12.

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Aspettai con impazienza che la notte mi desse il suo benvenuto. I muri dei vicoli mi stavano trasmettendo le stesse sensazioni avvertite la prima volta che avevo dato retta a Hoseok. Senza lamentele. Ora, abbandonato a me stesso, ma sicuro di ciò che volevo, spalancai quella porta. Il solito odore acre mi avvolse; Sistemai i capelli alla meglio che potevo, passando una mano tra di essi. In realtà, fu anche un gesto per reprimere il nervoso. Se solo i miei occhi non fossero caduti sullo straniero.

Magari a quest'ora, sarei rimasto chiuso nella mia dimora ad osservare il fuoco ardere nel suo apposito angolo. Invece, contro ogni forma di volontà, mi ritrovavo di nuovo nel posto in cui erano iniziati i miei guai. Mi sentivo come un bambino sperduto, alla ricerca della giovinezza che ancora sentiva vivo in lui. Quella giovinezza che solo un paio di occhi profondi riuscivano a donarmi. Mi davo dello stupido, perché trovavo ridicolo come fossi caduto così in basso. Dipendevo in tutto e per tutto da uno sconosciuto. Ma lui non era uno qualsiasi. L'avevo capito non appena il suo corpo si era mosso, seguendo il ritmo della musica incessante.

Il danno era stato fatto. E non sarei tornato indietro nemmeno se avessi voluto. Vagai con lo sguardo, trovando solo ricchi sprovveduti puntare altre prede. Poi una chioma bionda entrò nel mio campo visivo. Avrei potuto riconoscerlo fra mille. Ma un particolare, che non avevo notato prima, mi fece desistere: non era solo. Le mani rugose di un altro uomo stavano viaggiando sul suo corpo, all'altezza dei suoi reni. Un impulso indolore mi spedì dritto verso quello scempio. Non potevo permettere che qualcun altro tastasse con così poco garbo ciò per cui avevo pagato.

L'oggetto dei miei desideri, come se mi avesse sentito arrivare, girò il capo verso la mia direzione. Avevo l'impressione che già sapesse che fossi lì. Se lo aspettava.

L'altro non si era accorto di niente, e forse fu un bene

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L'altro non si era accorto di niente, e forse fu un bene.

«Levagli le mani di dosso.»con uno strattone lo allontanai, minacciandolo.

Lo straniero si fece da parte senza dire una parola, e vidi l'uomo – fin troppo ubriaco – tentare di reggersi in piedi. Mi guardava spaesato. Forse non sapeva nemmeno cosa gli avessi urlato, perché il suo sguardo pareva assente. Come se non sapesse cosa avesse fatto fino a quel momento. Poco importava.

Yoongi accorse in mio aiuto, nonostante non me ne servisse affatto.«Quanto trambusto...»battè le mani, ristabilendo l'ordine. Troppi occhi avevano assistito alla mia sfuriata, ma arrivato a quel punto non potevo fare altrimenti.

Digrignai i denti, ancora provato per quell'affronto. Lo straniero, dal canto suo, aveva osservato la scena fino a vederla degenerare. Tutto a causa sua.

Yoongi cercò di farmi riprendere, strinse il mio gomito. Sentivo l'aria mancare.

«C'è qualche problema, Jungkook?»

Sospirai, l'irritazione per fortuna stava scemando.«Nessuno.»

Gli occhi del biondo s'illuminarono, li vedevo più vivi di prima. Era stato per errore di Yoongi? In tal caso, fremevo dalla voglia andare via insieme a lui. Come se mi avesse letto nel pensiero, mi trascinò lontano dalla folla. Aveva fretta anche lui. Raggiungemmo la stanza dell'ultima volta.

Munito ancora da quella delicatezza che lo distingueva da tutto il resto, piantò la mano sul mio petto, facendomi accomodare sul letto. Si fece spazio, posizionandosi in mezzo alle mie gambe e mantenendosi in equilibrio con le braccia, lasciate scoperte.

«Calmati, Jungkook»mormorò, su due piedi.«ora andrà meglio.»

Avvicinò la bocca alla mia. Ormai potevo solo limitarmi a sognare quei due petali. Forse non mi avrebbe mai concesso di poterle toccare. Aspettai la sua prossima mossa, la quale non si fece attendere. Con una presa salda, afferrò con i denti il mio labbro inferiore. Lo tenne all'interno della sua bocca per poi tirarlo verso di sé con una violenza inaudita. Grugnii contro la sua bocca. Eravamo soltanto all'inizio. Nel mentre, la sua mano passò all'altezza dell'inguine. Mugugnai, avvertendo il bruciore in quel punto e il membro reagire alle sue carezze.

Il dolore al labbro venne preceduto da una piccola scia di sangue che lui portò via con la punta lingua.«Che buono.»il tono estasiato.

«Smettila, maledizione.»

Tenni gli occhi chiusi fino a quando non ritornò a parlare.

«Jimin.»

«Mh?»alzai di poco la testa, per poi abbandonarla di nuovo contro il letto.

«È il mio nome.»

Esalai un altro respiro, piegando l'angolo della bocca all'insù. Scosso dalle sue mani esperte e soddisfatto dalla sua confessione. Era ora.

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora