Capitolo 17

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«Co-come?»-deglutisco a fatica, per poi trovare il coraggio di girarmi.

Si avvicina con un'espressione seria in viso, mentre io cerco di formulare delle frasi sensate mentalmente.

«Pensavi non me ne sarei accorto?»-alza un sopracciglio, per poi incrociare le braccia contraendo i muscoli.

La sua espressione mi fa ribollire il sangue nelle vene e all'improvviso trovo il coraggio di reagire:

«E tu? Tu pensavi che non me sarei accorta?»

Alza un angolo della bocca mentre scuote la testa lentamente:

«Ti facevo più ingenua.»-spalanco la bocca e perdo un battito a quelle parole.

Il modo in cui lo dice, come se si stesse divertendo mi costringe a stringere i denti:

«Dimmi che stai scherzando.»-sussurro, mentre lui alza gli occhi al cielo.

«Non farne una tragedia!»-sbuffa provando ad avvicinarsi sempre di più, ma poggio le mani sul suo petto, per poi guardarlo dritto negli occhi.

Pensavo che per me sarebbe cambiato, ma solo ora mi rendo conto di essere sempre stata per lui solo un giocattolo e niente di più.

«Penso che tu e Giulietta dobbiate ritornare in America.»-ritiro le lacrime, cercando di non mostrarmi debole davanti a lui, mentre Alex assume un'espressione seria.

Non lo lascio parlare che lo spingo lontano, per poi aprire la porta e sbatterla alle spalle.

Una piccola parte di me sperava davvero che non avesse fatto ciò che tanto temevo.

Ha rovinato tutto. Ha cancellato sei anni di relazione solo per entrare nelle mutande di una donna.

Ha detto di amarmi, facendomi sentire importante, ha finto di ingelosirsi, facendomi sentire sua, cavoli!

Ha promesso di starmi accanto facendomi sentire sicura.

Ma non poteva andare tutto liscio e ne ero consapevole dal primo giorno in cui ho cominciato a provare qualcosa per lui.

Eppure ho accettato tutti i suoi vizi, mi sono fatta trascinare nel suo angolo buio... e ora non so come uscirne.

Porto una forte mano sul petto, sentendo un forte peso, mentre entro il più velocemente possibile in macchina, per allontanarmi da questo posto con gli occhi offuscati.

Immagini di Alex e Catherine con i loro corpi avvinghiati mi appaiono davanti agli occhi, nonostante provi con tutta me stessa a cancellare queste immagini, mentre mi chiedo quanto possa essere bella e seducente quella donna per essere riuscita a portare Alex a letto.

Mi chiedo anche se ci ha messo tanto a convincerlo, o se è stato lui ad andare da lei.

Un desiderio irrefrenabile di vederla in faccia mi fa cambiare destinazione, quindi cerco di ricordare l'indirizzo che ha inviato ad Alex, per poi accendere il telefono e aiutarmi a trovare la sua casa attraverso un'applicazione.

Non so come reagirei in realtà alla sua vista. Non so cosa le sputerei in faccia: forse è una brava donna, come lo era Naily, e forse non sa nemmeno che è fidanzato.

Lui non glielo ha detto, magari.

Ma non m'importa! Una rabbia improvvisa non mi fa ragione lucidamente: l'unica vittima qui in mezzo sono io.

Parcheggio la macchina affianco ad un albero, non ricordandomi nemmeno la strada fatta per arrivare a questo posto e lasciando le chiavi all'interno, per poi avviarmi a passo felpato verso la casa più vicina con l'incisione del numero 3 vicino all'entrata: raggiungo il muretto che limita il cortile della casa, quindi mi avvicino al citofono.

Alzo la mano indecisa, per poi bloccarla a mezz'aria: abbasso la testa asciugandomi velocemente le lacrime che, senza accorgermi, hanno rigato i miei zigomi.

Vorrei trovare il coraggio di farle davvero aprire questa porta, di urlarle in faccia parolacce che non ho mai avuto il coraggio di dire in tutta la mia vita, ma poi nella mia testa mi chiedo a cosa servirebbe, infondo quello che è successo non lo mosso cancellare.

«Ci conosciamo?»-mi volto, dando le spalle alla casa di legno, per poi ritrovarmi di fronte ad una donna della mia stessa età, guardandola perplessa, mentre lei continua a guardarmi dalla testa ai piedi con fare superiore.

«No!»-sbotto infastidita, per poi allontanarmi di lì sorpassandola: mi hanno già fatto capire che la gente di periferia qui è assai ficcanaso, ma io non sopporto la gente che si fa gli affari degli altri.

«Allora che facevi davanti a casa mia?»

Inchiodo le gambe al suolo al suono delle sue parole, per poi girarmi lentamente: Catherine!

La guardo intensamente negli occhi chiari cercando di capire cos'ha di speciale.

Ma solo guardarla basta per dare una risposta alle mie domande: è davvero una donna attraente e non ha nemmeno paura di mostrarlo, dato che indossa una gonna, se tale si può definire, anche perché le nasconde a fatica le mutande, lasciandole lo stesso bene le sue gambe scheletriche.

Incrocia le braccia facendo quasi saltare fuori dalla canottiera scura il seno abbondante.

Sussulto senza spiaccicare una parola.

Mi sento uno straccio davanti a lei, ma non giustifico Alex per averla considerata più bella, per averle fatto sentire quello che pensavo facesse provare solo e soltanto a me.

Dormivo tra le sue braccia, mentre lui molto probabilmente non si sentiva completo.

Mi chiedo dove ho sbagliato?

Cos'è cambiato rispetto a quando vivevamo ancora in America?

«Allora, vuoi parlare?»-la voce stridula della giraffa di fronte a me mi porta a chiudere gli occhi per il fastidio.

La guardo dalla testa ai piedi, rendendomi conto di quanto sarebbe inutile chiederle spiegazioni: le volgo le spalle senza rivolgerle di nuovo parola.

Mi è bastato guardarla in faccia per capire di quanto poco mi sarei dovuta fidare di Alex.

«Sei la sua fidanzata, non è vero?»-mi costringe a fermarmi per una seconda volta.

Spalanco gli occhi, girandomi dalla sua parte:

«Lo sapevi?!»-la mia voce esce fuori in un urlo.

Mi trattengo dal portare le mani in testa:

«Certo.»-alza un angolo della bocca, al che non ci vedo più e la raggiungo a passo felpato.

Non si muove di un millimetro, ma ciò nonostante mi precipito su di lei, afferrandole i capelli in un pugno.

«Sei una psicopatica! Ma che fai!»-urla, facendo lo stesso con la mia maglia, stroppicciandola.

«Tu sei una puttana, il che è peggio!»-faccio per tirarla indietro, ma un braccio si avvolge intorno alla mia vita e mi allontana dal suo corpo, mentre lei prova di nuovo a raggiungermi, ma un signore anziano interviene e si mette davanti a lei.

Mi divincolo tra le braccia dello sconosciuto:

«Vuoi lasciarmi?!»-cerco di voltarmi dalla sua parte.

«Non mi sembra il caso.»- riconosco al voce di Louis, quindi mi blocco all'improvviso, spalancando gli occhi quando noto che il signore anziano è il mio dirigente.

«Ma che diamine ti prende!?»-si rivolge a Catherine, mentre io corrugo le sopracciglia, spostando gli occhi offuscati tra lei, il mio capo e Louis.

«È stata lei a saltarmi addosso, papà!»

Papà?!

«Papà?!»-do voce ai miei pensieri.

«Già...»-Louis porta la mano dietro alla nuca, allontanandosi dalle mie spalle, mentre suo padre si gira dalla mia parte.

«Clara! Tu non dovresti essere a lavoro, invece di prendere a pugni mia figlia?!»

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