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Punto di vista di Benjamin:

"Benjamin, hai pranzato già oggi?"
La domestica più anziana faceva un po' da mamma a tutti, ormai era da tempo che si reggeva poco in piedi e preferiva restare in cucina "no Elisa, farò più tardi sta tranquilla"
Sorrisi mentre svuotavo la terza cesta della spesa. Non mi pesava tanto lavorare, non da quando la mia mente era troppo impegnata a pensare a Federico, non esisteva più nessun altro, niente mi poteva rubare un minimo di attenzione. "Sei un bravo ragazzo, sai?" Sorrisi "cosa ti ha fatto pensare il contrario?" Chiesi ironico mentre riponevo i sott'aceti nella credenza, Elisa mi guardò per qualche secondo "ti avevano descritto come un perverso, uno che pensa solo.." "dimenticalo" la bloccai, sapevo che le domestiche che lavoravano con me in quella casa avevano saputo di ciò che si dice sul mio conto, e avevo in tutti i modi cercato di farle ricredere "si dicono tante cose, la gente parla in continuazione Elisa, ma nessuno sa niente di nessuno" Elisa annuì "hai ragione, hai davvero ragione" sorrise amaramente per poi continuare a pelare le patate: "sai, Benjamin, un paio di giorni fa sono uscita qui fuori per stendere i panni, avevo troppo male al ginocchio quindi mi sono seduta qualche minuto per riposarmi, ho guardato dentro e ho visto il signorino seduto sul bancone, pensavo avesse bisogno di qualcosa quindi stavo per avvicinarmi, quando poi ho visto te. Stavate chiacchierando normalmente, ho pensato che fosse davvero bello avere un rapporto che andasse oltre quello tra signore e servo, ero felice e stavo per entrare per dirvelo, poi ho visto la luce negli occhi del signorino, credimi, seguo questa famiglia da quando lui aveva più o meno un anno e non mi era mai, e dico mai capitato di vederlo così."
Ingoiai più volte a vuoto, aveva visto sicuramente un nostro bacio, ci aveva visti mentre ci scambiavamo delle effusioni del tutto sbagliate, sarei voluto scomparire.
"E quindi avevo già capito: l'ho visto scendere e avvicinarsi a te con tutta la dolcezza che lo caratterizza, l'ho sentito chiederti scusa per forse qualcosa che aveva fatto ma non doveva essere niente di importante, ha cominciato a lascarti una serie di baci, e credimi non ho mai visto nessuno in tanti anni di vita amarsi un un modo così naturale."
Elisa aveva gli occhi lucidi, io avevo il cuore a mille, forse a duemila e dovevo essere sbiancato molto: da una parte volevo urlare a tutti di voler essere libero di amare, di amarlo, dall'altra volevo sprofondare e desideravo non averlo mai incontrato "stai tranquillo, potresti essere mio nipote, non dirò una parola a nessuno" Elisa sorrise e io spostai leggermente la sedia del tavolo per sedermici, avevo il fiato corto, non sapevo esattamente per cosa, non sapevo cosa dovevo fare e iniziai a giustificarmi senza un apparente motivo "i-io non ho.. i-io non lo farò più, no-non.."
Elisa si alzò e mi prese le mani stringendole tra le sue "Benjamin, Federico è un pezzo del mio cuore" sussurrò "È cresciuto nascondendosi dietro la mia gonna e mangiando dal mio stesso piatto quando il pomeriggio aveva fame e correva giù in cucina fingendo di essere un cagnolino" sorrise con le lacrime agli occhi "Federico che conosci tu, è lo stesso Federico che a 16 anni si chiuse per ore in bagno a piangere perché aveva capito di essere 'strano'. Non mi ha mai spiegato cosa significasse 'essere strano', ma l'ho capito nell'esatto momento in cui aprì la porta." Mi si strinse il cuore a pensarlo soffrire "Federico ha trovato la felicità in te. Ti prego non strappargliela via, resta sempre con lui."

Non ero mai stato egoista nella vita, ma era da giorni ormai che credevo che sarei potuto diventarlo per Federico: avrei potuto per una volta pensare solo a me stesso, a come stavo io quando stavo con lui, avrei potuto chiedergli di fare i bagagli e scappare con me, ovunque, in qualsiasi posto, lui lo avrebbe fatto sicuramente e io sarei stato bene al suo fianco, ma la mia natura non me lo permetteva, e neanche quello che provavo per lui, avrei preferito nonostante tutto vedere il suo sorriso, guardarlo disteso all'ombra degli alberi in giardino, mentre tranquillo contemplava il cielo o leggeva un qualsiasi libro, piuttosto che tenerlo chiuso in qualche posto solo per far felice me stesso. Ammetto che mi sarebbe piaciuto poter uscire in qualsiasi momento e distendermi accanto a lui, magari per carezzargli i capelli che gli si spostavano in ogni direzione o semplicemente per guardarlo negli occhi e chiedergli di restare tutta la vita accanto a me, ma non potevo farlo e non potevo farlo per lui, come sarebbe stato se qualcuno ci avesse divisi per sempre? Dovevo restare al mio posto e spolverare quanto più lentamente possibile la libreria, sbirciando ogni tanto e cercando di non rimanere incantato quando per un qualsiasi motivo sorrideva.
"Resta sempre con lui" mi aveva detto Elisa, sarebbe stato difficile restare sempre con lui se si fosse sposato, difficile, ma non impossibile, e anche se faticavo ad accettarlo e probabilmente una parte di me non ci sarebbe mai riuscita, avrei potuto sopportare -ancora una volta- una donna di troppo.
Tutte le sere mi ritrovavo a chiedermi come fosse iniziato tutto, e soprattutto quando? Quando ho iniziato a perdermi nei suoi occhi? Quando ho iniziato a bramare il suo sguardo su di me? Quando abbiamo cominciato a toccarci senza tremare? Quando ho iniziato a non distinguere più il suo corpo dal mio durante la notte? E se da un momento all'altro fosse svanito tutto con la stessa semplicità con cui era iniziato? Non potevo immaginarlo, Federico non sarebbe andato via dalla mia vita cosi semplicemente, così velocemente.
Federico non sarebbe mai andato via dal mio cuore, perché ne ero completamente innamorato.

Non lo avevo visto quasi tutto il giorno, in realtà lo avevo visto, ma lui non aveva visto me. La cena toccava a Gisella, io sarei potuto andare già a dormire da un pezzo, ma per un motivo o per un altro le notti precedenti le avevo passate con lui e mi sentivo come disabituato a stare da solo. Girovagavo per il corridoio della soffitta, ancora con la camicia aderente da maggiordomo. Odiavo quei vestiti e quella perfezione, fosse stato per me avrei lavorato, si, ma con vestiti di forse 3 taglie in più.
Non sapevo perché stessi aspettando Federico, non c'eravamo dati appuntamento. Mi mancava, avevo bisogno di passare del tempo con lui, per questo scesi in camera sua, ma era ancora presto e lui era ancora a cena, così presi le scale di servizio e andai in giardino: nonostante fosse buio sapevo orientarmi e trovai il cespo di margherite, il nostro. Ne presi una dozzina e risalii nella sua camera, come una ragazzina innamorata formai un cuore sulle coperte, sembravo veramente troppo imbecille ma mi sentivo di farlo. D'un tratto la porta si aprì, Federico sbuffò e lanciò la giacca sulla poltrona, poi si girò verso il letto e dapprima spalancò gli occhi non aspettandosi di vedermi, poi sorrise e salì con le ginocchia sul letto per venirmi incontro: "che ci fai qui?" Chiese sorridendo "attento, attento, guarda" gli dissi bloccandolo con le braccia, Federico spostò lo sguardo sulle margherite "ma che amore che sei" sussurrò prendendone una, poi si avvicinò a me e si sedette sulle mie gambe "ti piace?" Gli chiesi utilizzando lo stesso tono di voce, mi guardava con quegli occhi così limpidi e immensamente azzurri che mi facevano venire voglia di tuffarmici dentro, annuì e alzò il mio volto mettendomi la mano sotto al mento "mi piace tutto quello che fai" disse lasciandomi un bacio a stampo "mi piaci tu" continuò e mi lasciò un nuovo bacio sulle labbra, sorrisi "solo?" Chiesi "forse un po' di più" "di più quanto?" Rise, lasciò la margherita sul cuscino e si posizionò a cavalcioni su di me, in quel momento avrei davvero avuto bisogno un bagno di acqua gelida, "quanto?" Chiese portandomi i capelli all'indietro, poi si avvicinò con le labbra al mio orecchio "tanto quanto la voglia che ho adesso di fare l'amore con te."

1901// fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora