29.

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Con grande risentimento, il giorno dell'incontro era arrivato. Promisi a me stesso di non concludere come l'ultima volta. Anche se le modalità erano stati ben diverse. Stavolta non avrei perso tempo con i soli documenti da revisionare, e non avrei dato spazio a Jimin. Almeno fino alla fine della cena.

Dovevo concentrarmi, non potevo permettere che la mia condotta si abbassasse solo perché stavo per ospitare una serpe. La clemenza era il primo passo verso un futuro migliore.

Raccomandai a Daphne e alle bambine, di non lasciare le loro stanze per nessun motivo al mondo. Non volevo che venissero coinvolte in affari cupi e pericolosi.

L'intero consiglio contava su di me.

La sera non si era fatta attendere, a differenza del re. E così, per ammazzare il tempo, controllai che le operazioni di preparazione stessero filando lisce. Stava coordinando tutto Youra, ma per essere sicuri, lasciai lo studio prima che il nervosismo venisse a punzecchiarmi.

Poi il battere degli zoccoli annunciò il suo arrivo.

La servitù venne radunata da ogni dove, perfino dalle cucine, per accogliere l'ospite. Fiutavo la loro paura da chilometri.

La mia vista non si aspettò nulla di simile: elmi lucidi, e sguardi vigili. Mantelli color rosso cremisi, e per finire delle lance alte e appuntite.

Sapevo che allo spietato sovrano piaceva mettersi in mostra, ma trovavo tutto ciò un'esagerazione. Poi il diretto interessato, lasciò le redini che aveva stretto saldamente, e con un salto, scese da cavallo. I presenti non emisero fiato, troppo presi dalla sua figura regale e potente.

Avvicinandosi, notai alcuni particolari, che trovai assai infruttuosi: il chitone che indossava gli copriva il busto, lasciandogli però in bella vista le clavicole sporgenti. Il petto, anch'esso lasciato libero da ogni protezione, era adornato da un filo d'oro splendente. Capelli di un castano chiaro(perfettamente in ordine), gli occhi di un dittatore nato.

Allungò la mano verso di me, incitandomi ad una stretta di mano, la quale io non gli negai.«Jeon.»non dovevo farmi prendere dal panico, o potevo dire addio ad un possibile accordo.

«La stavamo aspettando, vostra maestà.»replicai, ricambiando il saluto.

Lo spartano rise leggermente, facendomi pietrificare sul posto.

«Ti prego, odio le formalità.»

«Mi scu-»

«Chiamami Taehyung.»aggiunse, sospirando.

Una terza voce s'intrufolò nella conversazione.«Avete fatto buon viaggio?»gli chiese di getto Youra.

Se solo fosse esistito un metodo per chiuderle la bocca, sarebbe stato un miracolo. La richiamai, non tenendo conto che lo spartano potesse assistere.

Non potevo permettere che qualcosa andasse storto. Atene non era pronta per una guerra.

«Youra.»l'ammonii, cercando di mantenere la calma.

«Un ottimo viaggio, la ringrazio.»rispose Taehyung, ignorando il mio falso tentativo di tenerlo alla larga.

Lo condussi dentro casa, invitandolo a passare per primo, certo che se avessi studiato bene le sue mosse, avrei potuto anticiparlo.

«Perdonate la sua insolenza.»ma prima di passare all'attacco, mi scusai per l'interruzione.

Lui, in tutta risposta, mi diede una pacca sulla spalla, evidenziando la miriade di anelli che portava alle dita. Le sue guardie non lo seguirono, tranne che per un giovane. Probabilmente un suo generale.

«Non preoccuparti, Jeon. Io mi terrei stretto una moglie del genere.»disse, facendo un cenno col capo, indicando Youra.

Cosa voleva dire con questo?

Dopo aver dedicato alcuni minuti alle conoscenze, le prime portate fecero la loro comparsa. Stavo per introdurre una delle nostre prelibatezze, ma Taehuyng, con uno schiocco di dita, indicò il piatto al suo uomo. Quest'ultimo, portò senza incertezza il pezzo di carne alla bocca, masticando con giudizio.

Come poteva pensare che volessimo avvelenarlo? Era un insulto alla mia persona, e soprattutto al nostro spirito civile.

«Se non vi dispiace.»aggiunse, guardandomi di sottecchi, aspettando una mia reazione che non arrivò.

Non mi sarei abbassato al suo livello. E dopo aver acconsentito, tornai a mangiare, facendo finta che non fosse successo niente.

Consumato il pasto, Taehyung inserì due dita sporche all'interno della bocca, succhiando gli ultimi residui.«Squisito.»ammise, compiaciuto dal fatto che Youra lo stesse fissando con un certo interesse. Si poteva notare anche da una certa distanza, nonostante lei stesse facendo di tutto per mantenere il controllo.

Il prossimo piatto ci avrebbe messo più tempo, perciò approfittai di quella pausa strategica.«So che sei qui per un motivo. Mi stavo appunto chiedendo quale fosse.»dichiarai, tutto d'un fiato e lui alzò le sopra.

Stava aspettando solo questo.

«Andrò al sodo.»fece dondolare il suo bicchiere, osservando il vino assorto.

«Immagino sia qualcosa di vitale importanza.»intervenni io, privo di altri convenevoli.

Strinse la mano a pugno, battendola poi sul tavolo, provocando un sussulto da parte di entrambi. Si schiarì la gola, provando disappunto nei miei confronti.

«Detesto quando qualcuno m'interrompe.»sibilò, adirato.

La luce bianca di un lampo illuminò parte del suo viso, dandogli un'aria più cupa e facendo sussultare Youra. Il cielo liberò la sua furia in una tempesta, inarrestabile e violenta. Il rumore della pioggia faceva quasi paura. Mai tanta acqua era caduta in quelle terre arse dal sole.

Stavo per ribattere alla sua presunta offesa, quando Youra parlò di nuovo. Il minuto dopo aver udito quella frase, pensavo che niente potesse essere peggio di ciò che aveva appena proposto.

«Può rimanere per la notte, se desidera.»

Taehyung come me, si stupì di tale proposta.«Sarebbe un grande piacere per me, sempre che vostro marito sia d'accordo.»mi sarei aspettato un suo rifiuto, conoscendo i famosi atteggiamenti burberi della sua gente.

Mi aveva messo con le spalle al muro, e sarebbe stato tutto inutile opporsi. Anzi, avrei portato un danno maggiore alla mia causa. Youra aveva appena firmato inconsapevolmente un patto col diavolo.

Tentai di fare un sorriso.«Ma certo, in ogni caso, avremo tempo per discutere.»gli ricordai, mordendomi internamente la guancia.

«Ovviamente.»

Rise silenziosamente, incrociando le gambe da sotto il tavolo. Appoggiò la schiena alla poltrona, puntandomi ancora con insistenza. L'espressione di chi aveva ottenuto una momentanea vittoria.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora