20.

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Il candore di quella notte era dalla mia parte. E non c'era nessun altro luogo in cui avrei voluto trovarmi, se non lì, con lui.

Mi sarei aspettato un rifiuto, da un momento all'altro. In quel caso almeno, mi sarei tolto quella soddisfazione. Lo desideravo dalla prima volta che il mio olfatto aveva captato il suo odore suadente. Perché aspettare così tanto?

Avevo approfittato della sua resa, dato che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta. Premetti maggiormente le dita sulle curve dei suoi fianchi, come se volessi scomparire in lui. I suoi ansimi dentro la mia bocca contribuirono a farmi perdere la testa.

Ne volevo di più.

Quel bacio, nato da un motivo così innocente, ora parlava di qualcos'altro. Parlava di qualcosa che solo io e Jimin potevamo comprendere. Stavo ardendo tra le sue mani. Ed era giusto così.

Jimin dal canto suo, non oppose resistenza. Anzi, fu veloce a portare le dita ai miei capelli, tirandoli alla base, guidato dalla passione. Non trovai riparo, niente poteva scalfirmi. Neanche se avessi voluto.

Mi sarei aspettato di tutto: ma mai che mi lasciasse farlo. Sentivo le labbra intorpidirsi ad ogni bacio dato. L'adrenalina mi stava dando la forza per continuare; Portai una mano alla base del suo collo, guidandole fino alla nuca, dove i polpastrelli toccarono una porzione di pelle decisamente ruvida, rispetto al resto. Sentivo una strana sensazione dal basso ventre.

Una cicatrice? Una voglia?

All'improvviso, il frastuono di qualcosa di rotto e un urlo concitato, c'interruppero. Entrambi voltammo il capo verso un punto impreciso dell'abitazione. 

«Cos'è stato?»chiesi al nulla, riprendendo fiato.

A quelle parole, Jimin si ritrasse, come se avesse toccato un metallo rovente. Una volta aver regolarizzato il respiro, pressò le labbra – ormai rosse e gonfie – in una linea sottile.

«Devi andare.»stava già per scappare via, ma io avevo capito al volo le sue intenzioni e non gliene diedi la possibilità.

Strinsi prontamente il suo polso, attirandolo di nuovo a me.

«Aspetta.»

Non dissi nient'altro, gli lasciai soltanto un brevissimo bacio a stampo, chiudendo la questione. Dopo averlo visto scomparire nell'oscurità, tornai dentro casa, accelerando il passo. Quel rumore e quelle voci non promettevano nulla di buono.

Fortunatamente tutti gli invitati erano andati via, altrimenti sarebbe stato un disastro. Una volta essermi ricomposto, avanzai in avanti, vedendo un gruppo numeroso di servi riunito a cerchio.

Mi bloccarono la visuale e subito dopo una mano, mi tenne fermo sul posto, impedendomi l'approfondimento.

Non poteva che essere Hoseok. Aveva il viso pallido quanto la cera di una candela nuova, e questo mi spaventò.

«Che sta succedendo?»chiesi ancora una volta, perdendo le staffe e facendo smuovere anche il resto dei presenti, troppo concentrati per accorgersi di me.

Hoseok aprì la bocca pronto a parlare, ma sembrò quasi indugiare.

Poi la schiera venne divisa, rivelando il corpo di una donna di mezza età, riversa a terra. Il corpo scomposto e gli occhi spalancati per lo shock. Sentii alle braccia formarsi la pelle d'oca non appena mi accorsi di un rivolo di sangue scorrere dall'angolo della bocca, ora spalancata.

Nessun segno di vita.

«Che orrore.»piagnucolò Youra alle mie spalle, e Daphne cercò di distrarla chiedendole se volesse andare via.

Guardai Hoseok, mentre un paio di guardie vennero incaricate di portare via il corpo.«Dammi i dettagli.»strinsi i denti per la frustrazione.

Nonostante avessi tenuto gli occhi aperti per tutta la serata, qualcuno aveva sfidato la sorte, rimanendo senza speranza.

Sospirò, cercando di guardarmi negli occhi.«Pensiamo sia caduta dall'ultimo piano.»

Mossi due dita sul mento, facendo mente locale.«C'è il mio studio...»pensai ad alta voce.

«Stai pensando a quello che sto pensando io?»

C'eravamo capiti subito, infatti l'attimo dopo, stavamo camminando a passo svelto verso lo studio. Trovammo la porta spalancata, la serratura ormai ridotta ad un ammasso di ferraglia. Non era un caso. Entrai spedito, trovando migliaia di fogli a terra o strappati in tanti pezzi.

Come avevo pensato.

Ridacchiai, ricevendo un'espressione stranito dal mio amico. Era tutto chiaro.

«È stato un omicidio.»

Fece un passo in avanti, stando attendo a non rovinare la scena del crimine.«Hai idea di cosa stai dicendo?»domandò.

«Ne sono più che sicuro.»

Passai il palmo sul un vecchio libro, ora ridotto a brandelli, e Hoseok mi sorprese ancora, anticipando i miei pensieri.

«Chiunque sia stato, stava cercando qualcosa.»continuò, piegandosi sulle ginocchia, analizzando i documenti ormai andati persi.

«E ha sfruttato i festeggiamenti per agire indisturbato»conclusi al posto suo.«o quasi.»

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora