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Ero perso. Le voci intorno a me m'incalzavano, avevano bisogno di un mio giudizio. Lo necessitavano. Per tutta la vita avevo temuto questo momento, sperando che arrivasse il più tardi possibile. Ma le mie preghiere erano state vane. Fino ad ora le mie decisioni non avevano provocato alcun danno. Cosa sarebbe successo se il castello pieno d'ideali che mi ero costruito fino ad ora fosse caduto in mille pezzi? Sarebbe stata una rovina, ed il peggio era che avrebbe danneggiato anche altri. No, non potevo permettermelo. La faccenda era molto più grande di quanto potessi immaginare.

Da bambino, mi ero domandato spesso perché i nostri simili si uccidessero a vicenda. Si trattava di una questione di forza? Probabile. Si trattava di orgoglio? Troppo ingiustificato. Poi arrivò il fatidico giorno. Il giorno in cui mio padre venne ucciso a sangue freddo. Davanti ai miei occhi.

A volte, nel cuore della notte, sogno di essere ancora con lui. Passeggiare per le strade della nostra amata città mi rallegrava, mi faceva dimenticare i pericoli che correva per colpa del nome di famiglia. Era stato ucciso solo perché non aveva rispettato l'usanza. A quel tempo gli scontri tra le varie classi sociali erano più vivide ed efferate che mai. Mio padre aveva cercato una soluzione per portare la pace, mentre gli altri curavano i propri tornaconti, il popolo non faceva altro che trucidarsi a vicenda. Poi ad un tratto, i complotti avevano iniziato a crescere, all'interno di quella cerchia. Da quel poco che avevo potuto capire – data la mia giovane età – sospettavo già che quella vita non fosse adatta a me. Ma non potevo venir meno ai miei doveri. Una mano toccò di sfuggita la mia spalla, facendomi rinsavire. Mi ero distratto solo per un secondo.

Ad attendermi, c'era Hoseok. Nel suo sguardo vi era della preoccupazione.

«Sei con me?»

Mi guardai intorno, il caos mi aveva fatto perdere la concentrazione. L'assemblea stava procedendo, incurante. Il sottofondo di voci non accennava a finire, tuttavia non ricordavo assolutamente da quale argomento fosse partito il dibattito.

C'erano così tante cose di cui discutere che non sarebbe bastata una sola vita per elencarle tutte. Dopo aver realizzato, mi voltai verso il mio compagno di bravate e mi lasciai scappare un cenno col capo.

«Sono qui.»replicai, con fin troppa fretta.

Nonostante la mia rassicurazione, non sembrava essere convinto. Aveva intuito fin da subito il mio smarrimento improvviso. Per non perdere altro tempo prezioso, mi aggiornò personalmente sui vari argomenti presentati dai capi tribù lì presenti.

«Seokjin ha dichiarato con fermezza di aumentare i tributi a tutte le famiglie. Secondo il suo modesto parere, questo frutterà di più al resto del popolo.»

«Ma è una follia.»

Non potevo credere alle mie orecchie. Strinsi i pugni nell'esatto momento in cui il capo dell'assemblea sciolse il consiglio. Il mormorio di prima cessò immediatamente. Tutti i presenti lasciarono ad uno ad uno il proprio posto. A quel punto la frustrazione aveva iniziato a prendere il sopravvento. Doveva porre rimedio, in qualche modo. Seokjin era circondato un gruppo affiatato, il quale non si era mai trovato in disaccordo con le sue teorie. Nell'ultimo periodo era nata tra di noi una sottospecie di disputa.

In quel piccolo frangente, Hoseok notò di nuovo il mio turbamento.

«Sei pensieroso»mi rimbeccò di nuovo, colto sul fatto.«non ti fa bene.»

«Ci sono abituato.»

Conosceva i miei limiti, e per porvi rimedio sarebbe stato capace di qualunque cose. Insieme a lui avevo condiviso i primi anni di un'infanzia più che spensierata. I ricordi erano tutti lì, in un angolo remoto della mia mente. Ma sempre lì. Fin da piccoli, Hoseok si era dimostrato all'altezza di poter ottenere la mia fiducia. Senza altri giri di parole, circondò le mie spalle con un braccio, ignorando le mie proteste. Il mio sesto senso funzionava bene, e a giudicare dal suo strano comportamento, qualcosa di subdolo gli stava passando all'interno della testa. Non sapevo se fosse un male.

«Stasera ti porterò in un bel posto.»insinuò, risoluto.

Non ci volle molto per vedere un sorriso malandrino apparire velocemente sulla sua faccia. Sospirai, ormai rassegnato.

«Hoseok, ne abbiamo già parlato.»

«Non voglio sentire ragioni.»

Concluse il discorso lì, come se non avessi il diritto d'infierire. Onestamente non mi andava di andare contro i suoi programmi, se per una volta potevo dimenticare chi fossi.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora