Capitolo 26

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Ho sempre amato l'odore del lattice, ma in questo momento è così forte che mi costringo ad aprire lentamente gli occhi.

Gli chiudo nuovamente, quando vengo colpita dalla luce abbagliante della stanza in cui mi trovo.

Corrugo le sopracciglia quando, anche se dopo un bel po' di tempo, mi accorgo di essere in una stanza d'ospedale, e non nelle vesti della dottoressa, ma del paziente.

Provo a ricordare cosa sia successo, corrugando le sopracciglia, ma l'ultimo episodio che mi ritorna in mente è l'intervento di Katty Mail.

Provo a girare il collo, ma una forte fitta di dolore mi attraversa la parte alta della spina dorsale.

«Ah, ti sei ripresa!»-la voce di John riempie la stanza e sono contenta della sua presenza in questo momento di confusione.

Mentre porta la testa davanti ai miei occhi, i chiedo di aiutarmi a tornare seduta.

«Attenta...»-mi guarda di sottecchi, quasi perplesso.

«Cos'è successo?»-chiedo lentamente, mentre porto una mano sulla fronte, immaginando come possa essere bello evidente un livido nella parte che provo a toccare e che fa davvero male.

«Non ricordi?»-continua a rivolgermi quell'occhiata fastidiosa, ma mi limito ad alzare le spalle e attendere una risposta, invano, perché un'infermiera fa il suo ingresso.

«Dottoressa, mi dispiace, spero si rimetta presto.»-sorride, mentre io mi maledico mentalmente nel non riconoscerla: se mi rivolge quel sorriso significa che molto probabilmente abbiamo anche lavorato insieme, ma non mi ricordo la sua faccia.

Annuisco lentamente:

«Sto bene, ho solo un mal di testa fortissimo. Sono caduta? Che mi è successo?»

«Sei svenuta.»-il mio amico si gratta il retro del collo, alzando un angolo della bocca, mentre l'infermiera prende di nuovo la parola:

«Però ha solo sbattuto la testa, per fortuna i fagiolini sono sani.»-dice allegra.

Scatto la testa verso l'alto:

«Fagiolini?»-assumo un'espressione corrucciata, mentre il mio amico si affretta a poggiare la mano sulla schiena della donna, allontanandola dalla stanza e chiudendo in fretta la porta.

«Clara...»-inizia ad avvicinarsi, ma, con un'espressione terrorizzata, guardo verso il ventre:

«Cosa? Che voleva dire, John...»-provo ad alzarmi in piedi, ma ci rinuncio dopo vari tentativi in cui il dolore prende il sopravvento.

«Calmati! Ritorna...»-non lo lascio finire che dò voce ai miei pensieri:

«Non posso essere incinta, qua dentro non può esserci un bebè!»-spero che smentisca tutto quanto, mentre i miei occhi vengono offuscati dalle lacrime.

«Infatti non hai un bebè.»-spalanco gli occhi, iniziando a tranquillizzarmi e riprendere a respirare.

«Ne hai due.»-sorride innocente.

Sento tremare le mani, mentre le avvicino alla pancia, per poi allontanarle subito e distogliere gli occhi.

«Ne ho due?»

«E sono sani come un pesce, potevi rischiare per i gas anestetici, Clara. Li potevi fare del male.»

«Potevo farli del male?»-continuo a ripetere le sue parole come un'idiota, mentre una sensazione strana e mai provata prima d'ora mi travolge.

«Ehi, calmati... guardami negli occhi.»-mi incita ad alzare la testa, mentre i miei occhi continuano ad essere appannati dalle lacrime, che sembrano ghiacciate e non vogliono scendere.

Sei Mia, Ragazzina!  1  || ©Tutti i Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora