11 STRANI EVENTI A PALAZZO

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Arthis aprì personalmente la porta dello studio. Doveva parlarle, confidarle i propri pensieri e sfogare la propria frustrazione con qualcuno che sapeva lo avrebbe capito.

Pheanie c'era sempre stata e, ora più che mai, Arthis aveva la certezza che sarebbe stata al suo fianco.

La ragazza entrò nell'ambiente, guardando il fratello con un'espressione sorpresa per quel suo slancio repentino nell'accoglierla. Il principe si muoveva in modo frenetico, lui stesso se ne rendeva conto. Il tutto era troppo, persino per lui.

Era scoppiata un'epidemia nel regno. Dei sudditi ribelli avevano assalito la carovana del re. Ed ora questo...

Kaspiro era giunto nelle sue stanze quella mattina, quando il sole non era ancora sorto e della sua luce non s'intravvedevano che tenui bagliori all'orizzonte. «Sono tornati!» aveva esclamato con poco riguardo alle formalità.

Arthis si era alzato stropicciandosi gli occhi, ancora assonnato, nel tentativo di comprendere il motivo di un risveglio tanto brusco. Poi, nella sua mente, si era formata una domanda: perché è Kaspiro ad informarmi e non lo stesso Therar?

Il ragazzo, in piedi dinnanzi al suo letto, tutto aveva fuorché l'espressione di un uomo pronto a dare buone notizie. «Qualcosa non va» aveva, infatti, sussurrato Arthis, sollevandosi pigramente dal sontuoso talamo. «Sputa il rospo» aveva ordinato poi, cogliendo l'incertezza negli occhi del cavaliere dai capelli rossi. «Dov'è Therar?»

Quell'ultima domanda, doveva aver pensato il suo collaboratore, doveva essere la più semplice alla quale rispondere. «È rimasto a Piccolo Fiume per indagare sulle misteriose guarigioni...» aveva spiegato, infatti Kaspiro.

«Quindi, sono guariti! È una bella notizia!»

Di nuovo quell'incertezza. «Molti sono guariti, sì».

Arthis si era passato una mano fra i capelli scompigliati dal sonno. «C'è un ma» aveva detto, cogliendo l'espressione satura di dubbio di Kaspiro.

«Il re non ce l'ha fatta. A dire il vero, sono stati proprio gli stessi misteriosi guaritori a rifiutarlo». La spia di corte l'aveva dichiarato tutto d'un fiato, nel vano tentativo che, la stessa informazione, conferita rapidamente, provocasse meno dolore. Ma non era stato così. Non ci sarebbe stato un modo corretto per riferire una notizia del genere.

Il re era morto, e, per giunta, indirettamente, per mano degli stessi sudditi. Questo poteva significare solo due cose: la prima era che presto, sarebbe stato lui il re (era davvero pronto a ciò?), la seconda era che il nemico, ora, probabilmente, si trovava all'interno del propri confini.

«C'è dell'altro, mio principe» aveva sostenuto, poi, il ragazzo.

Arthis aveva sospirato, esasperato. «Cos'altro ci può essere?»

«La spedizione è stata attaccata di nuovo sulla via del ritorno... e molti uomini sono morti!»

«Molti... quanti?»

Per qualche secondo, Kaspiro non aveva parlato. Poi si era fatto coraggio: «Trentadue uomini, signore!»

Arthis aveva incassato il colpo e. per diversi minuti, non aveva parlato, immerso in un completo stato di sconcerto. Trentadue uomini. Poi, senza nulla aggiungere, si era destato: «Non c'era Dazira con loro?»

«No. È rimasta con Therar e un altro paio di uomini a Piccolo Fiume».

Perché cavolo... Arthis aveva sentito montare la rabbia dentro di sé. «Devo sapere qualcos'altro?» aveva chiesto in tono seccato.

«No».

«Puoi andare, allora!» aveva ordinato, infine, Arthis, senza nemmeno guardarlo.

Pheanie era stata informata della morte di suo padre, Arthis ne era certo. Lei sapeva cosa lo aspettava... forse, non aveva idea fino a che punto, ma, d'altronde, forse, un'idea non ce l'aveva nemmeno lui.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora