Trovarmi rinchiuso in quelle quattro mura, in sua compagnia, fu decisamente troppo. Hoseok avrebbe riso di gusto. Era stata una pessima idea portarmi in quel posto, ma non potevo non sfruttarne i benefici. Sarei stato uno stupido, altrimenti. Ora che avevo avuto il privilegio di poter giacere insieme a quello straniero. Il suo respiro caldo si stava facendo sempre più vicino, ed io non potevo fare niente per fermarlo. Con davvero poco, aveva stravolto i miei piani. Il cuore pulsava forte, quasi volesse di uscire fuori da un momento all'altro. La sua presenza mi bastava per perdere il nume della ragione. Senza chiedermi niente, mi sovrastò con il suo corpo tonico, e nel mentre i suoi occhi non abbandonarono i miei. Essendomi così vicino, avevo notato i particolari che prima mi erano sfuggiti: all'orecchio sinistro portava un piccolo cerchio di metallo, l'altro ne era privo. Le palpebre invece erano decorate con una linea di colore nera, non troppo spessa.
Tutto ciò non poteva che conferirgli un'aria più accattivante del normale. Era certamente una conferma in più sul fatto che non fosse un cittadino greco. No, le sue fattezze dicevano tutt'altro.
All'improvviso, le sue mani vagarono sui miei fianchi, partendo dal basso e salendo verso l'alto. Mille scariche elettriche mi trafissero. Dalla mia bocca uscì un verso strozzato, sorpreso dal suo cambio d'umore. Arrivò al mio collo, il quale avvolse interamente con le dita.
«Cosa fai?»
Lui sollevò la testa, chiaramente divertito dal mio tono allarmato. Fece un mezzo sorriso, divertito dalla situazione che aveva creato con estrema facilità. Dopodiché, senza sentire ragioni, attaccò le sue labbra al mio collo. Sussultai contro di esse, preso alla sprovvista. Chiusi gli occhi, sopraffatto dalla sua insistenza. Iniziò con avvolgerle in modo vorace, cercando di afferrare maggior pelle possibile. Succhiò un lembo alla volta, senza fretta.
«Quello per cui sei venuto qui.»replicò, il suo respiro caldo sul mio viso.
Pressò la mano contro il letto. Stava per allontanarsi, ma prima che potesse farlo, sfiorò di nuovo le mie labbra. Come un richiamo ancestrale, portai il mento in alto. Forse questa volta mi avrebbe concesso un qualcosa che avevo desiderato da quando l'avevo visto muoversi con così tanta maestria. Fu attento nell'osservarmi per vedere la mia reazione. E quando liberò una risata quasi impercettibile, capii quanto controllo stesse esercitando su di me. Voleva giocare con la mia mente. Prima che potesse accorgersene, portai la mano sulla sua testa, arrivando a toccare quella chioma folta. Tirai brutalmente qualche ciocca; doveva dedicarmi attenzione. Come io avevo fatto fino ad adesso. Me lo doveva.
«Voglio sapere il tuo nome.»ringhiai, sostenendo il suo sguardo.
«Non deve importarti.»
La mia pazienza aveva un limite, e lui aveva appena superato la linea. Per mettermi a tacere una volta per tutte, decise di dedicarsi alla mia tunica. Non badai ai suoi respiri pesanti, al suo tocco flebile ma intenso. Tutto di lui mi aveva ipnotizzato. Rimosse con frenesia le mie vesti, strappando via il tessuto pregiato. Partì dalle braccia, scoprendole e godendosi la vista. Una volta arrivato alle gambe, si liberò di quell'ostacolo. Sicuramente spazientito di doversi occupare anche di quell'inconveniente. Quando invece, lo vidi occuparsi dei suoi pantaloni, mi lasciai scappare un gemito d'approvazione. Morsi le labbra, evitando d'infierire con il suo operato.
Lo lasciai fare, certo che non mi avrebbe deluso. L'aria in quella stanza stava diventando opprimente. Pensai che non potesse uccidermi peggio di così. Strinsi i denti in una morsa frustrante. Ora potevo ammirarlo nella sua completa nudità. Forse si trattava di un miraggio. Furtivo come si era presentato, mi sovrastò con il suo peso. Inarcò la schiena per avvicinarsi di nuovo. Sapeva di avermi piegato alla sua mercé, e per questo sfruttò il mio silenzio.
«Preparati.»
Alzai gli occhi al cielo proprio quando si fece strada dentro di me. Aggressivo come una tigre ed elegante come una falena verso la fiamma. Poggiai i talloni sopra i suoi polpacci sodi, trovando un punto di sostegno. Mentre le braccia finirono sulle sue spalle. Liberai un gemito di sorpresa, totalmente in balia di quella sensazione incredibile. Gli Dei mi avrebbero perdonato. Ansimai ripetutamente, ormai in balia del suo tocco. Mi stava sfiorando con lo stesso ritmo usato nel suo ballo. Sicuro e impercettibile. Con una mossa secca, si accertò di essere interamente dentro di me. Fu un gesto fin troppo dolce, per uno come lui. Infatti dovetti ricredermi quando scontrò il bacino contro il mio, in un impeto furioso. Grugnì, penetrandomi in maniera tale da poter godere delle mie preghiere. Urlai, rivolto al soffitto, mentre lo straniero continuava a provocarmi onde ad alta frequenza. Non riuscivo più a contenermi.
Con quelle labbra soffici, tracciò un percorso dalla mia mandibola fino ad arrivare al lobo. Il suono osceno delle nostre carni a contatto, fu l'unico espediente per tenermi ancorato alla realtà. Le ultime spinte furono micidiali, mi portarono alla pazzia. Gemetti ancora e ancora, sopraffatto dall'orgasmo che mi travolse. Decisi di cedere finalmente al piacere e mi lasciai andare, cosa che fece anche lui. Volevo guardarlo ancora, ma la stanchezza ebbe la meglio.
STAI LEGGENDO
JUST ONE NIGHT ― jikook
FanfictionGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...