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È passata qualche settimana dal matrimonio di Jarade e Martina.
Loro sono tornati in Italia subito dopo le nozze e dunque non ho potuto chiedere scusa a mio fratello per la questione di Brad e, di conseguenza, Jay è rimasto arrabbiato con me.

Fortunatamente il mio primo giorno di lavoro al dipartimento mi ha distratto da questa incomprensione e mi sono potuta concentrare al meglio.

Non faccio altro che esaminare casi di ogni genere ogni giorno; è una cosa che mi piace tantissimo perché mi dà un senso di soddisfazione ogni volta che i miei colleghi rimangono stupefatti dalle mie teorie.
Le loro facce incredule nei confronti di una novellina come me sono così comiche che non fanno altro che incentivarmi a fare meglio.

Brad, naturalmente, cerca di aiutarmi il più possibile, anche se non ne sento il bisogno ma, nonostante ciò, mi fa piacere la sua presenza amichevole, mi fa sentire più sicura di me stessa.

Anche Luke cerca di collaborare con me ascoltandomi attentamente quando gli parlo dei vari casi per cercare di darmi consigli e suggerimenti.

Insomma, tutto sembra andare per il meglio, Jarade a parte ovviamente.

Soprappensiero come solito, sto tornando a casa quando ad un tratto mi squilla il telefono: guardo lo schermo, è Luke.

"Pronto Luke?"

"Piccola ciao. Dove sei?"

"Sto tornando a casa dal lavoro, perché?"

"Ti puoi prendere due o tre giorni di ferie?"

"Cosa?! Ma ti pare?! Ho appena cominciato a lavorare!"

"Per favore.."

"Ma perché?"

"Ne ho bisogno."

"Luke mi dispiace davvero tanto ma non posso."

"Va bene. Ci vediamo dopo?"

"Sì, andiamo a cena fuori?"

"Okay."

"Ti va?"

"Sì. Passo da te alle 20."

"Chiedo anche agli altri se vogliono venire?"

"Come vuoi."

"Non rispondermi così seccamente solo perché ti ho detto che non posso prendermi le ferie!"

"A dopo." dice e riattacca.

Data quella risposta secca, decido di non chiamare nessuno per la cena, in modo da rimanere da sola con Luke e provare a capire da dove arriva quel suo nervosismo.
Tra mille pensieri mi dirigo quindi a casa, con la speranza di farmi una lunga doccia rigenerante che mi schiarisca le idee.

ORE 20.16

Guardo fuori la finestra scostando leggermente la tenda. Luke è arrivato, la sua macchina è parcheggiata davanti al cancello di casa.

Esco di casa cercando di non traballare sui tacchi a spillo che ho scelto per la serata.

"Ciao." lo saluto una volta salita in auto.

"Ciao." dice lui, freddamente.

"Sei in ritardo di 16 minuti." gli dico cercando di ironizzare.

"Scusami, ero occupato." dice secco, mettendo in moto l'auto.

"A fare cosa?"

"Lavoro."

"Oh, okay."

La conversazione termina così, finché arriviamo al ristorante e scendiamo dalla macchina.

ATTI IMPURIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora