Capitolo 15

162 14 3
                                    

<Julie, posso spiegarti.> quella frase suonò in un modo così irreale da sembrare quasi quella di un film <Non è come credi.> un film che purtroppo, in mia sfortuna, si stava per concludere nel modo sbagliato.
La ragazza indossò in fretta la sua giacca di pelle nera, buttando i capelli rossi indietro e afferrando la sua borsa, per poi avviarsi verso la porta. La raggiunsi, prendendole il polso sottile e stringendolo tra le mie dita affusolate <Stai fraintendendo tutto.> esclamai, guardandola negli occhi lucidi, mentre lei scuoteva la testa lasciando che pian piano le sue lacrime le rigassero le guance.
<Ti stavi per portare a letto una maledetta puttana!> mi urlò contro, liberando il suo polso dalla mia presa e iniziando a spingermi, continuando a maledirmi per quello che le avevo fatto. Avrei tanto voluto dirle che era una stupida, che aveva veramente frainteso tutto e che Heaven era solo una collega. Una collega che avrebbe anche potuto uccidermi se avesse voluto.
Mi lasciai spingere, urlare contro, colpire da Julie finché le sue labbra non esalarono un ultimo debole sospiro, mentre le lacrime continuavano a rigarle le guance e lei chinava stanca il viso verso i suoi piedi. <Io mi fidavo di te.> sussurrò in fine, lasciandomi un dolore dentro che sembrava più compassione che rimorso.
Mi avvicinai cauto a lei, alzandole il viso con due dita e lasciando che i miei occhi intrappolassero i suoi, così scuri in quel momento da sembrare un tunnel senza fine. Lasciai che le mie labbra sfiorassero le sue, aspettando una sua reazione negativa o un rifiuto, il quale non arrivò. Mi spinsi così più a fondo, premendo le mie labbra contro le sue e assaporando il suo sapore dolce. Percepii una sua mano sulla mia guancia, spingendosi verso la mia nuca e stringendo i miei capelli tra le dita. Afferrai di colpo la sua vita, avvicinando il suo corpo al mio e approfondendo sempre di più quel bacio. In quel momento volevo solo lasciare da parte la giornata passata e Julie era l'unica a potermi aiutare in quell'impresa. Non potevo lasciarla andare, non in quel momento, poiché lei era la mia distrazione, la mia via di fuga dal mondo. <Non andare.> sospirai sulle sue labbra calde <Potresti pentirtene.> la provocai, sorridendole e sfidandola con gli occhi.
I suoi brillarono di una strana luce. Si sentiva la cacciatrice, si sentiva quella a condurre i giochi. Ma non sapeva che in quel momento lei era solo la preda.
E nel mentre che i nostri corpi si univano, le sue parole continuavano a sfiorarmi la mente, come un soffio, come un vento gelido e pronto a spazzare via qualunque cosa sul suo cammino. Un uragano pronto a distruggere, a distruggermi.
"Non devi pentirti mai delle tue scelte"
Ero consapevole del fatto che lì, l'unica cacciatrice da temere era lei. Lei la cui voce era entrata nella mia mente, tenendola prigioniera dal resto del mondo che mi circondava.

Il giorno seguente fui svegliato dalla luce dei raggi che passavano attraverso le tapparelle della finestra e che lasciavano intravedere la polvere che svolazzava per la stanza.
Sdraiato su un fianco, sentivo il mio cuore battere contro la schiena di Julie, nuda e marchiata da segni rossi. I suoi rossi capelli ricci mi solleticavano il viso, facendomi arricciare il naso e strabuzzare gli occhi ancora chiusi, mentre continuavo a tenere il mio braccio intorno ai suoi fianchi, stringendola a me delicatamente. Gli eventi della notte scorsa mi avevano sconvolto, lasciando la mia mente piena di dubbi e domande irrisolvibili. Vedere Julie con le guance rigate dalle lacrime e pensare che fossi proprio io la causa di esse, mi aveva lasciato con un senso di colpa addosso e mi aveva fatto aggrappare ancora di più al pensiero che in quel momento avessi maledettamente bisogno di lei e delle sue attenzioni. Era l'unica persona, oltre a Louis, a saper capire me e le mie esigenze mutevoli. Non potevo pensare di lasciarla andare così come se niente fosse, pur sapendo che il mio tempo passato con lei aumentava ancora di più un sentimento incoltivabile nei miei confronti e che questo sentimento sarebbe stato la sua rovina. Conoscevo Julie dalle elementari, quando era ancora una piccola bambina minuta e nascosta da una montagna di riccioli rossi. Il suo viso era stato poi occupato da una montatura d'occhiali rossa carminio, la quale le dava un aspetto strambo, e i suoi denti legati dai fili metallici di un apparecchio. Ricordavo ancora le prese in giro nei suoi confronti da parte di altri bambini e le risate alle sue spalle, le quali erano solite provocare le sue lacrime. Con il tempo era cambiata, aveva deciso di cambiare, e con il passare degli anni le prese in giro erano diventate complimenti e persino invidia nei suoi confronti.
Ecco perché, in quel momento tra le mie braccia, decisi di non provocare in lei altro dolore, anche se sapevo di non poterla amare come lei desiderasse, poiché amarla avrebbe reso la sua vita più tormentata di quello che non fosse già ora e questo non potevo davvero permetterlo.
Rimasi a fissarla ancora per qualche minuto, spostandole dal viso le ciocche infuocate, poi mi alzai dal letto, facendo attenzione che non si svegliasse e mi avviai in cucina per preparare la colazione.

The two faces of dangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora