Taehyung's pov
Mi lasciai scappare un sospiro, impegnato a guardare come il tempo stesse dando il meglio di sé.
Dopotutto, ero abituato a certi climi. Avevo appena otto anni, quando l'addestramento mi aveva tenuto impegnato nelle pratiche di caccia e tenuto lontano da casa.
Tante furono le notti in cui avevo pensato di non farcela. Il freddo era ciò che non sopportavo di più. Ora, potevo immergermi in acque gelide senza che il corpo ne risentisse.
I piani alti dubitavano di me, che presto o tardi avrei rinunciato alla mia carica. Quanto si sbagliavano. Secondo le loro ideologie, i reali erano bravi solo a portare le corone. E mentre si riempivano le bocche con certi discorsi, le mie spalle sopportavano il massimo dei pesi.
Non avevano mai chiuso un occhio, nemmeno con me. All'inizio la trovavo una cosa infondata e deplorevole. Mio padre non aveva mai alzato un dito per difendermi, nemmeno quando un gruppo di ex carcerati mi aveva teso un'imboscata per darmi il"benvenuto".
Da lì, fino all'età di ventidue anni, avevo imparato a cavarmela con le mie stesse mani, a non fidarmi di nessuno, se non di me stesso.
Mi avevano insegnato di tutto, tranne come avere pietà. In guerra non c'era spazio per la pietà. Tornato a corte, nessuno pareva riconoscermi. Gli intrighi — come previsto — non avevano fatto altro che aumentare, e non c'erano cospirazioni che non tramassero per farmi fuori e impossessarsi del potere. Ecco perché mi accerchiavo di uomini scaltri, senza dare troppo in cambio. Io stesso venivo prima di tutto.
Girovagai per la stanza, attestando con grande astio che quelle quattro mura non avrebbero mai potuto superare quelle della mia fortezza. Sparta non conosceva limite al lusso. Una volta aver ringraziato le servitrici, stanco dalla lunga, sciolsi i nodi del vestito, abbassando le pieghe davanti al busto per sbarazzarmi di quell'indumento per niente comodo.
Un lieve rumore raggiunse le mie orecchie, facendomi voltare di scatto. Non mi chiesi nemmeno chi fosse, perché la risposta era pressoché scontata.
I miei occhi si scontrarono con quelli da cerbiatto della padrona di casa, colei che aveva insistito così tanto dal farmi restare. Era una proposta talmente allettante da non poter rifiutare.
Gli affari potevano aspettare.
Piegai all'insù l'angolo della bocca, attento a non farmi vedere. Youra avanzò, per niente intimorita, e dopo un breve silenzio, chiuse la porta. Tempismo perfetto; iniziavo ad annoiarmi. Il temporale, deciso a non finire.
Le mie mani già trovarono il proprio posto dietro la sua schiena, all'altezza dei reni, e con una spinta, l'avvicinai a me.«Ad Atene non usate bussare?»domandai, per poi piantare le labbra sul suo collo pallido.
«Non potevo farmi scoprire.»le sue mani invece, vagarono sul mio ventre, vogliose di avere di più.
I suoi respiri irregolari m'istigarono a continuare. Poi, afferrando il retro delle sue ginocchia, la sollevai da terra, portandola a letto. Tolto il suo vestito e fatta scorrere la bocca sul suo addome, arrivai alla sua femminilità, già bagnata e pulsante. E prima che il tempo potesse migliorare, infilai due dita al suo interno. I suoi umori mi agevolarono il lavoro.
Nessuno riusciva a resistermi.
A quell'intrusione seguirono altri ansimi, nulla paragonato a tutte le puttane che avevo dominato. La vedevo contorcersi sotto di me, ammaliata dal giogo che stavo esercitando. Le sue mani strinsero con forza le coperte, in preda agli spasmi.
Venne poco dopo, non prima di aver provato la prontezza della mia lingua. Soffocò un urlo, e con questo, avevo avuto la conferma. Jeon non l'aveva mai viziata.
Caddi al suo fianco, per niente stanco, e lei nel frattempo riprese fiato. Infondo la capivo. Quando le sarebbe capitata un'occasione simile?
Portai la mano sulla fronte, ora imperlata di sudore e girato il capo verso di lei, la guardai con finto interesse.
Avevo ritardato di troppo i giochi.
«Ti ha mai fatto godere così?»le chiesi, celando tra le righe il soggetto in questione.
«N-no»balbettò lei, fusa dal troppo piacere.«non l'ha mai fatto.»
«Oh, che disgrazia.»
La parte compassionevole non faceva per me. Passai all'azione. Recuperai il pugnale, mio unico"compagno"fidato, nascosto tra le lenzuola. Youra era stata troppo presa da me per accorgersene.
Non potevo darle la colpa.
Avanzai piano verso di lei, tenendolo ben nascosto.«Sai perché tuo marito è così sveglio?»assottigliai lo sguardo.
«Perché?»
«Mi teme, cosa che tu non hai fatto.»le dissi, ridacchiando, vedendo come il suo volto da post orgasmo fosse passato al panico più totale.
Ruotò il busto nell'esatto momento in cui la lucentezza del mio pugnale illuminò i suoi occhi. La paura s'impossessò di lei e con movimenti frenetici, riuscì a scappare dal mio fendente.«Oddio.»incespicò, tentando di scappare via.
Mi alzai di scatto dal letto, osservando come la mia piccola preda, sfuggiva dal mio tocco famelico.
«Voglio essere clemente, sarà veloce e indolore. Te lo prometto.»
«Stai lontano da me!»urlò, disperata, correndo poi verso la porta.«Vi prego, aiutatemi.»l'unica cosa che non si aspettava, era che poco prima, avevo incaricato i miei soldati di chiuderci dentro a chiave.
«Hai istigato il lupo cattivo, mia cara»le sussurrai all'orecchio, mentre lei batteva le mani senza freno contro la porta.«e ora il lupo ha fame.»
«Ti prego, no.»il suo sguardo, tornò su di me, capendo tardi il suo errore.
Risi davanti la sua disfatta, nessuno l'avrebbe sentita. Con una mano le afferrai la punta dei capelli, tirandola indietro. Le sue urla non servirono a nulla, il boato dei tuoni li coprirono.
È solo l'inizio.
Una volta che Youra smise di dimenarsi, l'altra mano si mosse veloce, per poi piantare con decisione la lama nel suo stomaco, trapassandola. Spalancò la bocca, gli arti caddero in basso lungo i suoi fianchi, privati della loro forza.
Estratto il pugnale dalle sue budella, buttai il suo corpo morto a terra. Un lago di sangue ai miei piedi, e l'eco della mia stessa risata a riempire l'aria circostante.
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JUST ONE NIGHT ― jikook
أدب الهواةGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...