Parte 1

49 6 3
                                    

Stavo facendo quello che probabilmente avrei potuto definire il sogno più bello della mia vita, quando in lontananza iniziai a sentire un suono sempre più acuto rimbombarmi nelle orecchie. Allungai una mano sul comodino vicino al letto e presi il cellulare.

<Pronto?> risposi assonnata.

<Giù dal letto dormigliona> gridò una voce familiare. Rose Gyllenhaal: la mia migliore amica, conosciuta in accademia, nonché mia partner. Il suo vero nome era Rose Marie, ma guai a chiamarla così, a meno che non si volesse perdere un arto. Lo considerava un nome da principessina, e non lo sopportava.

<Dormigliona? Ma se sono le 4 del mattino!> brontolai, già andando in bagno a lavarmi.

<Il crimine non dorme mai> rispose lei, distorcendo la voce di proposito. <Omicidio a Tottenham Hale>

<Sono subito lì>

Il mio lavoro, per quanto mi riguardava, aveva solamente due inconvenienti. Uno era quello di non avere orari; ma, ovviamente, non si può pretendere che un omicida decida di uccidere una persona in pieno giorno, permettendo ad una povera detective di dormire in santa pace. L'altro invece, il peggiore, era che non ci si abituava mai ad assistere a certe scene. Una ragazza sulla ventina era riversa a terra, piena di strane ferite su tutto il corpo. Il vestito bianco era completamente strappato e il sangue le impregnava i capelli biondi. La pelle candida piena di lividi.

<Non sembrano ferite da taglio> salutai così Rose.

<Infatti non lo sono, ma non riesco a capire quale arma sia stata utilizzata> rispose lei pensierosa.

<Non preoccuparti, dopo che Lionel le avrà analizzate ne sapremo di più>

Annuì e salimmo nelle rispettive macchine per andare in centrale. Una volta lì, capii di non farcela senza un buon caffè, e mi fermai al distributore per prenderne un po'.

<Tu lo vuoi?> chiesi a Rose.

<Vuoi avvelenarmi?> ribatté sospettosa.

Va bene, forse "buon caffè" non era proprio esatto, ma meglio di niente. Glielo presi comunque, sapevo che lo voleva.

<Alla fine sei più uscita con quel tizio? Sean?> mi chiese strappandomi il caffè dalle mani e bevendone un sorso sorridendo.

<No. Dopo il primo appuntamento ci ho rinunciato. Non sembrava così idiota quando l'ho conosciuto>. Era vero. Sean era piuttosto carino: occhi azzurri e capelli neri, proprio il mio tipo, ma quando gli avevo detto di essere italiana e lui mi aveva risposto che un giorno gli sarebbe piaciuto visitarla per vedere Parigi, avevo deciso di lasciar perdere. Mentre chiacchieravamo un po' sentimmo delle voci concitate venire da fuori. Uscimmo e ci accorgemmo che era Dave, l'autista dell'ambulanza che trasportava il cadavere, che parlava con due agenti gesticolando nervosamente.

<Hey Dave, che succede?> domandai.

<Ah, Detective! Da non credere. Ho aperto lo sportello per prelevare il corpo e...e...non c'era più> rispose sconvolto.

<Cosa?!> esclamammo contemporaneamente io e Rose.

<Proprio così. Sparito>

<Ma com'è possibile?! Un corpo non può mica volatilizzarsi!>

<Non so cosa dire Detective, ne risponderò personalmente> disse.

<Aspetta a parlare Dave, ce ne occupiamo noi>. Esaminammo il veicolo, ma non aveva niente che non andasse: nessun segno di scasso ne lesioni. Il corpo era semplicemente sparito nel nulla. Sulla barella non trovammo niente che potesse farci arrivare a qualcosa, tranne una macchia nera al centro, come se ci fosse stata una piccola esplosione. Neanche quella, però, ci portò da nessuna parte. In più, la donna non aveva documenti, quindi l'unica speranza era che qualcuno venisse a denunciarne la scomparsa. Anche questo fu un buco nell'acqua: non si presentò nessuno, e avendo solo qualche foto del cadavere non potemmo fare altro che archiviare il caso.

L'Angelo PerdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora