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Altre urla si aggiunsero al gran fragore che continuava a scatenarsi senza mancare nulla al suo passaggio.

Non badai a cosa stesse succedendo, il mio desiderio di poter stringere di nuovo Jimin, aveva prevalso sul resto. Sentivo il petto farsi più leggero, come se il vento della primavera mi avesse privilegiato con le sue gesta. Come le carezze che da tempo non ero più abituato a sentire sulla pelle.

Qualcuno pensò bene di appiccare un incendio, mentre altri corpi venivano respinti. Odio e ostilità, questi erano le uniche emozioni che governavano in quel posto. La lotta andò avanti ancora per molto. Non avrei lasciato che la stanchezza mi comandasse a suo piacimento.

Appoggiai la fronte contro la sua.«Guai a te se rifai una cosa del genere.»chiarii, inclinando la voce in tono grave.

Jimin, come previsto, sorrise davanti a quella presunzione, immaginandosi già cosa avrei fatto per rimediare. Mi donò un altro bacio a stampo, di quelli troppo innocenti da essere condiviso in situazioni come queste. Rifiutarsi però, sarebbe stato troppo difficile.

Ed io non avevo alcuna intenzione di lasciarlo andare.

«Sono tuo, lo sai.»

«Ricordarmelo sempre.»

Ora ne ero certo: non esisteva niente più bello di lui.

Accarezzai con la punta delle dita la sua guancia, la pelle liscia e priva d'imperfezioni. Credevo che mai un essere del genere avrebbe camminato su questo mondo. Jimin non poteva capire cosa mi scatenava, ogni volta che lo guardavo.

Come un mare in tempesta, mi dimenavo tra gli scogli alti, sperando di trovare la mia isola di salvezza. E dopo tanti naufragi, e dopo tante intemperie, Jimin era nato all'orizzonte. Così fu dall'inizio.

Poi accadde tutto in una frazione di secondo. Gli occhi di Jimin balzarono oltre la mia spalla, avvertendo un movimento ambiguo.«Attento!»gridò, e prima che avessi il tempo di reagire, mi spinse lontano.

Solo dopo, scorsi Kim, a meno di mezzo metro da noi. Gli occhi iniettati di sangue, il respiro pesante. Sollevò le braccia per colpire, ma Jimin l'aveva anticipato. Con un unico battito, estrasse un pugnale dalla lama sottile e aguzza.

Inclinò la testa in basso, a differenza dell'arma che alzò in alto, pronto a compiere ciò che probabilmente, avrebbe fatto già in passato. Il momento era giunto, in estremo ritardo, ma era giunto. Senza aspettare oltre, il pugnale collise col petto del tiranno, immobilizzandolo. I suoi occhi di ghiaccio, ora vacui a causa della sorpresa.

Non se lo sarebbe mai aspettato.

Spalancò la bocca, un rivolo di sangue prese ad uscire fuori, macchiando il suo mento, giungendo fino al basso. Tossì forte, stringendo poi i denti.

La sconfitta non faceva per lui.

«J-Jimin...»lo richiamò, e il biondo lo guardò un'ultima volta.

Altre parole celate nei loro sguardi d'addio.

Restai fermo a guardare come il suo busto contratto assunse via via, una posa innaturale. Jimin, sentendo la sua voce profonda, ora ridotta ad un misero spiffero, si permise di farsi avanti.

Reclamò la sua libertà.

Il mio sguardo cadde sull'arma, domandandomi dove l'avesse trovata. Poi mi fu tutto chiaro. Non era un pugnale qualsiasi, era quello di Kim.

Lo spartano lottò fino all'ultimo per non lasciarsi prendere, ma il suo tempo, si era estinto insieme alla sua brama di potere.

Jimin attese ancora, ma non troppo, perché finire con distinzione, era ciò che lo rendeva speciale.

«Va all'inferno.»sospirò, quasi afflitto.

Kim tentò di afferrare la lama, ma Jimin non gliene diede la possibilità. Posò la mano sulla sua spalla solo per spingerlo via, assicurando che cadesse al suolo, martoriato dal dolore.

Non oppose resistenza, perché ormai, il suo regno era in mano nostra.

Vidi il suo corpo sfinito steso a terra, le vesti macchiate di sangue fresco, il quale non faceva altro che aumentare. Abbandonò le braccia al suolo, e se prima le dita tremavano, ora stavano perdendo le proprie facoltà di motorie.

Fu un qualcosa di surreale e raccapricciante al tempo stesso.

Stetti in silenzio, accompagnando il suo trapasso. Perché a differenza sua, io possedevo un briciolo di umanità.

Chiuse gli occhi, non prima di aver esalato un altro respiro.

Jimin buttò a terra il pugnale pieno di quel sangue velenoso. Calde lacrime caddero dai suoi occhi. Abbassò le palpebre, permettendo alla pressione di quei giorni di venir fuori e di andare via dal suo corpo.

Portò le mani alla bocca, soffocando un urlo, ed io mi avvicinai a lui, circondandolo con le braccia. Il mio petto tremò contro la sua schiena, dati i troppi singhiozzi che non riuscì a trattenere.

«È tutto finito.»lo strinsi a me, rassicurandolo.

Detto questo, la terra prese a dibattersi, stufa di quella faida che stava avvenendo dinanzi ai suoi occhi.

Di scatto, ci tirammo indietro, riparandoci dagli eventuali pezzi di marmo che venivano giù, data la troppa veemenza.

Poi, una crepa abissale, spaccò in due il pavimento, inghiottendo lentamente alcuni corpi morenti, tra cui anche quello del re caduto.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora