Capitolo 22

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|Luke|

Le avevo detto che mi dispiaceva, che anche se non sarei dovuto andare a letto con lei, non me ne pentivo affatto. E lei mi aveva tirato uno schiaffo. Ne avevo bisogno. Avevo bisogno di quella piccola dose di dolore fisico, che per un attimo solo coprì quello martellante e soffocante che di fisico non aveva nulla. Quello che non potevo curare, che dovevo tenermi dentro. La cosa che mi feriva di più era che non mi credeva. Come poteva farlo, dopotutto? Continuavo a tenere la testa bassa e la osservai strofinarsi sulla maglietta la mano rossa per lo scontro con la mia faccia. Osservavo molte cose, io. Avrei voluto pregarla di picchiarmi ancora e ancora, perché era quello che volevo fare ogni giorno io stesso. Il terrore cominciò a farsi strada dentro me, affiancandosi al dolore, quando realizzai ciò che aveva appena detto: Voleva rivelare tutto a Marcie. Sarebbe stata la fine. Vidi tutti i miei sogni infrangersi in un istante, come un vaso che cade da uno scaffale in alto, quando tocca terra e si divide in mille schegge.

-Non puoi farlo April, ti prego!- La supplicai, ma i suoi occhi già guardavano oltre me. Lei tremava e mi faceva male al cuore. Accennò un passo e poi prese a correre. L'avrei seguita, per dirle Dio solo sa cosa, l'avrei seguita ovunque, a dire il vero. Mi allungai per rincorrerla ma fui fermato da qualcuno. Cheryl. Se fosse stato Calum l'avrei ammazzato di botte.

-Devo seguirla.- Le dissi. Lei annuì, ma lasciò il mio braccio stretto nella sua presa.

-Abbiamo sentito tutto. Sarà meglio che ti inventi una scusa credibile per ciò che hai fatto, altrimenti ci penso io a parlare con Marcie.- Mi guardò fisso negli occhi, come a sottolineare la minaccia.

-Ci sta già pensando April.- Sospirai io, rassegnato. Non l'avrei mai raggiunta in tempo. Lei scosse la testa.

-No. Guarda, lei è con Cal!- Mi indicò due sagome lontane che riconobbi subito. Mi sentii subito sollevato, ma come avrei potuto spiegare il mio comportamento a Calum? dire la verità era escluso. Ammettere di essere stato ricattato dal signor West, davanti a lui o a chiunque altro, mi avrebbe fatto sentire debole, ma io non lo ero affatto, ci voleva molta forza per resistere in quella situazione. E poi, lui lo avrebbe detto agli altri ragazzi, e tutto sarebbe cominciato a precipitare. Dovevo vedermela da solo. Raggiunsi le due sagome, che smisero di parlare quando mi avvicinai. Lei tremava ancora e lui le accarezzava piano una spalla. Persino quel gesto amichevole stuzzicò la mia gelosia.

-Dobbiamo parlare, April.- Se lei avesse detto di si, cavolo, le avrei detto tutto. Se avesse detto di no, l'avrei pregata.

-Vattene Luke.- Disse lei, ma io rimasi lì dov'ero. Cal mi fece un cenno col capo e si allontanò. Di colpo la musica in quel luna park divenne assordante e le lucine troppo accecanti.

-Vieni con me. Andiamo a casa, ti spiego tutto.- Suonava come una supplica, e un po' lo era.

-Porterai anche la tua ragazza?- Non potevo spiegare il senso di disgusto che provavo quando Marcie veniva definita "la mia ragazza".

-No. Non posso dirle quello che sta succedendo.- Mi misi le mani in tasca e aspettai la sua risposta che attardava ad arrivare. Sembrava prendere in considerazione la mia proposta e mi sentii un pochino meglio.
-E va bene. Ma dovrai spiegarmi tutto quanto.- Sospirai. Finalmente avrei potuto parlarne con qualcuno.

-Tutto. Ti dirò tutto quello che vorrai sapere, lo giuro.- Ero a un passo dall'essere perdonato e non riuscivo a non sorridere, anche se lei non mi guardava in faccia.

Mentre procedevamo verso la mia macchina mandai un messaggio a Calum, per assicurarmi che si occupasse di Marcie.

Ehi Cal. Dì a Marcie che accompagno April a casa. Dille che non sta bene o qualcosa del genere e che la chiamo più tardi.

Come find me - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora