Capitolo 7

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Da piccolo mia madre mi raccontava le solite favole della buona notte. Si sedeva sullo sgabello di fianco al mio letto e, con un sorriso stanco dovuto all'impegnativa giornata passata dietro ai vari pazienti, iniziava a leggermi una storia in cui un principe s'innamorava di una principessa e doveva uccidere il drago del castello. Oppure quella del ragazzo mostro, che non era accettato da nessuno ma che alla fine riesce a diventare amico di tutta la cittadina salvando un suo amico da un incendio. Dopo tutte quelle favole che mia madre era solita raccontarmi, lei aggiungeva sempre la frase "Ama chi ti saprà accettare, Harry. Innamorati di quella persona il cui sguardo ti fa sognare di essere al sicuro, la persona i cui passi la porteranno sempre tra le tue braccia, quella ragazza che ti ha colpito dal primo istante in cui l'hai vista. Ama chi ti amerà per ciò che sei, Harry" e dopo queste parole chiudeva il libro, si alzava dallo sgabello e si dirigeva verso la sua stanza. Troppe notti avevo passato sveglio, con il profumo dei pini che subentravano dalle finestre e lo stereo acceso che riproduceva 'Words of love' dei The Beatles, a pensare al giorno in cui mi sarei innamorato di una ragazza. La immaginavo in ogni modo possibile ed inimmaginabile, trovandola bellissima in ogni sua forma. Ero piccolo ed indifeso, perso tra le fantasie che il mondo mi offriva, mentre ora sono quella persona che una volta avrei evitato di essere. Un ragazzo che si mostrava presuntuoso e sfacciato con qualsiasi ragazza gli girasse intorno, colui a cui nessuna saprebbe resistere. Nessuna era mai riuscita a tenermi testa e non era l'ora di iniziare a farsi mettere i piedi sul capo, non oggi, mai.

La vidi percorrere l'intera stanza fino a noi con un passo così attento e concentato, che se avessi voluto prenderle solamente una mano mi sarei sicuramente ritrovato steso sul pavimento freddo.

Sul suo viso era impresso un sorriso furbo, sotto al quale potei facilmente notare una nota di malinconia. Sicuramente mi stavo sbagliando. Una ragazza così bella e sicura di sè non avrebbe potuto mai nascondere un punto debole con così poca attenzione. Lo vedevo nei suoi occhi, lo vedevo nel suo passo così sicuro ma incerto allo stesso tempo, lo vedevo nel modo in cui sorrideva, perchè quel suo sorriso a parer mio nascondeva una malinconia infinita. Ma mi stavo solo sbagliando.

Si sedette sulla poltrona di fianco alla mia, accavallando le gambe in un modo così sensuale che dovetti mordermi il labbro inferiore per non osare nel dire qualcosa di troppo. I suoi capelli castani le incorniciavano il viso, ricadendole dolci sulle spalle. La guardai a lungo, non riuscendole a togliere gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, attratto da quella sua bellezza così rara quanto aggressiva. Giurai di non aver mai visto in vita mia una ragazza che mi avesse attirato così tanto, facendomela desiderare dal primo all'ultimo secondo in cui l'ebbi vista.

La sua pelle candida era macchiata da qualche neo, le sue gambe erano fasciate da quelle calze nere, che in quel momento avrei desiderato si strappassero per lasciarmi intravedere la sua pelle chiara, ai piedi portava delle vans a scacchi bianchi e neri. Aveva un'aria così innocente, ma per essere qui non doveva essere poi così ingenua ed innocente di fronte al mondo.

<Guarda chi si vede.> disse divertito Louis guardando la ragazza, che aveva preso una penna tra le mani e ci giocava interessata. <Mio padre ha detto che non saresti venuta, ed invece eccoti, come mai qui?> la ragazza alzò le spalle, dando poca importanza al mio amico e spostandosi una ciocca di capelli castano scuro dietro l'orecchio. Era così bella.

<Come se ti dispiacesse, mio caro Tomlinson.> borbottò buttando la penna sul tavolo e puntando il suo sguardo in quello di Louis. Celeste contro blu. Mare contro Oceano. Tra i loro sguardi, il mio non centrava assolutamente niente.

<Assolutamente no, mia cara Hea.> la ragazza sbuffò al solo suono di quel nome, o forse era semplicemente un nomignolo, che le era stato affibbiato da Louis in modo scherzoso. Quel suono così rude non le si addiceva per niente. O forse si.

The two faces of dangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora