Parte 44

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Erano passate due settimane dalla guerra. I funerali per i caduti si erano tenuti un paio di giorni dopo l'accaduto, ed era stato orribile scoprire il numero degli angeli morti. Poco alla volta tutti avevano ricominciato a vivere le loro vite, anche se la mancanza delle persone care scomparse si sarebbe fatta sentire per ancora molto tempo. Come gli altri, anche io ero tornata alla mia vita, nonostante ci fossero stati dei cambiamenti. Avevo lottato strenuamente contro Gabriele, perché lui era contrario al mio rientro a lavoro a Scotland Yard. Da una parte aveva paura che qualche demone, sotto diretto ordine di Callias, non fosse tornato agli Inferi ma fosse invece rimasto sulla Terra per cercare di uccidermi e quindi infrangere il sigillo, dall'altra parte, considerato il tipo di lavoro che svolgevo, temeva che qualche folle potesse spararmi o chissà cos'altro.

Mi ero opposta con tutte le forze e alla fine ero riuscita a convincerlo a farmi tenere il lavoro, a patto che un altro angelo mi facesse da partner. Era un mistero come sia i demoni che gli angeli fossero stati in grado di far assumere uno di loro come detective, ma finchè fossi riuscita a svolgere il mio lavoro, non mi sarei opposta a quella condizione. Gabriele mi aveva anche costretta a cambiare casa perché, se proprio ero decisa a continuare a lavorare fra gli umani, almeno voleva che io vivessi in Paradiso. Avevo storto un po' il naso, ma se trasferirmi gli avrebbe fatto dormire sonni più tranquilli, lo avrei accontentato. Ci mancava solo che mandasse qualche angelo a controllarmi mentre dormivo!

Dopo la guerra nessuno guardò più me e mio padre con diffidenza, anzi, nei loro occhi vedevo solo gratitudine. Fu proprio grazie a questo cambio di rotta che anche a Dana e a Christopher fu concessa una casa in Paradiso. Gabriele era stupefatto che gli angeli avessero accettato così di buon grado di far vivere un demone in mezzo a loro, ma aveva acconsentito anche lui senza fare problemi; riconosceva a Christopher una buona parte delle riuscita della nostra missione.

La mia famiglia umana era tornata in Italia, felice di poter finalmente uscire di casa senza la paura che qualcuno li scoprisse. Avevano dovuto rispondere alle domande curiose di qualche vicino, ma se l'erano cavata con poche difficoltà. Nonostante tutte quelle novità, comunque, la mia vita mi andava più che bene, anche se l'ultima cosa che mi rimaneva da fare per poter davvero andare avanti, era anche quella che mi spaventava di più. Mi trovavo a Chelsea, davanti ad una bella villetta in mattoni rossi. Aprii il cancelletto e attraversai il bel giardino.

Liam mi strinse la mano per darmi coraggio e mi indicò una panchina in un angolo del giardino <Ti aspetto lì, va bene?>

<Va bene> gli sorrisi e gli diedi un bacio veloce. Presi un profondo respiro e bussai alla porta. La donna che mi aprì era molto diversa da quella che ricordavo: era dimagrita e aveva molte più rughe in volto, dovute sicuramente al dolore subito.

<Samantha!> mi salutò sorpresa. <Entra pure cara>

<Ciao Henriette> dissi abbracciandola. Entrai, assaporando il tepore che m'investì. Mi fece accomodare in soggiorno, mentre andava a chiamare suo marito John che leggeva nel suo studio e Julia che studiava in camera. Diverse volte ero andata a trovarli dopo la morte di Rose, ma quella era molto diversa. Mi salutarono con affetto e ci mettemmo tutti sul divano, con una tazza di tè fumante. Mi sentivo quasi in colpa per Liam, che mi aspettava fuori al freddo. Non sapevo come aprire il discorso, e questo mi rendeva nervosa.

<L'hai trovato, non è vero?> chiese John di punto in bianco. Alzai la testa di scatto, guardandolo negli occhi.

<Ma cosa dici, John, nessuno ci ha avvisati della cattura di quel ladro> gli disse la moglie.

<Questo perché nessuno sa che lei l'ha trovato> le spiegò.

Avere quella conversazione con un generale dell'esercito era piuttosto pericoloso, ma conoscevo molto bene quelle persone, e sapevo di potermi fidare. Non gli avrei raccontato degli angeli e dei demoni, ma meritavano almeno di sapere che la figlia avesse ottenuto giustizia. Henriette e Julia si voltarono a guardarmi, in attesa, ed io annuii.

<Non posso raccontarvi tutti i dettagli, perché c'è dietro un segreto che coinvolge la vita di molte persone, ma sono venuta per dirvi che me ne sono occupata. Rose era e sarà sempre la mia migliore amica, meritava giustizia e io gliel'ho data. Nessuno lo saprà mai, tranne voi. A voi non potevo non dirlo>.

Rimasero tutti in silenzio per un po', e poi fu John a rompere il silenzio. <La persona che l'ha uccisa, qualcuno verrà mai a cercarla?>

<No, signore>

<Se tu non l'avessi trovata, qualcun'altro avrebbe mai potuto farlo?>

<No, signore>

<Allora non ti chiederò più niente. Mi basta sapere questo> mi disse, con gli occhi lucidi. La madre e la sorella scoppiarono a piangere. Anche il loro era un pianto liberatorio come lo era stato il mio, quando finalmente Claire era morta.

Finito il tè, parlammo per un altro po' e poi me ne andai. <Grazie di tutto> singhiozzò Henriette, salutandomi. Le sorrisi e raggiunsi Liam, che mi accolse con un abbraccio.

<Ora puoi andare avanti> mi disse.

<Ora possiamo andare avanti> risposi.

L'Angelo PerdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora