Stavo sognando, un bel sogno credo. Ma nel sottofondo un rumore piuttosto familiare mi disturbava.
Brontolando e lamentandomi mi rigirai nel letto cercando di capire da che parte veniva io rumore.
Mi strofinai gli occhi con il dorso della mano e nel completo buio cercai a tentoni di accendere la luce, inutilmente.
Nel frattempo quel fastidioso rumore continuava a persistere e finalmente riuscii ad identificarlo. Era il mio cellulare.
Lo presi al volo, senza rendermi conto di che ora era e senza neanche guardare il nome sullo schermo. Ero pronto a rispondere a monosillabi per poi riattaccare.
Ma non feci neanche in tempo ad aprire bocca che dall'altra parte una voce squillante e urlante.
"Greeeeeeegor", allontanai immediatamente il telefono dall'orecchio per il rischio di perdere un timpano e strizzai gli occhi.
Il tono alto mi aveva dato una scossa anche se mi sentito ancora più nel mondo dei sogni che in quello reale.
"Alice? Sei tu?", chiesi riavvicinando il telefono. Non ero del tutto sicuro perché la sua voce era leggermente impastata ed acuta, tipica di una persona che ha appena esagerato troppo con l'alcol.
In risposta ottenni una risata e: " Shhhhhhh, non urlare". La situazione sarebbe stata anche comica, ma non ero dell'umore giusto per riderci su.
"Non sto urlando, sei tu che strilli come una pazza", le feci notare, ben consapevole che in quelle condizioni probabilmente non mi stava neanche a sentire.
E infatti scoppiò di nuovo a ridere di nuovo e a parlare a vanvera. Non sono un granché bravo con la gente ubriaca e non sapevo proprio come comportarmi.
Guardai di sfuggita l'orologio della sveglia digitale e quasi mi prese un colpo del constatare che erano le cinque e mezza del mattino.
Un po' scocciato per la situazione, cercai di attirare la sua attenzione e farla stare zitta per chiederle: "Alice, c'è qualche problema?".
Calò un silenzio assoluto, anche se in sottofondo era possibile sentire la musica alta e il vociare degli altri clienti.
Iniziai perfino a preoccuparmi che fosse svenuta quando finalmente rispose: "Non mi ricordo dove sono".
Un'affermazione del genere, fatta ad un'ora indecente come quella, poteva mandare in confusione chiunque per questo aggrottai la fronte.
"Vuoi dire che ti sei persa?" cercai di fare chiarezza nelle sue parole perché ero ancora mezzo addormentato e il cervello non funzionava ancora al cento per cento.
Per la terza volta la sentii scoppiare a ridere, come un'ossessa, mentre io me ne stavo lì a cercare di capire che cosa stava succedendo.
"Ma nooooo... Non mi sono peeersa, solo non ricordo dooove sono", biascicò a fatica, puntualizzando senza senso.
Si era persa, questa era la pura verità. Ma non avevo ancora capito perché aveva chiamato me: "Le tue amiche sono in grado di riportati a casa?".
Le palpebre iniziavano a cedermi e i nervi si facevano sempre più tesi. Ero sicuro che non sarei riuscito a sopportare un'altra di quelle sie risatine isteriche senza urlare contro.
E la sua risposta mi fece esasperare ancora di più: " Sono sola", non sembrava neanche dispiaciuta, l'alcol gli impediva di capire la gravità della situazione.
"Ma non sono tanto lontana, ne sono sicura perché sono venuta a piedi... Credo".
Le sue parole, impastate e un po' incerte, non mi davano per niente la sicurezza che avrei dovuto avere. Presi un lungo respiro e cercai di riflettere.
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I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)
ChickLitPrimo libro Alice, prossima ai trent'anni, wedding planner con la passione per gli abiti vintage e un po' eccentrica. Avendo tutti i giorni a che fare con spose, altari e anelli, sogna il s...