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Il fruscio delle coperte fu sufficiente a farmi aprire gli occhi di scatto, spaventato che si trattasse tutto di un sogno. Ma grazie al cielo, Jimin era lì con me.

Avevo tenuto per tutta la notte il braccio poggiato sul suo fianco. Lui, a differenza mia, si era concesso un riposo più lungo del previsto. L'avevo capito dal suo leggero russare. Apportai maggior vigore alla presa, non potendo volere niente di meglio al mondo.

Strofinai il naso contro la sua pelle, così liscia da farmi desiderare di non lasciarla mai. Arricciai le labbra, lasciando dei piccoli baci muti sulle sue scapole sporgenti.

Lo sentii sussultare, colpa della mia irruenza.«Mi fai il solletico.»rise, girandosi verso di me.

«La smetto, se vuoi.»

«Non ho detto questo»con le dita, catturò il mio mento, alzandomi il capo e obbligandomi a fissare gli occhi nei suoi.«Vieni qui.»fece scontrare di nuovo le nostre labbra, in un bacio che d'innocuo, aveva ben poco.

«Ne voglio ancora.»brontolai dopo, non avvertendo più quella soffice sensazione.

Troppo presto si era separato da me, lasciandomi poi un lieve bacio sulla punta del naso. Allungò le mani oltre il letto, il bacino coperto ancora dal lenzuolo finissimo, e prese al volo un paio di utensili che riconobbi solo quando li tenne più vicino a sé. Dopo aver fatto mente locale, mettendosi a pancia in giù, portò l'attenzione su un foglio.

«Prima devo fare una cosa.»

«Sai anche disegnare?»domandai, meravigliato.

«Me la cavo»precisò lui, passando il pollice sulla carta, ricalcando poi con la matita i contorni di un volto.«sta fermo.»mi disse, non prima di avere poggiato una mano sulla mia tempia.

L'altra correva in basso, calcando delle linee le quali non potevo vedere. Tenne ferma la matita, indeciso se avesse portato a termine l'opera. Sospirò, posandola in un angolo, sua compagna fidata in quell'impresa.

Mi sarebbe venuto un colpo se qualcuno non mi avesse detto che non si trattasse di uno scherzo. Quel volto poteva appartenere solo ad una persona: il mio.

Spostai lo sguardo dal foglio a lui in un un secondo(la bocca semiaperta per lo sgomento), godendo di un'altra sua versione, concentrata.

«È fantastico.»lui invece lo stava ancora analizzando, in cerca di qualche difetto.

»lui invece lo stava ancora analizzando, in cerca di qualche difetto

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Ma non c'era nient'altro d'aggiungere. Era perfetto così. Lo mise via, tornando poi a concentrarsi su di me. Mi accarezzò la guancia, intrecciando la gamba alla mia, in modo da tenermi più vicino.

«Non sono abituato a vederti ancora nel mio letto, soprattutto senza denaro.»

«Hai me, come alternativa.»

«È una splendida alternativa.»piegò l'estremità della bocca all'insù, facendomi sciogliere il cuore.

«La smetti di sorridere in questo modo?»

Sfiorò il mio labbro inferiore con il suo, e senza che me ne rendessi conto, portò i denti su di esso.«Ti crea problemi?»mordicchiò quel pezzo di pelle, e giurai di sentire già l'adrenalina salire. Dai meandri delle viscere, fino ad arrivare alla testa.

«Sì, mi fai dimenticare perfino chi sono.»

«Sei serio.»

«Avevi dubbi?»

«Bene, perché lo sono anch'io.»dichiarò.

Dopo questo, rimasi spiazzato. Cosa potevo dire in mia discolpa? Sbattei le ciglia più volte, preso allo sbando. Poi Jimin, resosi conto del suo danno, cercò di rimediare. Estrasse dal cassetto un piccolo recipiente, contenente un liquido biancastro e denso, quasi trasparente.

«Che cos'è?»

Immerse entrambe le dita della mano al suo interno, recuperando una modesta porzione.«Latte di cocco»passò i polpastrelli ai lati del mio collo, facendosi poi spazio verso il petto.«viene dall'Egitto, come me.»mormorò, schiarendosi la voce.

Non mi aspettavo quella rivelazione.

Alzai il capo, non riuscendo a contenere l'emozione.«Sei egiziano?»

«Per metà. Mia madre era greca.»

Avevamo qualcosa in comune. Nessuno poteva aspettarselo. Ora, avevo sete di sapere altro. Poi il segno della"famosa"cicatrice su quella pelle morbida quanto proibita, riaccese la curiosità che avevo tenuto repressa da quando le mie dita l'avevano sfiorata.

Aspettai che finisse di passare le mani sulle mie spalle, prima di farmi forza e domandargli quel particolare che da tempo aveva preso parte a una delle mie tante preoccupazioni.«Come te la sei procurata?»lui, capendo al volo a cosa mi stessi riferendo, bloccò i suoi movimenti.

Grugnì, e dalla sua espressione capii di averlo messo in una posizione scomoda.

Con la lingua, segnò una scia umida, partendo dalla base del collo.«Ti basta sapere che è un segno di un passato da dimenticare.»provocò altri brividi.

I primi di una lunga serie.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora