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Dazira stava fissando il pesante abito nero che avrebbe indossato l'indomani. La maglia del tessuto era fitta e il modello era piuttosto accollato. L'occasione richiedeva una certa solennità, benché la ragazza avrebbe di gran lunga preferito non partecipare.

Non aveva mai avuto nulla contro Amila, anche se c'era stato un momento, quando era giunta all'accampamento del loro battaglione al fronte, in cui l'aveva invidiata, aveva invidiato il suo rapporto con Ernik. A dire il vero, quella ragazza le era sempre piaciuta, anche se lei aveva costantemente tenuto le distanze da Dazira; ora, consapevole dei sentimenti che Ernik provava verso lei stessa, la guerriera aveva iniziato ad intuire il perché.

Ma, no. Invidia e gelosia non facevano di Amila un'avversaria alla cui esecuzione Dazira sarebbe stata felice di assistere. Se proprio doveva dirla tutta, nemmeno le motivazioni che l'avevano spinta ad uccidere così tanti uomini dell'esercito di Forterra bastavano a rendere la condanna, per quanto giusta, soddisfacente e risolutrice.

L'indomani sarebbe stato il trionfo dell'orrore, sotto ogni punto di vista. E Dazira, di orrori, ne aveva visti a sufficienza.

Due mani forti si posarono sulle sue spalle. Non l'aveva nemmeno sentito entrare, ma riconobbe immediatamente al tatto il tocco ruvido dei suoi palmi.

Therar si chinò su di lei e le baciò la guancia con le labbra calde, in netto contrasto con la gelida pelle del suo viso, reduce della passeggiata a cavallo nella solitudine delle colline di Forterra.

Il ragazzo indugiò appena sulle sue gote e i brividi le pervasero il corpo.

Dazira si voltò. Davanti a lei, il nulla. Eppure, quello spazio era tutto fuorché vuoto, riempito, invece, da una presenza invisibile ad occhio umano. La ragazza avrebbe dovuto imparare a guardare attraverso tutti gli altri sensi.

Therar era lì, davanti a lei. Dazira lo sentiva. Percepiva le sue mani sui fianchi e il suo respiro mozzato sulla sua fronte. Il profumo dei boschi di pino che circondavano il castello e fra i quali, spesso, il ragazzo si addentrava.

Lei fece scorrere una mano sulla sua camicia, arrivando al mento. Con la punta delle dita accarezzò la barba ruvida, risalendo delicatamente ogni lineamento del suo viso, fino ad arrivare agli occhi. D'un tratto si rese conto che, lì, dove i suoi polpastrelli avrebbero dovuto incontrare la profonda cicatrice, non trovarono altro che pelle liscia. Era come se, al tatto, sotto quel manto invisibile, si nascondesse un'altra persona.

Poi, Dazira ricordò. "Il demone si è portato via ogni mia memoria. Il primo ricordo che ho risale alla mia adolescenza, forse un paio d'anni prima: mi trovavo in una casetta di legno e c'era un corpo riverso a terra, in mezzo ad una pozza di sangue. Era quello di un ragazzo con una lunga cicatrice che gli solcava il volto." Queste erano state le parole di Therar, quando, per la prima volta, egli le aveva dato dimostrazione di cosa era capace il suo demone.

Therar, in realtà, non era Therar.

Quando le dita di lei si posarono appena sopra le sue labbra, lui si chinò in avanti, baciandola con passione. No, era lei che si stava sbagliando: quel ragazzo, qualunque fosse il suo reale aspetto, non avrebbe potuto essere altri che Therar.

Ad un tratto, lui si fermò, staccandosi dal bacio. «C'è qualcosa che ti preoccupa?»

Come fa a leggermi sempre nel pensiero? Dazira sorrise appena, guardando torva nella sua direzione, pur non potendolo vedere. «Non voglio assistere all'esecuzione» ammise sommessamente, come se fosse stato reato sottrarsi al macabro spettacolo.

«Non ci andremo, allora» rispose, semplicemente, il maestro. La fa così facile, lui! «Arthis ci ha dato ordine di lasciare il castello subito dopo la messa in opera della condanna a morte... anticiperemo la partenza!»

La ragazza aggrottò la fronte. «Dobbiamo partire? Per dove? Solo io e te?» E quando era giunto a Therar questo ordine? Cosa aspettava a riferirglielo? Forse, l'aveva raggiunta nelle sue stanze proprio per renderla partecipe della notizia.

«Verranno anche Ernik, Rebjo e Kaspiro. Il principe ritiene che dietro agli ultimi avvenimenti ci sia la Setta. E che il nascondiglio della stessa sia nei dintorni delle cave di Piccolo Fiume. Perciò torneremo lì, travestiti da umili viaggiatori, per indagare e sapere qualcosa in più. Arthis vuole scoprire dove si nasconde» spiegò la spia del futuro re. Il suo modo di parlare, all'improvviso, era diventato più distaccato e pragmatico. Deformazione professionale, pensò Dazira.

In risposta, lei annuì con il capo. «Va bene. Ma non possiamo anticipare la partenza. Non è giusto, a maggior ragione considerato il legame di Ernik e Kaspiro con quella ragazza! Andrò all'esecuzione e metterò questo orribile vestito nero» disse, indicando con la mano un punto indefinito dietro di lei.

Davanti a lei, Therar comparve nelle sue umane sembianze. Un sorriso dipinto sulle labbra. Poi, una risata. «Sai, mocciosetta, questa rigida moralità finirà per diventare la tua gabbia! Assurdo che una ragazzina ospite di un demonio che l'ha costretta ad uccidere vanti ancora cotanto senso etico! Chi te lo fa fare? Come fai a vivere con te stessa?» la prese in giro.

La ragazza sembrò pensarci su per un poco. «Ci sono volte in cui mandare al diavolo tutti mi fa davvero gola... Poi, penso che qualcuno, lassù, potrebbe vergognarsi di me» affermò in conclusione, fissando una macchia nella parete alle spalle di Therar.

«Lo fai per Ladon».

Dazira confermò con un cenno e, per un secondo, il volto del ragazzo parve rabbuiarsi.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora