La cascina di Aleda era ubicata in una radura. Dazira atterrò con un soffio lieve, facendo rientrare le ali del demone.
Il cavallo di Ernik era proprio lì, davanti all'entrata.
La rugiada della notte inumidiva il prato sul quale troneggiava una piccola casa dal tetto spiovente piuttosto rovinato, i muri in pietra ed un piccolo pozzo posto sul lato dell'abitazione, sotto ad un rovere dallo spesso tronco che doveva avere più di un secolo.
Dazira proseguì a passi svelti, raggiungendo il cavallo mentre si guardava intorno. Fu allora che si accorse che, sui ceppi di legna tagliata che stavano accatastati sul muro della cascina, la figura alta di Ernik la stava osservando con le spalle curve e l'espressione accigliata.
Il ragazzo, con un salto, scese dalla catasta di legna e le passò accanto senza dire nulla. Semplicemente, messo un piede sulla staffa, salì a cavallo e si avviò verso la foresta, senza voltarsi indietro.
Era arrabbiato con lei. Dazira lo capiva, in fin dei conti. Ma, dopotutto, ella sapeva che lui l'avrebbe perdonata, esattamente come lei aveva perdonato lui.
Dall'uscio s'affacciò una donna. Un'anziana signora dai capelli radi e la pelle raggrinzita che portava uno strofinaccio legato in vita da una cinta che le stringeva il lungo abito sbrandellato. Doveva essere Aleda.
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Dazira entrò nella stanza lentamente, cercando di consumare le proprie incertezze prima di guardarlo negli occhi.
Era nervosa, le sue braccia erano tese lungo i fianchi. Lui era lì, steso sul letto, le bende sul petto bene in vista.
Il ragazzo portò su di lei i suoi pozzi neri e, per infiniti secondi, i due giovani si fissarono in un silenzio carico di parole che sembravano dire tutto e niente.
«Te la caverai» affermò, infine, la ragazza, passandosi nervosamente la mano fra i capelli.
Therar sorrise debolmente. «A quanto pare» confermò, nonostante i suoi occhi fossero ancora cerchiati a causa di tutto il sangue che aveva perso. Il maestro sospirò. «Grazie, per tutto disse.
«Ringrazia Ernik. È stato lui a portarti fin qui».
A quelle parole, il ragazzo ridacchiò. «Ha detto che, per quanto lo riguarda, preferirebbe che ci lasciassi le penne... E che l'ha fatto solo per te» replicò divertito, prima che la sua risata lasciasse posto ad una smorfia di dolore. «Devo ammettere che non riesco a dargli torto» aggiunse, cercando di ignorare la fitta che doveva averlo colpito. Poi, fra i due, calò di nuovo il silenzio, prima che Therar stesso lo interrompesse in un sussurro: «Scusami».
Dazira si pietrificò. Aveva già deciso. Era il momento. «Mi dispiace, ma non posso» ammise con il labbro che le tremava. «Sono venuta qui per assicurarmi che stessi bene. Sono a posto con la coscienza, ora» dichiarò in tono piatto.
«Vuoi dirmi che...»
«Non voglio più vederti» spiegò, senza distogliere lo sguardo da lui, in modo tale che egli capisse che il suo non era un moto di rabbia. La sua era una decisione presa con consapevolezza. «Devi startene fuori dai confini del regno e il più lontano possibile dalle nostre vite».
Therar la fissava con un'espressione che ella mai le aveva visto addosso. «Dazira». Non continuò la frase. Forse, una nuova fitta di dolore causata dalla ferita.
La ragazza annuì. Per quanto quella situazione potesse fare male anche a lei, non sarebbe tornata sui suoi passi. «Queste sono le condizioni per averti lasciato vivere. Hai tradito Forterra, hai tradito Arthis, hai tradito la principessa e, infine, hai tradito me. Forterra non ha più bisogno di te e, in qualità di Paladina, ti bandisco dal regno!» sentenziò fermamente. «Quando sarai guarito, sei pregato di andartene e di non tornare mai più!»
Therar espirò, come se i suoi polmoni – o ciò che ne era rimasto – si fossero svuotati completamente. Poi, il suo tono si fece flebile: «C'è qualcosa che posso fare per cambiare la tua decisione?» domandò.
«Un'altra persona ti avrebbe lasciato morire. Mi sembra che tu abbia ricevuto fin troppo. Non a tutti è concessa una seconda possibilità» rispose lei, pensando a Ladon, colpevole solamente di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. «Sfrutta la tua seconda occasione al meglio!»
Infine si voltò, dirigendosi verso la porta, pronta a chiudere, in quella cascina, un capitolo della sua vita.
«Non andartene. Per favore!» sentì esclamare.
Dazira si fermò, guardandolo un'ultima volta in modo tale che egli capisse che lei non sarebbe tornata indietro. «Addio, Therar!»
Il ragazzo annuì, gli occhi velati. «Non riesco a pentirmi, Dazira, di avere iniziato questa missione. Mi pento solamente di averla portata a termine e, per quello che vale, sono onorato di aver fatto parte della tua vita» disse solamente, prima che la ragazza chiudesse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo, prima di sparire verso la sua nuova vita.
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LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potere
Fantasy[COMPLETO] La guerra è finita e i regni sono, oramai, in pace. Ma qualcos'altro minaccia la corona di re Gohr... qualcosa di molto più infido e pericoloso; un nemico invisibile pronto a tutto per ottenere ciò che vuole. Terzo ed ultimo capitolo del...