3. Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino...

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L'appartamento, situato al quarto piano, era raggiungibile solo attraverso ripide e strette scale, perfino un po' cigolanti. Chi aveva progettato il palazzo non aveva ritenuto opportuno piantarci un ascensore che, in quel caso, sarebbe stato molto comodo. Soprattutto per il povero Jo che si offrì di portare il mio borsone fin sopra all'ultimo piano. Non sono riuscita a dirgli di no.

Nonostante negli ultimi quattro anni avevo abitato del loft di Daniel, il mio fidanzato, non ero affatto impreparata alla vista di quel casolare stile fabbrica nella quale sarei andata a vivere. Mi ricordava perfino il primo appartamento in cui avevo abitato non appena arrivata a Chicago. Esclusa l'aria stantia, le pareti scostate e la ringhiera delle scale arrugginita, poteva perfino sembrare bello. Di sicuro aveva un suo stile, vecchio stile aggiungerei.

Ma non mi tirai giù di morale perché anche se il palazzo non sarebbe mai entrato nella rivista 'migliore costruzione abitativa dell'anno', ero fiduciosa che un ragazzo come Jo non poteva dormire in una discarica. Era un tipo semplice, ma allo stesso tempo mi dava l'idea di un ragazzo ordinato e con la testa sulle spalle.

Ebbi ancora una volta il tempo di pensare alla cazzata che stavo facendo, proprio davanti alla porta color rosso sbiadito, con il numero 4A in ottone e la vernice leggermente rovinata proprio al centro. Come se qualcuno si fosse messo a grattarla in quel preciso punto. Ma quando Jo aprì la porta, con un perfetto equilibrio e senza far cadere il mio borsone, mi resi conto che tornare indietro sarebbe stato pressoché impossibile. Così mi feci coraggio, contai fino a dieci, presi un grosso respiro ed entrai nella gabbia dei leoni.

Una gabbia che alla prima occhiata mi sembrò proprio come ci si immagina un covo pieno di testosterone. La prime cose che notai infatti furono una televisione così grande da poter competere con lo schermo di un cinema, una console con una pila di video giochi lasciati a terra e un sistema Dolby soround così grande che occupava tutta una parete. Non mi stancherò di dirlo, i ragazzi e i loro giocattoli.

A parte tutta quella tecnologia, neanche fossimo al centro della Microsoft, la casa non mi sembrava molto disordinata. Per una come me, poco amante delle pulizie, era perfino pulita. Diciamo la verità, sono sempre stata un po' disordinata ma uno di quei casi all'interno del quale trovo sempre tutto. A parte le chiavi della macchina, quelle non le trovo mai.

Notai con orrore l'arredamento, neanche degno di quel nome. Un accozzaglia di vari stili, antico, molto antico e usato che non aveva molto senso. Amo il vintage e la mia prima casa da single l'avevo arredata con mobili presi al mercatino delle pulci, quindi so cosa significa il fascino del vecchio. Ma quello che quei ragazzi avevano accostato, o meglio piazzato alla rinfusa, era orrendo alla vista.

Ma siccome avevo già fatto la figura della stronza in macchina, decisi di restare in silenzio, mordendomi un labbro per evitare di dire qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Dall'entrata riuscivo a vedere solo il salone e la sala da pranzo, e avrei tanto voluto non vedere il resto.

Sul divano della nonna, a tinte floreali, sedeva un nerd troppo cresciuto. Ma per intenderci, un nerd molto carino. Capelli un po' lunghi a sfiorargli le spalle, disordinati, e con una frangia che gli copriva quasi un occhio. Indossava jeans strappati e una felpa con il nome di un videogioco sopra. Dal suo modo di vestire, e da come inveiva diretto allo schermo della televisione, sparando a zombie impazziti con il suo joystick, sembrava un'adolescente. Ma, ad un occhiata più attenta si poteva capire che aveva più o meno la mia stessa età. Non so perché, ma lo trovai adorabile.

Si accorse quasi subito di noi strano visto che sembrava così preso dal suo gioco, e quando mi vide fece una faccia strana. Non mi sembrava del tutto contento, ma cercò di mascherare la sua reticenza con un sorriso quasi indagatore. "Ciao", esordì, avvicinandosi e osservando prima me e poi il borsone che Jo ancora teneva stretto, come se avesse paura che mettesse le gambe e sfuggisse.

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora