Finito di consumare il vino, per questioni che non m'interessarono, Youra fu costretta a lasciarci. Aveva commesso fin troppi errori, ma questo, era imperdonabile. Sgridarla o punirla non mi sembrava il caso, tanto avrebbe continuato comunque a fare di testa sua.
Dovevo prendere tempo, e soprattutto essere accondiscendente. Chissà che cosa passava per la mente di quel fanatico.
Non dovevo abbassare la guardia.
Si complimentò per la disciplina che aveva dimostrato la servitù e soprattutto per il cibo, aggiungendo che non avesse mai mangiato così bene. Dopo averlo ringraziato, incaricai le ancelle di farlo scortare in una delle nostre stanze migliori, tanto per fare bella figura.
Avrei tanto voluto che Hoseok fosse lì con me, magari dandomi dei consigli su cosa fare. La preoccupazione su Daphne e le bambine mi stava facendo marcire dentro.
«Youra ha avuto proprio una grande idea.»ricapitolò lei, quando conclusi il resoconto, cercando di mantenere la calma e un tono basso per non spaventare le bambine. Ne stavano già risentendo per colpa dei fulmini, non volevo invischiarmi anch'io.
«Non nominarla, ti prego.»sibilai tra i denti.
«Stai bene?»
I suoi occhi cercarono i miei, mentre tenevo il capo poggiato allo spigolo della finestra, tenendo lo sguardo fisso in un punto impreciso. Daphne voleva solo che non rischiassi troppo; aveva già perso il suo compagno troppo presto, e l'idea di perdere anche me la faceva mancare il respiro. Da quando ero entrato in politica, le avevo promesso che sarei stato attento, che la famiglia veniva prima di tutto.
E così sarebbe stato.
«Sto bene, tranquilla. Ora riposati.»
Le accarezzai il capo, seguendo i suoi movimenti, fino a quando non la vidi sotto le coperte. Chiusa la porta alle mie spalle, raccolsi una candela accesa, inserendola in una lanterna. Il battere della pioggia aumentò, e usando l'uscita di riserva, attraversai la struttura in punta di piedi, entrando spedito nelle stalle. Astèri aveva un udito particolarmente fine, saperla spaventata mi portava angoscia.
Sarei andato a dormire solo dopo essermi accertato che stesse bene. Il suo nitrire agitato mi fece accelerare il passo, la poca luce mi bastò per trovarla rannicchiata in un angolo, al collo, aveva stretto una corda che a sua volta si legava ad un gancio.
Passai la mano sul suo manto, a quel contatto, pareva essersi calmata. Sorrisi, sentendomi sollevato.
Poi delle mani fredde e umide mi coprirono gli occhi. Trattenni il respiro, come congelato.
Veloce, testai all'impazzata quei dorsi lisci , ora coperti da gocce d'acqua.«È giunta la tua ora.»mormorò scherzosamente quella voce che conoscevo fin troppo bene.
Veloce, puntai la lanterna dietro di me, solo per scoprire che si trattasse di Jimin.
«Cosa ci fai qui?»gli chiesi in un sussurro ansioso. La sua bocca corse alla mia, lasciandoci dei lievi baci che mi fecero desiderarne altri mille, ignorandomi apposta.
Arrivò a baciarmi la punta del naso, per poi strofinare contro di esso anche il suo.«Volevo vederti.»sorrise ampiamente, tenendo gli occhi fissi nei miei.
Poggiai la lanterna su uno spigolo di legno, in modo da mantenerlo ben saldo, illuminando lo spazio adiacente. Schiarii la voce, apparendo autoritario davanti la sua figura.
«Ho un ospite importante qui da me.»lo informai, evidenziando l'ultima parola.
«E quindi?»
«Non dovresti essere qui, è pericoloso.»
Alzò le spalle, guardandosi intorno e poi si sedette sulla paglia, continuando a non capire perché fossi così preso da quell'intruso.«Ti preoccupi per me?»portò la mano a mezz'aria, invitandomi a raggiungerlo.
Spostai il peso da una gamba all'altra.«Jimin, non provocarmi.»
«Adoro farlo.»
Stava per inclinare le labbra all'insù, ma all'ultimo minuto si fermò, concentrato su qualcos'altro.
Non vedendo alcuna resa da parte mia, Jimin pensò bene di fare di testa sua. Perché a lui le regole, non piacevano per niente. Ecco il primo, vero motivo che mi aveva attirato. Circondò il mio polso con le dita, tirandomi senza alcun tatto su di sé.
Quasi caddi a causa della forza impiegata. Imprecai mentalmente,"detestando"quei suoi modi burberi, ma assolutamente efficaci.
Appoggiai le mani sulle sue spalle, mettendomi a cavalcioni sulle sue gambe, mentre lui fece pressione con le mani sulla mia schiena. Le nostre erezioni a contatto.
Per tale atto, rilasciai un lamento di gratitudine.«Stiamo superando i limiti.»potevo osservarlo dall'alto e non c'era vista migliore dei suoi occhi, riflessi ora nei miei.
«Sapere che potremmo essere scoperti da un momento all'altro, aumenta sempre di più la mia voglia di affogare dentro di te»dichiarò, più serio di prima.«senti come corre forte il mio cuore?»
Trascinai la mano al suo petto, coperto da un tessuto troppo fine, e sentendo all'istante i battiti frenetici al di sotto della cassa toracica.
«Lo sento.»
Prese a baciarmi il collo, ma mi ritrassi di colpo, facendomi scappare un gemito.
«Sto diventando dipendente da te, e questo mi spaventa.»mi disse, ad un soffio dal viso.
«Perché ti spaventa?»
«Non mi era mai capitato con nessuno.»
Feci silenzio, la sua confessione mi aveva preso. Come faceva sempre.
«Perché sei diverso, e sai perché?»continuò, avendo la mia totale attenzione.
«Dimmelo tu.»
«Sei diverso perché, a differenza degli altri, tu hai visto in me qualcosa in più. Non ti sei fermato alle apparenze, alle chiacchiere, ai pregiudizi. Sei andato oltre. Mi hai cercato.»
Spostai leggermente i suoi capelli zuppi d'acqua da un lato, inclinando verso di me il suo viso. Sentivo di poter spostare una montagna con un dito.
«Il mio unico rimpianto è di non averti conosciuto prima.»dissi tutto d'un fiato, afflitto da un sentimento che non avevo mai provato.
«Se non fosse stato qui, ci saremo incontrati di sicuro da qualche altra parte.»affermò lui, senza una punta d'incertezza.
«Tu dici?»
Tenne la mano sul fianco, aiutandomi a stare in equilibrio.«Ne sono più che convinto, Hilal.»disse, facendomi scattare una curiosità innata per quel nomignolo che mi aveva affibbiato.
«Hilal?»
«Significa"luna". Quando la guardo mi sento al sicuro, sento le stesse emozioni anche quando guardo te.»
Non ci fu nient'altro da chiarire. Passammo ai fatti, perché non riuscivo a esprimere a parole ciò che provavo per quell'essere fuori dal comune. Ci avvicinammo entrambi, contando i respiri che ci separavano.
La bocca si scontrò con la sua, e Jimin chiese subito l'accesso con la lingua, facendomi schiudere la bocca in un sussulto disperato. Fu un bacio fantastico e pieno di significato. Potevo volare.
Non sapeva né di dolore, né di possessione. Sapeva d'amore.
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JUST ONE NIGHT ― jikook
FanfictionGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...