Il sole era sorto da un bel pezzo, ed io non ricordavo assolutamente quanti chilometri avessi fatto. Ero lontano dal centro abitato, questo mi bastava per continuare. Hoseok aveva cercato di tirar fuori qualche parola di conforto, ma per quanto si sforzasse, alla fine avrei dovuto affrontare la questione da solo. Francamente non trovavo altre soluzioni. Perciò, guidato da Astéri, il mio purosangue regalatomi all'età di appena sei anni (il cui nome significava "stella"). Aveva sempre avuto un portamento regale, insieme al suo manto chiaro, richiamando a sè la proprio quella lucentezza. Mi addentrai all'interno della foresta che conoscevo a memoria. Ci andavo spesso da piccolo, quando i tempi bui erano finiti e quel terrore protratto dalle guerre, aveva smesso di scalfire la nostra quotidianità.
Cavalcare mi sembrava l'unica soluzione alla mia angoscia. La brezza mi accarezzava le guance, a mio parere non esisteva niente di più rilassante. L'avvertimento di Namjoon mi aveva segnato. Il fatto di non poter avere un erede non bastava; stavolta c'era dell'altro. Gli Dei volessero punirmi in qualche modo... A che scopo? Il mio destino poteva esser già stato scritto. In tal caso gli eventi erano immodificabili. E se non fosse stato così? Forse non era ancora troppo tardi. La testa stava per scoppiare. Non volevo pensare a niente. La calma stava avvolgendo il paesaggio circostante, trasmettendomi quella serenità che da un bel po' aveva deciso di abbandonarmi. Avevo bisogno di una giornata senza preoccupazioni. Senza conoscere il perché, riuscivo a prendere decisioni sensate quando ero solo. Le parole di altri avrebbero complicato ulteriormente le cose.
A volte il metodo migliore per capire il mondo, è quello di allontanarsi da esso. Il rumore dei ciottoli schiacciati dal peso di Astéri mi comunicò di aver raggiunto il mio piccolo angolo, nascosto da occhi inopportuni. Ci andavo spesso, quando sentivo che il peso dei miei compiti m'impediva di respirare. Arrivato a destinazione, vi trovai come al solito un grande manto verde pronto ad accogliermi: arbusti altissimi, cespugli rigogliosi accompagnati da fiori, ormai pronti all'arrivo della primavera. E per finire, la solita cascata la quale non aveva mutato la sua forma. Dall'alto si poteva ben notare l'acqua veloce e imperterrita scendere veloce, per poi riversarsi in un piccolo stagno.
Abbandonai la sella, incantato da quei colori. Con pochi passi, mi avvicinai al bordo dello stagno. Slacciai i sandali per poi immergere le gambe nell'acqua fresca. Il rumore scosciante mi aiutò e non poco. Ne avevo bisogno. Chiusi gli occhi solo un attimo, godendomi meglio la sensazione. Non potevo sapere che una volta aperti me ne sarei pentito amaramente. Come se mi trovassi nel più dolce dei sogni, una schiena familiare riempii il mio campo visivo. Mi congelai sul posto, non credendo ai miei occhi. Era lo straniero.
Non mi accorsi nemmeno di aver smesso di respirare, sapevo solo che la fonte dei miei guai si trovava a meno di mezzo metro da me. Da quella distanza potevo ben notare il suo busto – nudo e bagnato – da quella stessa acqua cui ne stavo godendo l'essenza. Era vicino alla cascata, ignaro che ci fosse qualcun altro oltre a lui. Mi morsi il labbro impedendo in qualche modo al sangue di scorrere frenetico. Stavo provando le stesse emozioni della prima volta. Com'era possibile? Avrei potuto studiarlo in eterno, e anche oltre. Tanto sontuoso a primo impatto pareva, ma al di sotto il male vi aveva già preso possesso.
I raggi del sole non furono d'aiuto, infatti peggiorarono le cose. I suoi effetti furono devastanti. I muscoli della schiena, fin troppo evidenti, modellarono la sua pelle delicata. Un misto che mi assicurò un posto in prima fila per gli inferi. Infine, portò entrambe le mani ai capelli fradici, buttando la testa all'indietro per modellarli a suo piacimento. Quando per puro caso girò il corpo verso la mia direzione, potevo dire addio alla mia integrità. Perché mi fai questo?
Notai subito delle gocce scendere dal suo petto, per poi giungere al suo basso ventre. Per un momento pensai che non avrebbe mai potuto riconoscermi, ma mi ero ricreduto solo quando mi rivolse un sorriso sfacciato. Il cuore si fermò, non so se per un attimo o per un anno intero, ma lo fece. Prima che potessi fare qualcosa al riguardo, lo vidi nuotare verso di me, avvicinandosi con una lentezza disarmante. Ci aveva preso gusto. Una volta riemerso, appoggiò le mani ai lati delle mie gambe, intrappolandomi.
Dopo avermi guardato a lungo, avvicinò il viso al mio. La sua aura mi tramortiva come ogni volta e non potevo immaginare cosa sarebbe successo da lì a poco. La sua lingua bollente lambì il mio mento, passando per le labbra, regalandomi un batticuore che non mai avevo provato prima d'ora. Continuava ad avvelenarmi ed io ne ero sempre più dipendente.
Fissò gli occhi nei miei, sapendo di avermi imprigionato nella sua tela.
«Piaciuto lo spettacolo?»
STAI LEGGENDO
JUST ONE NIGHT ― jikook
Hayran KurguGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...