2 FESTEGGIAMENTI

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Lo specchio rifletteva la sua immagine, eppure Dazira non riusciva a riconoscersi in mezzo a tutti quei metri di tessuto damascato.

La ragazza ricordava di aver desiderato indossare uno di quegli abiti quando lavorava come domestica personale della principessa. Ed ora eccola lì: immersa in un vestito ampio e azzurro cielo, come i suoi occhi. I bordi ed i nastri erano argentati ed era lo stesso argento ad ornare i suoi capelli parzialmente raccolti, donandole un'aria che di guerriera quale era aveva ben poco.

Dazira rimase imbambolata a fissare il suo riflesso per un tempo interminabile, così incredula che non sentì nemmeno entrare Pheanie dalla porta.

«Cadranno tutti ai tuoi piedi, stasera».

La ragazza ebbe un sussulto. «Principessa!» esclamò voltandosi e riconoscendo la bassa figura della donna dai capelli scuri e ricci, anch'essi raccolti in nastri verde scuro che richiamavano il vestito smeraldo un po' troppo ampio in proporzione alla sua bassa statura.

Dazira si guardò intorno e si accorse che le donne che l'avevano aiutata a vestirsi e che l'avevano truccata e acconciato i capelli erano uscite. La ragazza non avrebbe saputo dire quando, troppo immersa nei suoi pensieri.

Quella serata sarebbe stata davvero strana: la guerra era finita e, in qualche modo, lei era diventata una specie di mito fra i soldati, la donna di cui tutti parlavano. Il mostro.

Quella sera, però, della bestia che era non pareva esserci nemmeno l'ombra. Dazira si era guardata e non era riuscita a scorgere nulla in quel riflesso né del mostro, né del maschiaccio che era sempre stata. Quella sera era una donna.

Pheanie rimase a fissarla qualche istante, con un sorriso soddisfatto a fior di labbra. «Sono così fiera di te» le disse. Poi, inaspettatamente, l'abbracciò, facendosi largo tra le immense gonne di entrambe.

È così sconveniente, meditò la ragazza considerando il fatto che se qualcuno fosse entrato avrebbe potuto osservare che le due stavano infrangendo almeno tre regole del protocollo reale. Ma la principessa non sembrava farci caso.

In quel momento, qualcuno bussò alla porta.

Pheanie si staccò dall'abbraccio, con un ampio sorriso dipinto sul volto. «Avanti!» urlò voltandosi appena verso l'uscio.

Dall'entrata della camera spaziosa che era stata assegnata a Dazira fece capolino un ragazzo giovane, di bassa statura e dalla corporatura mingherlina che appariva ancor più sciupata di quanto già non fosse a causa dei lunghi capelli corvini le cui punte arrivavano appena sopra le spalle.

«Scusate l'interruzione» si annunciò il paggetto. «Mi è stato ordinato di riferire che siete attese di sotto».

La principessa, in risposta, annuì ed invitò Dazira a seguire il paggio per affrontare quella spaventosa serata.

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La sala dei banchetti era ancora più grande di quanto la ragazza non ricordasse. Tutto, intorno a lei, sembrava risplendere in mezzo al chiacchiericcio costante, alle risate e all'aria festosa che si respirava non appena entrati.

Sugli alti muri della stanza erano stati appesi fiori bianchi e rosa che scendevano a cascata fin quasi all'altezza delle lunghe tavolate disposte a ferro di cavallo sulle quali erano posati dei pesanti candelabri dall'aria pregiata, anch'essi circondati da centritavola composti da fiori freschi.

Il cuore di Dazira iniziò a battere all'impazzata non appena iniziò a camminare al centro della sala su quelle scarpe tanto scomode che le domestiche l'avevano costretta ad indossare. Si ritrovò a pensare che, un tempo, era stata lei a convincere la principessa Pheanielle a metterle ai piedi controvoglia... solo ora, però, capiva il vero perché di tante storie!

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora