Taehyung's pov
Pensare troppo non rientrava nei miei canoni. Spesso, perdevo la pazienza con niente. I miei consiglieri ci pensavano due o tre volte, prima di rivolgermi la parola. Ogni argomento con cui trattavi con il sottoscritto, doveva concludersi con la ragione dalla mia parte.
Chiunque avesse avuto il fegato d'immischiarsi nei mie affari, ci rimaneva senza speranze di salvezza.
Mio padre, per quanto a lungo visse, era sempre stato un debole. Si era fidato troppo di chi non avrebbe dovuto, era stato così stupido da mettere gli altri al primo posto. Tutto questo, solo per ottenere la gloria tanto desiderata.
D'altronde, io ero solo un ragazzino. E non c'era bisogno di essere un genio per capire che stesse agendo in modo troppo incauto.
Nonostante questo, avevo imparato molto da lui. Da come non provare sentimenti, a come sopportare un'immensa quantità di dolore fisico. All'inizio fu dura, ma questa era la legge di Sparta. Ad essa non si sfuggiva.
"Conosci a fondo il tuo nemico, prima di colpirlo alle spalle."questa fu la frase che mi disse, prima di partire per la spedizione che lo avrebbe allontanato per sempre da casa. Il corpo venne ritrovato tre giorni dopo, il viso talmente sfregiato da non riuscire quasi a riconoscerlo.
Era stato troppo magnanimo. Proprio per questo, ci aveva rimesso la vita. Tutto a causa di uno sporco greco. Ma non uno qualunque.
Non avrei commesso il suo stesso errore. Avevo mandato un mio sottoposto, il quale mi aveva comunicato che il messaggero era già partito per Atene. La resa dei conti era vicina.
Posai la mano oltre il balcone, posto in all'ultimo piano del palazzo. Facevo questo fin da ragazzino, osservavo i mille ettari, estendersi fino all'orizzonte, e pensavo:"un giorno, tutto questo sarà mio." E così fu.
Delle labbra ruvide lambirono la pelle delle mie spalle scoperte, come il resto del corpo. Le mani viaggiarono all'altezza del mio ventre. – non le solite mani irruenti a cui ero abituato.
Girai su me stesso, rivolgendomi alla donna dalla pelle chiara. La penombra mi permetteva di scorgere ben poco, ma la mia attenzione cadde, inevitabilmente, sul suo seno. A quella vista, mi leccai il labbro inferiore, guidato da un impulso irrefrenabile.
«Fatti avanti.»la incitai, pronto a sbizzarrirmi con le mie fantasie.
La sconosciuta fece un passo in avanti, buttando all'indietro i capelli scuri, concedendomi una vista migliore del suo corpo. Si avvicinò, ma con la paura nei passi e nella voce. Era comprensibile.
«Non è un po' troppo avventato, sua maestà?»
Una rabbia cieca mi colpì all'istante, facendomi perdere per un attimo la lucidità.«Non vieni pagata per fare domande, puttana.»le ringhiai contro, e afferrandole il braccio, la spinsi con forza sul letto.
Mi avvicinai subito dopo, mentre lei tentava di divincolarsi. Nonostante la penombra mi stesse dando difficoltà, potei comunque notare un accenno di paura nei suoi occhi.
«Mi perdoni.»mormorò, colpendo con la schiena la testiera del letto.
L'afferrai per la caviglia, tirandola verso di me. Un piccolo lamento sfuggì dalla sua bocca, l'erezione ormai evidente.
«Io non perdono.»
Dopo aver mantenuto gli occhi fissi sulla sua figura, con un colpo secco e violento, la penetrai. Mugolai dal piacere, mentre le sue pareti strette accoglievano il mio membro. Presi a stuzzicare con le dita un suo capezzolo, già turgido sotto al mio tocco e con la bocca libera, morsi l'altro, in un impeto folle.
I suoi gemiti non fecero altro che far aumentare l'intensità delle spinte. Stava per arrivare al limite; cinse con le gambe il mio bacino, tendendomi più vicino a sé.
Morsi ripetutamente il suo collo, lasciando alcuni segni che ben presto avrebbero assunto un colorito più acceso. L'orgasmo si stava avvicinando.
Ma prima di arrivare al culmine, feci scorrere la mano alla cieca, fino ad arrivare al di sotto del cuscino, conoscendo il percorso a memoria. Recuperato il prezioso pugnale, venni copiosamente dentro di lei. E fu lì che la furia che avevo represso fino a quel momento, uscì fuori.
Con un taglio netto, recisi la sua gola. Un urlo soffocato salì e si arrestò in quel punto. Schizzi di sangue scarlatto finirono sul mio viso, d'istinto chiusi gli occhi e li riaprii subito dopo. Non potevo perdermi quella rappresentazione così divertente.
Si trattava per lo più di una tradizione personale.
La donna tenne gli occhi spalancati, fissandomi per tutto il tempo. Le mani portate ora all'altezza del taglio profondo, cercando disperatamente di evitare che fuoriuscisse altro. Sorrisi a quell'inutile tentativo, mentre a poco a poco la vita lasciò il suo corpo.
Fu breve, ma assolutamente magnifico.
Tutto quel sangue sparso sul suo petto, sulle lenzuola e sulle mie dita, fu appagante. Non c'era vista più eccitante.
Risi di gusto.«Mediocre.»commentai, leccando la punta affilata del pugnale.
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JUST ONE NIGHT ― jikook
FanfictionGrecia, 433 a.C. In quel tempo ogni forma d'arte stava incontrando la propria evoluzione, senza nessun tipo di freno. E gli uomini non potevano niente contro il volere imposto dal fato. Ciò che doveva compiersi era già stato scritto. In origine, fu...