Capitolo 62

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10/06/2015

Quel giorno si svegliò tardi, o almeno molto dopo rispetto il solito. Questo perchè aveva passato la notte in bianco rimurginando sul velo di minaccia nelle parole dei suoi fratelli.

La sua relazione con Meg era vista con malocchio da loro, ma la sua preoccupazione non era legata a quello che pensavano di lui ossia che si fosse indebolito, bensì il suo unico pensiero era solo ed esclusivamente l'incolumità della ragazza.

Si alzò scacciando via le coperte e tirò su la tapparella lasciando che i raggi del Sole colpissero il suo corpo scolpito dagli allenamenti a cui si era sottoposto fino a quel momento e che da quando era sulla Terra si erano ridotti, ma non abbastanza da fargli perdere la tonicità dei suoi muscoli, sempre giuzzanti sotto la sua pelle e pronti a scattare in caso di necessità. Perchè era quello che si aspettava: un attacco da parte dei suoi simili.

Poggiò le mani sul davanzale della finestra e lo strinse tanto che le nocche gli divennero bianche. Mai prima d'ora aveva mai sentito la necessità di ripudiare la sua natura.
Se fosse stato un comune umano il problema non si sarebbe mai presentato. Avrebbe potuto avere una vita normale e felice con Meg, senza la necessita di guardarsi alle spalle dai suoi stessi fratelli nè il bisogno di reprimere la parte più oscura di sè nei meandri più remoti della sua mente.

Perchè per quanto cercasse in compagnia di Meg di sembrare tranquillo, sentiva ancora la smania di giocare con le paure degli altri, aizzarla contro le loro menti deboli e facilmente soggiogaboli dal terrore.

Eppure ogni volta che avvertiva l'impulso lo scacciava via, e il metodo per farlo era pensare a Meg o averla vicina. Oltre all'amore incontrollato che provava per lei era anche questo uno dei motivi ler cui si sarebbe battuto per proteggerla. Non sarebbe tornato più quello di un tempo. C'era stato un periodo anni prima in cui gli veniva difficile controllarsi, forse anche dovuto alla giovane età, smanioso di sentirsi forte e temuto. I suoi primi anni da Principe Ereditario erano passati preda di quel desiderio che con il tempo era un poco scemato, avendo messo in parte la testa a posto. Eppure il giorno prima di fronte ai suoi fratelli che lo accusavano aveva sentito risvegliare in sè qielle sensazioni, infastidito com'era dal comportamnto che avevano tenuto nei suoi confronti. Era il loro Principe e che fosse lontano o meno dovevano rispettarlo, ma sopratutto non dovevano mettere bocca nelle sue azioni.

Infastidito come non mai si vestì, dato che fino a quel momento era stato in boxer, bisognoso di sfogarsi in qualche modo, altrimenti sarebbe davvero impazzito.

Indossò velocemente una maglia e un paio di jeans neri e le sneaker.

Recuperò il cellulare e le chiavi di case e uscì come una furia dalla camera dirigendosi senza fare colazione verso la porta di casa che si chiuse dietro sbattendola, senza lasciare il tempo a un Hugo visibilmente perplesso, seduto sul divano in salotto, di fare domande.

Ora che i rapporti con il Dananto si erano appianati non aveva granchè voglia di litigare .

Macinò la strada passo a passo, immaginandosi che al posto dell'asfalto ci fossero i suoi fratelli. Era ancora visibilmente alterato con loro.

Camminò senza una meta precisa, bisognoso solo di dar sfogo alla sua collera.

Quando si sentì un attimo meglio, pur non avvertendo il dolore ai muscoli che sparava di sentire dato che era certo lo avrebbe fatto sentire meglio, si fermò ed alzò distrattamente lo sguardo e con perplessità si ritrovò a osservare l'insegna dello studio di tatuaggi di Cassandra.

Forse rivedere un volto amico lo avrebbe fatto sentire meglio.

Entrò nello studio e la campanella posizionata sopra la porta segnalò la sua presenza.

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