46. Quando è meglio restare a casa ed evitare momenti imbarazzanti

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Con Brandy non avevamo più parlato di uscite imbarazzanti e coinvolgimenti emotivi. Però ci eravamo visti altre volte, solo e unicamente per organizzare il matrimonio che ormai stava assumendo sempre di più tinte strane e bizzarre.

Per questo non mi stupii nel ritrovarmi in una boutique per abiti da sposa, alla ricerca del vestito giusto senza però la diretta interessata. Già mi sembrava assurdo che una donna lasciasse i preparativi al testimone, ma che addirittura si fidasse a prendere una decisione così importante.

Non avrei il coraggio di far scegliere a nessuno una gonna che poi sarei costretta a mettermi, figurarsi se potrei stare tranquilla ad indossare un abito non comprato da me il giorno del mio matrimonio.

Ci sono troppe variabili da tenere in considerazione. E se poi le misure sono sbagliate? E se quel particolare modello non sta bene alla sposa? O peggio, se proprio non le piace? Si ritroverà per tutto il giorno più importante della sua vita con indosso l'abito sbagliato.

Io non avrei rischiato per niente ma visto che il matrimonio non era il mio, mi ritrovai ad assistere alla scena più buffa che avessi mai visto in quegli anni da wedding planner. Brandy, in mezzo ad un mare di abiti bianchi di ogni genere che, perplesso, li guardava come se fossero esseri a tre teste.

E io mi sentivo ancora più fuori posto perché, non conoscendo la sposa, non sapevo proprio come aiutarlo a scegliere quello giusto. Per questo me ne stavo seduta in disparte, ma abbastanza vicina da potermi godere la visuale e lo osservavo prendere in considerazione vestito dopo vestito.

Li tirava su, si votava verso lo specchio e, credo, cercava d'immaginarsi la donna al posto suo per vedere l'effetto generale. Il tutto seguito attentamente dalla commessa che, in piedi vicino ai camerini, guardava Brandy con timore malcelato e qualche volta anche me, cercando una certa complicità.

Potevo solo immaginare che cosa stava pensando e capivo profondamente la confusione che provava davanti a quella scena. Lavorando in un negozio di abiti da sposa naturalmente ne aveva viste di tutti i colori, ma probabilmente quella le superava tutte.

"Non credo ne usciremo fuori, non so proprio da dove cominciare", ammise Brandy dopo una buona mezz'ora. Iniziavo a pensare che saremmo rimasti lì tutto il giorno, perciò sospirai di sollievo e cercai di convincerlo: "Forse è meglio se lo sceglie la sposa".

Speravo vivamente di non dover restare ancora a lungo in quella boutique, che tra l'altro era la stessa dove avevo preso il mio di abito da sposa. Come se in tutta la città ci fosse un solo negozio di abiti da sposa.

Nella sfortuna però ero anche stata fortunata nel non incontrare la stessa commessa che aveva servito me, evitandomi così una chiacchierata davvero imbarazzante.

Ma Brandy, invece, sembrava non avere nulla da fare tutto il giorno e di certo non aveva la mia stessa urgenza di uscire da quel posto: "Non posso andarmene senza un vestito, però", fu la sua obiezione.

Mi faceva un po' pena, devo dire la verità, e forse per questo che ho cercato in tutti i modi di aiutarlo. Sembrava un pesce fuor d'acqua, in mezzo a tutti quei tessuti, ma non aveva l'aria di uno che si vergogna.

Sicuramente i miei coinquilini non avrebbero avuto il suo stesso atteggiamento finto tranquillo, ma sarebbe impazziti di fronte a quello scenario che per un uomo è peggio di un'apocalisse.

"Potresti farti aiutare da una modella", provai a dire senza rendermi conto di quello che gli stavo offrendo. Nel negozio le uniche donne eravamo io e la commessa e la paura che puntasse sul mio aiuto quasi mi spinse a ritrattare, o fingere di essermi espressa male.

Lui fissò prima me e poi la commessa, non notando la paura negli occhi di entrambe e prendendo sul serio le mie parole. Anzi, il suo volto s'illuminò, come se avesse appena avuto un'idea geniale.

I disastri di Alice (Ex La nuova coinquilina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora