Da quella discussione non accennai un'altra parola. Complicare la situazione non avrebbe giovato a nessuno, men che meno a me stesso. Avevo già dato la mia opinione riguardo al testamento, e su questo non si discuteva. Potevo decidere cosa sarebbe stato più giusto anche da solo. Youra pensava d'intenerirmi accennando di nuovo alla questione del bambino. Sapeva appellarsi solo a quello, nell'ultimo periodo. Come se in qualche modo potesse dire la sua senza intaccare ulteriormente al mio stress giornaliero. Già sapeva cosa ne pensavo al riguardo. Poi il mio lato egoista ebbe la meglio, convincendomi sul fatto che sarebbe stato meglio così. L'idea di condividere un figlio con una persona la quale non amavo, che anzi disprezzavo, mi disgustava. Non potevo fare altrimenti.
I sensi di colpa mi attanagliavano anche di giorno, come se non bastasse. Forse non meritavo compassione. Il nostro anniversario si avvicinava inesorabilmente, ed io ero sempre più propenso a cercare un motivo, un qualsiasi motivo, per non parteciparvi. Non potevo perdere il mio tempo dietro a sciocchezze del genere. Ruotai il capo in senso orario, cercando di non pensare al mal di testa, il quale aveva deciso di farmi visita. Incrociai per sbaglio un'ancella, indaffarata con i preparativi per la festa. Mancavano ancora parecchi giorni all'evento e l'intera servitù sembrava già in fibrillazione. Sembrava quasi come se non vedessero l'ora di mettere a punto ogni minimo dettaglio.
Accennò ad un inchino, ma io la fermai prima che le formalità mi distraessero.
«Starò fuori tutta la giornata, avverti mia moglie.»
La superai senza curarmi del resto; ero in ritardo e far aspettare le persone non faceva parte della mia indole. E proprio come mi aspettavo, Hoseok mi stava aspettando al di là del grande giardino ben curato, ai piedi di un grande ulivo. Sembrò avere la testa altrove, come se stese riflettendo su qualcosa d'importazione. Ovviamente non potevo biasimarlo.
Girò il capo verso di me, falsamente sorpreso.«Guarda chi si rivede.»
«Credevi di esserti liberato di me?»
«Più che altro non sapevo che fine avessi fatto.»
«Ti preoccupi troppo.»sviai il discorso, facendo finta di niente.
Dopo esserci scambiati una solita stretta di mano, iniziammo ad incamminarci verso la valle dei templi: un luogo considerato da molti come un ritrovo degli antichi. Dove la razza terrena incontrava quella spirituale. Era lì che avevo conosciuto Namjoon, l'oracolo per eccellenza.
Conosceva bene la mia famiglia. Per generazioni l'aveva guidata, sotto la sua ala. Tutti i cittadini, di qualsiasi ceto, si rivolgeva a lui. Anche per un semplice consiglio. Sapeva essere accondiscendente, ma anche scettico su altro. Con Hoseok vicino, attraversammo le restanti colonne, fino a raggiungere le pendici dello strapiombo, dove Namjoon si rintanava per meditare o per comunicare con gli Dei. Nessuno poteva prevedere quali disgrazie ci attendevano. Namjoon poteva solo essere il mezzo affinché gli uomini potessero fare qualcosa al riguardo. Poi lo vedemmo all'orizzonte.
Le mani congiunte dietro la schiena, postura fiera.«Alla buon ora»si voltò, accertandosi di star parlando con il sottoscritto.«ti stavo aspettando.»
Se avessi affermato di non essere in soggezione in sua presenza, mentirei. Abbozzai ad un inchino, provato dal suo tono quasi aspro. Quando lo usava non prometteva niente di buono.
«Perdonate la mia negligenza.»
Fissò il suo sguardo su di me, squadrandomi come fece la prima volta che mi vide.«Avvicinati.»dichiarò.
Allora c'era davvero qualcosa da dover mettermi in guardia. Me lo sentivo fin dentro le ossa. Lanciai un'occhiata ad Hoseok, il quale mi spronò a raggiungerlo senza fare storie. Lo raggiunsi in un attimo e dopo aver preso un lungo respiro, Namjoon portò le mani ai lati della mia fronte e chiuse gli occhi. Nello stesso momento in cui lo fece, il vento leggero cessò di soffiare e le nuvole in cielo parevano aver bloccato il loro corso. Poi gli occhi neri come la pece del maestro mi colpirono come un dardo infuocato. Un brivido di paura mi avvolse con il suo manto opprimente.
«Cos'ha visto?»gli domandai, spedito.
«Sciagure.»
Il respiro si fermò. A detta di Hoseok, Namjoon poteva essere assai inquieto.
Ma infondo ero lì per ascoltare, e se avessi detto una parola fuori luogo, potevo rimetterci anche la vita. L'oracolo sospirò.«Stai giocando con il volere divino, Jungkook.»
«Non mi sono mai permesso di farlo.»
«Stai agendo in modo irrazionale.»mi riprese, mantenendo la calma.
«In che modo?»
«Sai di cosa sto parlando»mi riprese.«e sai anche che le conseguenze saranno immodificabili.»
«Che cosa vuol dire?»
«Rischi di perdere ogni cosa. E ti assicuro che quando accadrà, non potrai fare niente per impedirlo.»
«Mi dica di più.»
Un silenzio troppo carico premette con forza su di me. Ero frustrato, peggio delle altre volte. Ancora una volta, le parole di Namjoon ebbero la capacità di sconvolgermi.
«Posso solo dirti di non lasciarti sopraffare dal fascino nell'oscurità.»
Senza dire altro, involontariamente, la mia testa visualizzò lo straniero, impegnato in uno dei suoi balli mozzafiato. Tanto bello, quanto letale.
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JUST ONE NIGHT ― jikook
Fiksi PenggemarGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...