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Gotham si era spezzata praticamente in due sotto i diversi controlli di due gruppi importanti: da una parte c'era il Gruppo delle sirene, formato da: Selina Kyle; Barbara Kean e Tabitha Galavan, sorella dell'ex sindaco di Gotham, Theo Galavan. Dall'altra invece, c'era l'impero di Edward Nygma, capo della mafia gothaniana.
La città era sempre in un delirio totale da quando c'erano due capi al comando della criminalità, avrebbero tutti preferito il comando del vecchio Don Carmine Falcone, ormai andato in pensione da diversi anni. L'anarchia regnava sempre sovrana mentre le strade venivano inondate di sangue, bossoli e polveri da sparo a causa delle guerre fra i due boss, che nemmeno la GCPD poteva placare e il tasso di criminalità era in continuo aumento che molte persone abbandonavano le proprie case per ripararsi nei Narrows.

Però quel giorno, era un giorno molto tranquillo anzi troppo tranquillo: pioveva e anche molto da far diventare la città ancora più cupa del solito; le strade erano vuote, solo a volte qualche auto passava per tornare a casa o a lavoro e i criminali non si erano fatti avanti neanche per un furtarello, tanto da far sperare alla polizia e a Jim Gordon in una giornata più tranquilla.

Nella GCPD sembrava tutto tranquillo e normale: Jim e Harvey si occupavano di casi importanti e di massima urgenza, gli altri agenti erano occupati in casi minori mentre qualcuno si occupava di un corpo all'obitorio. La persona in questione era bassa e piccola, pelle bianca come la neve, capelli corvini un po' arruffati, occhi verdi come uno smeraldo bagnato dalla rugiada mattutina e un naso simile a un becco da pinguino; indossava abiti eleganti ma allo stesso tempo stravaganti ed aveva come giacca un camice bianco da laboratorio, e per finire indossava delle lunghe scarpe nere in cuoio da far sembrare i suoi piedi più grossi del normale.
Era girato di spalle intento a scrivere qualcosa su una cartelletta seguito dal ticchettio delle goccioline d'acqua che cadevano incessanti; era nel silenzio più totale quando sentii la porta alle sue spalle facendo intravedere la figura alta e slanciata della signorina Lee Thomphkins.

-Buongiorno Oswald, come stanno andando le cose qui?- cominciò a guardare alcuni fogli lasciati precedentemente da lei la notte scorsa.

Oswald lasciò per un secondo quello che stava facendo per rispondere alla sua collega:
-Va tutto bene qui, il decesso è avvenuto intorno alle tre del mattino di due giorni fa e pare che la causa siano delle strane piante entrategli nell'organismo che in poco tempo hanno raggiunto il cuore causandone il decesso- guardò il cadavere sul tavolo davanti a lui come se ci fosse qualcosa che non gli tornasse ma continuò a spiegare tranquillamente -però non so come abbiano fatto ad entrargli direttamente in corpo, non riesco a capirlo eppure ho fatto diverse ricerche ma non ho trovato nulla.-

-Hai fatto un ottimo lavoro, Oswald- a quelle parole arrossì lievemente ma cercò di essere il più discreto possibile:
-Ho fatto solo il mio lavoro, signorina Thomphkins-

-Oswald, chiamami Lee perfavore, dopotutto siamo colleghi-

-Hai perfettamente ragione ahah- si allontanò dal tavolo riprendendo a scrivere come prima ma il suo comportamento non convinceva Lee.

-Tutto bene? Ti senti bene?-

-Benissimo grazie- continuò a scrivere senza nemmeno alzare lo sguardo dal foglio.

-Sono giorni che fai gli straordinari anche di notte, prima non lo facevi e pensavo fosse successo qualcosa-

-Ultimamente dormo poco, se dormo faccio solo incubi e in più il mio ragazzo mi ha lasciato..non è un bel momento per me- la sua voce si fece sempre più bassa che quasi si sarebbe spezzata ed era terribilmente triste per ciò.

-Mi dispiace tantissimo per questo, ma infondo è anche una liberazione no?-

-Come puoi dire questo? Io lo amavo-

-Lui no! Come facevi ad amare una persona che ti picchiava? Se ti faceva del male, non ti amava. Anche se dice che è per il tuo bene, ma non è così-

Oswald non riuscì a parlare, un nodo alla gola gli si era formato cercando di trattenere le lacrime. Voleva solo pensare al lavoro e a sé stesso ma non ce la faceva molto perché continuava a pensare a Richard e a quanto lo amasse nonostante tutto.

-..non volevo ferirti, mi dispiace-

-no macché ahah.. grazie per l'interessamento-

-Se hai bisogno di aiuto, puoi contare su di me.. adesso scusami ma devo portare dei documenti a Jim, piuttosto importanti- la donna prese fra le sue vellute mani un fascicolo con una grossa scritta rossa fatta da un timbro con su scritto "Top secret" ed uscì dalla stanza chiudendo la porta alle sue spalle facendo ripiombare il silenzio.
Oswald lasciò stare i suoi fogli e rimise il cadavere nella sua "cella" sistemando i suoi attrezzi: era intenzionato a tornarsene a casa per riposarsi un po' ma si bloccò nel sentire forti rumori molto sospetti provenire dal quartier generale e poi una voce maschile parlare a gran volume.

"Salve a tutti! Ormai conoscerete bene il mio nome, ma per chi non lo sapesse io mi chiamo Edward..Nygma!".

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Gangster don't cry.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora