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Il suo tocco, fu tutto ciò che mi servii per trovare la beatitudine, e sprofondare nel sonno più tranquillo. La luce del mattino mi diede fastidio agli occhi. Li avevo aperti solo per far abituare le iridi a quella nuova, ma solita condizione. Mi ero accoccolato come un bambino sul suo petto, non prima di aver provato sulla pelle il forte calore sprigionato dalla sua. Era qualcosa di fantastico e impossibile da descrivere a parole. Tutto di Jimin mi stupiva, e continuava a farlo.

Appena sveglio però, una sensazione di malessere si era attaccato alle viscere, senza alcuna intenzione di volersi staccare. Forse era solo l'agitazione a darmi dei segnali. Ma per cosa? Ancora confuso, portai gli occhi a Jimin, le sue perle già mi attendevano. Anche lui, già sveglio.

Avevo seriamente creduto che non ci fosse più, che fosse andato via. Era stato solo un incubo passeggero, come la tempesta che ci aveva sorpresi. Mi ero agitato per nulla.

Alzato il capo che avevo tenuto comodamente sul suo petto, lo fissai intensamente. I suoi tratti, a distanza di tempo, mi avrebbero sempre fatto lo stesso effetto. Ne ero sicuro. Mi sporsi col busto più vicino, arrivando a toccare la sua bocca così splendidamente rosa e carnosa. 

Ricambiò non subito, d'altra parte ascoltai alcuni suoi lamenti.«Cosa c'è?»lo ripresi, tentando ancora.

Jimin negò l'evidenza col capo.

«Nulla, mi piace guardarti.»

Si fece scappare una risata, per niente intuibile. Si stava beffando di me, senza che qualcuno gli avesse dato il consenso.

Questa me la paghi.

«Stai pensando a qualcosa in particolare?»gli chiesi, vedendolo particolarmente preso da qualcosa.

Scrollò le spalle, accettando di essere stato scoperto.«È che sono felice.»disse.

Gli massaggiai il fianco con una mano, per poi buttarmi su di lui in un abbraccio. A questo Jimin non era preparato. Non se lo aspettava; lo potevo intuire dalla sua paralisi, e anche dal respiro fermo.

«Lo sono anch'io.»rivelai, giusto per essere chiaro. Mi baciò, finalmente. Lo stavo aspettando con così tanto ardore che quando arrivò, fece quasi male.

Dopo aver riacquistato la facoltà d'intendere, lo implorai di uscire fuori da quel giaciglio. Non poteva rimanere a lungo. Ogni mattina era normale per Astéri ricevere visite dagli stallieri. Erano stati incaricati dal sottoscritto per tenerla sotto'occhio.

«È meglio che vada.»constatò lui, visibilmente disorientato da quella dimora che aveva visitato così di rado.

«Concordo.»

Non ci badai molto, si trattò di un impulso incontrollato. Rassicurato dal fatto che a quell'ora nessuno avesse abbandonato il proprio letto, mi ritrovai ad intrecciare la mia mano con la sua. Un senso di pace mi attraversò dalla testa ai piedi e lo stesso valeva anche per Jimin, il suo palmo contro il mio.

Lo guidai senza mai fermarmi, imboccando il corridoio meno lungo di tutta la casa, certo che l'uscita secondaria, fosse vicina.«Da questa parte.»i nostri passi in sincrono.

Ce l'avremmo quasi fatta se non fosse stata per quella voce. Il terrore di essere stati visti proprio da lui, mi stava divorando vivo.

«Cosa vedono i miei occhi.»

Tolsi ogni dubbio dalla testa quando, disgraziatamente, appurai di aver avuto ragione. Le spalle di Taehyung, erano poggiate sul muro in pietra, braccia incrociate e l'aria di chi ha voglia di fare un massacro. Mi ero rovinato con le mie stesse mani. Poi un dettaglio agghiacciante mi fece perdere la lucidità, il controllo e il vigore con cui mi ero formato.

Non stava guardando me, come mi sarei aspettato, ma bensì Jimin.

Seguirono altre parole che mi procurarono solo altra confusione e dolore. Tutto in una volta. Forse avevo sentito male.

«Taehyung, sei proprio tu?»

Non potevo sbagliarmi. A dire ciò, era stato appunto Jimin, posto ancora dietro di me, trovando un appiglio sicuro. Aumentò la presa della mano, trasmettendomi la stessa identica paura, se non qualcosa di più.

Forse mi trovo in un altro incubo, e molto presto mi sarei svegliato.

Lo spartano si mosse in avanti, mostrando la sua postura dritta e fiera.«Già, sono proprio io»un sorriso maligno ad incorniciargli il volto.«ti sono mancato?»

Stanco e furibondo, intralciai i loro percorsi, spostando lo sguardo da lui all'uomo indesiderato.«Che cosa sta succedendo? Vi conoscete?»la mia priorità di sapere stava superando il bisogno di prendere la testa di Kim, e sbatterla contro il muro dov'era posto.

Quest'ultimo mi diede il colpo di grazia, non potendo aspettare oltre. 

«Certo che ci conosciamo. È stato il mio favorito per tanto tempo.»

L'aveva detto senza darci peso, come se per me non contasse nulla. Una crepa al cuore, un dolore lancinante che per poco non mi tolse il respiro.

Non stava accadendo sul serio.

«Dice la verità.»confermò Jimin, ormai abbattuto da quelle verità che aveva saputo tener ben nascoste.

Perché il destino era stato tanto funesto?

«Non riesco a crederci.»mormorai, desiderando soltanto che tutto ciò finisse alla svelta.

«Jungkook.»mi richiamò Jimin, credendo che potesse rimediare.

«Come si fa a dimenticarsi di Jimin?»infierì Taehyung, aggravando la situazione.«Sai, l'ho trovato davvero irrispettoso quando sei scappato da me.»

Bastardo, te ne pentirai.

«A questo punto»proruppe di nuovo, facendomi poi retrocedere, Jimin fece lo stesso non lasciando mai il mio braccio.«le carte in tavola sono cambiate.»

Strinsi i pugni, mosso solo dalla rabbia e dal senso di protezione.«Che cosa vuoi?»

«Ce l'hai proprio vicino.»

Si limitò a fare un cenno con il capo a Jimin. Fino all'ultimo avevo sperato che andasse a finire in un altro modo.

Ma niente accadeva per caso.

Spostai la mano libera all'indietro, coprendo con il corpo, quello di Jimin. Un riflesso dettato dalla sopravvivenza e dall'inizio orgoglio.

«Non se ne parla.»

Taehyung sbuffò, battendo poi le mani, richiamando le sue guardie, passandoci vicino per imprimere meglio il suo marchio.«Ho dato i miei termini, e non mi piace ripetermi. O la pace o Jimin, a te la scelta.»

Una gomitata allo stomaco avrebbe fatto meno male. No, non poteva fare sul serio.

«Sei un folle.»sibilai con l'aspro in gola, non avendo più riserve.

«Ti do tre giorni per decidere, in caso di rifiuto, vi dimostrerò cosa significa mettersi contro di me.»

«Non è possibile.»mormorò Jimin alle mie spalle, incredulo.

«Un'ultima cosa»alzai il capo, guardandolo ancora, mentre varcava la soglia d'ingresso.«se fossi in te, farei pulire la camera degli ospiti. L'odore di sangue si espande in fretta.»

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora