6.

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Yoongi's pov

Non mi concedevo spesso dei giorni liberi. L'età iniziava a farsi sentire. E il lavoro mi teneva impegnato la maggior parte del tempo. Per buoni motivi, ovviamente. Il mattino mi regalavo momenti di torpore, così ne approfittavo per uno scopo altrettanto efficiente. Stavo ancora contando le singole monete che mi mancavano per arrivare alla somma la quale dovevo ammontare. Quel mese potevo ritenermi fortunato. Il motivo? In un solo giorno avevo guadagnato così tanto da poter comprare un'intera nave. Dopo essermi concesso un minuto per realizzare, decisi così, su due piedi, di aumentare il salario ai miei giovani rampolli. Colpa dell'euforia accumulata. Ma ce n'era uno in particolare, il quale meritava i miei più sentiti elogi.

Contai un'ultima volta il bottino (tanto per essere sicuri), poi nascosi il tutto all'interno di un cassetto nella parete. Nessuno tranne il sottoscritto, avrebbe mai trovato quella sacca piena di sacrifici. Feci in tempo a ricompormi, che un nuovo cadetto entrò di corsa nel mio studio personale. Non si curò nemmeno di bussare, ma non era questo il punto. Potevo capire il panico nei suoi occhi, ora ridotti a due fessure. Era il più giovane, scampato da un futuro di schiavitù assicurato. La prima cosa che notai, fulmineo, furono i mille tagli profondi sull'addome. Chiunque al mio posto avrebbe dato di matto, a quella vista. Io stesso invece non potevo far altro che accorrere in suo aiuto, mantenendo il sangue freddo. Ormai ero abituato da anni a scenari simili. In un bordello che si rispettasse, non potevano mai mancare clienti con particolari fissazioni. Ed io non potevo niente contro il loro volere. Potevo accettare tutto, fino a quando non si sfociava nel sangue. O peggio.

Senza cadere nello stesso sconforto, afferrai le sue spalle, cercando di calmarlo e pregando che smettesse di tremare come un agnellino al macello.

«Vai da Aida, ti prego. Non voglio che gli altri ti vedano in questo stato.»

Sparito dalla mia vista, il silenzio tra quelle mura stava diventando troppo fitto.

Fin troppo assordante, per i miei gusti. Perciò decisi di fare l'unica cosa che mancava per portare la mia giornata al limite della perfezione: visitare il mio unico favorito. Avevo passato delle ore estenuanti, divorato dal dubbio che potesse commettere uno sbaglio. Conoscevo il suo temperamento. E speravo che questo non intaccasse in alcun modo i suoi compiti. Non mi aveva mai deluso. Spostai le tende, in modo da raggiungerlo senza produrre troppo rumore. Il tempo passava, ma la sua abitudine di dormire fino alle ore più improbabili, per niente. Mossi i piedi lentamente, studiando il prossimo passo da fare. Purtroppo avevo dimenticato che possedesse un orecchio fine. Lo trovai in condizioni pietose per un tipo così ordinato come lui. Sbuffò senza voltarsi, capendo in anticipo di chi si trattasse. Sollevò il capo, scroccando le ossa della schiena e delle braccia. Sospirai, avvertendo una strana sensazione nel vederlo reagire in quella maniera. Spalancò gli occhi, e a primo impatto, mi sembrò alquanto infastidito dalla mia presenza. Il che era una novità.

Scossi il capo, concentrandomi sul vero motivo per cui mi trovavo lì. Prima che potessi dire qualcosa, lo vidi mettersi seduto, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Incrociai le braccia, fermandomi ad ammirare il mio acquisto migliore.

«Sei stato fantastico, Jimin.»

Con la fioca luce proveniente dalle fessure delle finestre malandate, fui in grado di poter avvistare un piccolo sorriso soddisfatto da parte del ragazzo.«Come sempre.»replicò subito, nemmeno mi avesse letto nella mente.

«Questa settimana ti voglio libero solo per Jeon.»

Sbarrò gli occhi, per poi tornare alla sua stessa espressione di sempre. Certi dettagli non mi sfuggivano. Ma per questa volta potevo passarci su.

«Il politico di cui mi avevi parlato quella stessa sera?»

«Esattamente»esclamai, compiaciuto dalle sue abilità.«vedo che hai buona memoria.»

«Perché questa richiesta?»

«È stato lui a richiederlo.»

La sua curiosità era evidente, quanto il perché di quella pretesa. Anche un cieco avrebbe potuto notarlo. Quando iniziava ad insistere, diventava inarrestabile. Intuivo però che ci fosse altro che avrei dovuto sapere, ma il tempo sarebbe stato dalla mia parte. Come sempre. All'inizio notai la sua diffidenza, provato da quelle parole. Respirò affannosamente, come se avesse camminato per cento anni senza mai trovare la giusta via. Potevo comprendere il suo sgomento. Stavo per apportare delle modifiche che avrebbero fruttato ad entrambi. Non era questo che voleva?

JUST ONE NIGHT ― jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora