52. Dannata boccaccia

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Ci eravamo tutti tranquillizzati dopo il risveglio di Jo. I suoi genitori erano finalmente tornati a casa e noi tre facevamo i turni per andare a trovarlo all'ospedale.

Era il pomeriggio di Vince e Gregor aveva intenzione di andare a fare la spesa.

Non volendo restare a casa da sola, ed essendo curiosa di sapere il metodo che usava Gregor al super mercato per scegliere i prodotti, usai tutte le mie abilità di persuasione per convincerlo a portarmi con sé.

Lui non moriva dalla voglia di avere compagnia perché, come dice sempre, preferisce andare a fare la spesa da solo.

Ma alla fine fu costretto a cedere di fronte alle mie suppliche e si lasciò perfino andare ad un sorriso quando mi vide saltare di gioia dalla contentezza.

Una parte di me era curiosa di scoprire perché Gregor non voleva compagnia durante le sue uscite. Mentre un'altra sperava di poter scoprire cose banali, ma per sempre affascinanti, sull'uomo.

Tra le corsie del super mercato Gregor si muoveva con sicurezza, quasi fosse la sua seconda casa.

Sapeva già cosa voleva comprare e andava a colpo sicuro, camminando spedito e fermandosi raramente.

Io invece mi guardavo intorno come una bambina in un negozio di dolciumi aspettandomi di farmi ispirare da qualche alimento in particolare.

Solo quando fummo a metà del lavoro mi resi conto che avevo una missione ben precisa e quindi gli chiesi: "Qual'è il tuo colore preferito?"

Lo avevo fatto senza pensarci troppo, per pura curiosità, ma quando lui mi guardò scettico e titubante, ebbi quasi il dubbio di essere stata un po' infantile.

Chi chiede a un uomo di trent'anni e passa quale sia il suo colore preferito? A quanto pare io.

Prendendo da uno scaffale una scatola di biscotti al cioccolato - i preferiti di Vince - rispose assorto: "Non ci ho mai pensato veramente".

Avrei dovuto aspettarmi una risposta del genere da uno come Gregor. Eppure non ne fui contenta.

"Tutti hanno un colore preferito", mi lamentai con una smorfia, passando accanto a lui e infilando all'interno del carrello i con flakes che mi piacevano.

"E se ti dicessi che non ce l'ho?", azzardò fissandomi con la coda dell'occhio. Non riuscendo a capire se stava scherzando oppure no, affermati con convinzione: "Ti direi che sei alieno".

Ciò gli strappò uno di quei suoi sorrisi sinceri e rari che mi fecero gongolare dalla gioia. Qualche settimana prima aveva detto che gli piacevo proprio per la mia capacità di divertirlo, e come al solito non aveva mentito.

"E tu che cosa risponderesti?" mi chiese inerente alla domanda che gli aveva fatto prima. "Rosa", la mia risposta lo fece voltare di scatto dalla mia parte, ignorando palesemente il pacco di merendine che aveva deciso di prendere. 

"Chissà perché non mi stupisce", notai una certa vena d'ironia che mi sorprese. Raramente Gregor scherzava su qualcosa ma evidentemente lo mettevo così a suo agio da permettersi di prendermi in giro un po'.

"Che cosa vuoi dire?" gli chiesi più perché ero curiosa di capire che cosa pensava di me che per altro. Non ci rimasi mali quando lo sentii affermare: "E' un colore da femmina. E se penso ad una piccola Alice alle elementari, me la vedo tutta fiocchetti e smancerie".

In quel momento non riuscii a capire se restare sorpresa per il fatto che aveva indovinato un aspetto fondamentale della mia infanzia, oppure perché nel tempo libero pensava a me quando ero una bambina. Chiamatemi pure scema ma la trovo una cosa molto carina.

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora