondergli un po' della mia sicurezza, gli mise le mani sulle spalle e lo costrinsi a guardarmi mentre ripetevo: "Sta sereno, andrà tutto bene", come se fosse un mantra.

Forse avrei dovuto scegliere la carriera di motivatore - se può essere considerata tale - perché alla terza volta, Vince parve convinto tanto che si decise a ripetere le stesse parole.

Fu in quel momento che sentimmo delle voci, proveniente dal soggiorno, e, non volendo perderci niente, uscimmo in corridoi per osservare meglio.

Come piccoli topolini ci accostammo al muro, sperando di non essere notati e, nello stesso istante, anche Jo fece capolino dalla sua camera.

Così di corsa che si scordò di avere ancora il gesso e per poco non cadde a terra, come un imbranato. Vince gli lanciò un'occhiataccia assassina, mentre io faticai a non ridere.

Ma per nostra fortuna gli ospiti non si accorsero della nostra presenza, troppo impegnati nelle loro faccende personali. Dubito che il nostro coinquilino un po' brontolone non si fosse accorse di niente, solo fu abbastanza discreto da non farcelo capire.

Da dove eravamo era possibile vedere solo una parte del soggiorno, ma quel tanto che bastava per scorgere Emma praticamente in mezzo a due fuochi.

I nonni, con la loro postura impettita, se ne stavano dritti e freddi. Lui teneva in mano due borse che, con tutta probabilità, dovevano contenere le cose della bambina.

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora