22.

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Yoongi's pov



Rigirai tra le mani quella moneta d'oro, troppo splendente per non credere che si trattasse di un falso. La struttura era rimasta chiusa al pubblico, e ne stavo approfittando per verificare di persona quanto i miei guadagni fossero aumentati nell'ultimo mese.

Un giorno libero avrebbe giovato sia a me che ai miei ragazzi. Non m'importava come avrebbero passato il proprio tempo libero, l'importante era che non si allontanassero dalla città. Per nessun motivo. Dopotutto, ero tranquillo, perché avevano bisogno di questo lavoro. Al di fuori, non c'era posto migliore.

Mi concessi di chiudere gli occhi per un secondo, ma i miei piani andarono in fumo quando dei passi silenziosi e fini scalfirono il mio udito, e infatti non mi sorpresi quando vidi Jimin passare per il corridoio. Schiena ricurva ed espressione assorta.

Una risata muta sfuggì dalle mie labbra, data l'ora.

Lo richiamai piano, sperando di non esser capitato un momento indecente. Jimin si fermò di botto, forse maledicendo il mio perfetto tempismo. Per la prima volta lo vidi in seria difficoltà. Forse stava pensando a come uscirne, ma sapeva che a me non si sfuggiva così facilmente.

Non volevo che la persona, la quale stimavo più di me stesso, mi nascondesse qualcosa. Era più forte di me.

«Jimin, finalmente.»lo richiamai, invitandolo ad entrare nella mia camera, facendogli un cenno con il pollice e il medio uniti.

Il biondo portò le mani dietro la schiena. Pensavo fosse più difficile, ma alla fine accettò. Dopo che la poca luce prodotta dalle candele lo avvolsero, lo pregai di chiudere la porta, e lui esaudì la mia richiesta senza battere ciglio.

«Buongiorno a te, Yoongi.»disse tutto in una volta.

Aveva fretta di andare via, perciò non vedeva l'ora di sentire cosa avevo da dirgli. Magari pensava fosse una questione riguardante la sua posizione. In realtà, si trattava di ben altro.

«Hai fatto tardi, ieri sera.»cominciai così, buttando fuori la prima cosa che mi era venuta in mente di dire.

Lui sbuffò lievemente, come se in qualche modo non avessi dovuto sentirlo.«Non è stata colpa mia.»precisò.

«Siamo nervosi, a quanto vedo.»gli feci notare, usando la scusa di quel dettaglio per farlo parlare.

«Ti sbagli.»

«Io non direi.»

A quella manifestazione d'insistenza strinse i pugni lungo i fianchi.«Tu piuttosto, hai omesso un particolare.»la voce grave e piena di disprezzo.

«A cosa ti stai riferendo?»

«Lo sai bene.»

Mi stavo spacciando per un inetto solo per vedere fino a che punto sarebbe arrivato. Le voci di quartiere mi avevano informato sulla festa imminente a casa Jeon; era un evento che ogni cittadino aspettava.

Mandare Jimin, era stata una scelta più che opportuna.

«L'ho fatto in buona fede.»

«Certo.»

«Ti vedo turbato, Jimin»ammisi di punto in bianco.«è successo qualcosa?»

Prese coscienza di sé. Temevo che da un momento all'altro sarebbe andato via, senza avermi detto nulla. Dopo tutto quello che aveva passato, si meritava qualcuno che lo ascoltasse e prendesse atto delle sue decisioni. Ed io, potevo fare al caso suo.

Gonfiò il petto, giusto quel poco per buttare tutto fuori.«Mi ha baciato.»confessò.

«Cosa?»

«Non farmelo ripetere.»abbassò subito gli occhi verso il pavimento lucido, colpito nel profondo. E mentre le sue guance assunsero un colorito rossastro per l'imbarazzo, un'altra verità venne fuori.

«Tu non concedi a nessuno di baciarti.»appurai brevemente, appoggiando il mento al palmo della mano.

«Ci ho perso la testa»sbottò, inveendo su di me.«ora è come se non volessi nient'altro che le sue labbra.»

Non avevo mai avuto il piacere di sentirlo accanirsi in quella maniera. Di solito, portava su di sé la stessa aria indifferente e annoiata. Tipica della sua indole.

«Qual è il problema?»domandai poi, quando fui certo che si fosse per lo meno calmato.

Volevo arrivare al nocciolo della questione. Avevamo perso abbastanza tempo.

«È solo un cliente.»

«Sai che non è così»non mi trovai d'accordo con le sue parole.«ormai è fatta.»

«Non sono fatto per amare.»replicò, non riuscendo a darmela vinta.

«Strano che tu lo dica con quel tono.»

Frustrato, Jimin prese a mordersi il labbro.«Cosa stai insinuando?»lo torturò fino a quando non espressi la mia opinione al riguardo. Avevo osservato a lungo, ed era giunto il momento di farmi avanti.

«Sto insinuando che hai gli occhi più vivi, da quando l'hai conosciuto.»

Voltò il capo, come per schivare ciò che avevo appena portato alla luce.

«Non è affatto vero.»

Sapevo che stesse mentendo. Ne ero più che certo.

Testardo, sempre il solito testardo.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora