23 MEDICUS

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L'entrata al covo era situata a qualche ora di viaggio a sud della città di Forterra.

Ad accoglierli, una semplice rovina in pietra che, un tempo, doveva essere stata una piccola tenuta, ma che, ora, appariva solamente un ammasso di ciottoli sovrapposti che la foresta si stava mangiando a poco a poco.

Quell'edificio abbandonato, però, non era che una semplice anticamera. Dovettero spostare un armadio per scoprire dei gradini sconnessi che li avrebbero scortati chissà dove.

La ragazza venne condotta lungo degli stretti corridoi, verso altri, appena più ampi. Più camminavano, più lo spazio intorno a loro lasciava intendere che quel luogo fosse, anche se buio, abitato e piuttosto frequentato.

I passaggi erano, in certi punti, addirittura affollati e Dazira non avrebbe saputo dire quanti uomini e donne incappucciati aveva notato passare di fianco a loro.

Fu dopo alcuni minuti e svariati gradini che giunsero in una stanza immensa e dalle pareti piuttosto alte, per essere stata scavata nel terreno. Lì, in piedi, un uomo sulla cinquantina stava parlando con quello che doveva essere un ragazzo, ma che non era possibile distinguere a causa del cappuccio e del mantello.

Un attimo dopo, l'uomo più vecchio, dai capelli corti e brizzolati ed un'altezza più elevata rispetto alla media, si accorse di loro e i suoi occhi incontrarono quelli di lei. Doveva essere stato un bell'uomo, qualche anno prima, si ritrovò a pensare la ragazza.

«Finalmente ti conosco, Dazira!» eruppe l'uomo, allargando le braccia in modo esagerato. Sul volto aveva stampato un sorriso spontaneo. «Ma quale magnifico fiore! Un bocciolo di rosa, ecco cosa sei, tesoro!» esclamò, avvicinandosi un poco mentre la squadrava da capo a piedi. Doveva essere sulla cinquantina e, la sua età, accompagnata dalla figura magra e composta, le ricordò, in qualche modo, Ladon.

L'uomo si voltò verso i suoi rapitori. «Ha ucciso molti uomini durante il viaggio?» domandò.

«Neanche uno» rispose Therar in tono piatto.

Lo strano individuo sgranò gli occhi. «Neanche uno? Soprendente! Quasi incredibile!»

«È stata addestrata a sopportare, come avevo già riferito».

«Non dubito del tuo lavoro, Vulpes Noctis!» si accinse a precisare l'uomo, posando delicatamente una mano sulla spalla del traditore. «Me ne compiaccio solamente. Trovo inutile sprecare vite umane, se è possibile evitarlo. Toglie lavoro ai nostri confratelli» concluse, strizzando l'occhio al giovane.

Dazira non poteva credere alle sue orecchie! Trovavano inutile sprecare vite umane perché... avrebbero tolto loro del lavoro? Quelle persone erano folli! E, se quello strano individuo la pensava in quel modo, in ogni caso, esisteva qualcuno con ancor meno rispetto per la vita... in fin dei conti, se fosse stato altrimenti, Rebjo sarebbe stato ancora vivo! A quel pensiero, la ragazza sentì montare la rabbia dentro di sé.

Dazira finse di non aver nemmeno notato il nuovo, strano interlocutore, e si pose di fronte a Therar, fissandolo accigliata. «Cos'è questo cavolo di posto?»

Prima ancora che il maestro potesse rispondere, però, la risata dell'uomo brizzolato attirò su di sé l'attenzione. «Ma che maleducato! Non mi sono nemmeno presentato!» esclamò con un entusiasmo sproporzionato alla situazione. «Io sono Medicus, mia cara, e ho l'onore di dirigere questo cavolo di posto dichiarò aprendo le braccia con soddisfazione, indicando l'ambiente oscuro che li circondava. «Lo so: all'apparenza non sembra un granché, ma i confratelli sono di poche pretese! aggiunse, l'espressione divertita. «Certo, non capita tutti i giorni di avere ospiti... vivi. Ma, per l'occasione, sono certo che ti potrai adattare!»

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora